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CAPITOLO 8) LA RICONCILIAZIONE
COS’È LA RICONCILIAZIONE?
La riconciliazione è la decisione di proseguire il
coniugio presa da entrambi i coniugi separati. (Si verifica la riconciliazione
pertanto quando entrambi i coniugi separati decidono concordemente di continuare
il matrimonio).
La decisione di proseguire il coniugio può essere
espressa anche per facta concludentia cioè con un comportamento incompatibile
con la volontà di rimanere separati, (ad esempio tornando a vivere insieme), non
essendo necessarie comunicazioni formali. Nell’ordinamento italiano infatti la
riconciliazione è fattuale, cioè perché l’evento della riconciliazione produca i
suoi effetti giuridici è sufficiente solo fatto della riconciliazione e non è
necessario compiere alcuna attività presso i Pubblici Uffici. (art.lo 157 c.c.)
leggi qui l’intero art.lo 157 c.c. .
QUALI SONO GLI EFFETTI GIURIDICI DELLA
RICONCILIAZIONE?
La riconciliazione ha l’effetto di annullare la
condizione giuridica della separazione leggi qui l’intero art.lo 157 c.c., dopo
che questa sia stata disposta dal tribunale o sia stata conseguita attraverso la
procedura c.d. di separazione con negoziazione assistita o con procedura davanti
al sindaco. (art.lo 157 c.c.).
Se la riconciliazione interviene in corso di causa, ha
l’effetto di comportare l’abbandono della domanda giudiziale di separazione e
dunque l’estinzione (cioè la cessazione) immediata della causa. (art.lo 154
c.c.) leggi qui l’intero art.lo 154 c.c.
QUANDO POSSO CONSIDERARMI RICONCILIATA?
Poiché la riconciliazione è fattuale ed ha una
consistenza psicologica che può essere espressa, come detto, anche per facta
concludentia (cioè con atteggiamenti significativi della volontà di proseguire
il matrimonio) e non solo con dichiarazioni verbali o scritte, è necessario
porre attenzione ai propri atteggiamenti successivi alla separazione se non si
vuole provocare l’annullamento della separazione stessa ove questo non sia
voluto.
La giurisprudenza è orientata nel senso di ritenere
che passare semplicemente un week-end insieme all’altro coniuge o cenare insieme
all’altro coniuge, qualche volta, senza esprimere l’intenzione di proseguire il
coniugio, non è condotta idonea a determinare il verificarsi della
riconciliazione.
POSSO CHIEDERE IL DIVORZIO SE MI SONO RICONCILIATA CON
L’ALTRO CONIUGE MA POI CI SIAMO ALLONTANATI DI NUOVO?
No. come detto, la riconciliazione ha l’effetto di
annullare la separazione, mentre la separazione ininterrotta per almeno 6 mesi o
un anno (vedi sopra) è condizione essenziale per poter incardinare una qualunque
procedura di divorzio.
facciamo un esempio: Tizio e Caia si separano
consensualmente in Tribunale. Dopo due mesi si riconciliano. Passano altri 4
mesi e dunque 6 dal momento della separazione e Tizio decide di divorziare
perché si è invaghito di un altra donna. La moglie Caia può impedire che Tizio
divorzi chiedendo al giudice di ascoltare, quali testimoni, degli amici con i
quali la coppia ha cenato dopo la riconciliazione ed ai quali ha espresso la
volontà di continuare il coniugio. Il giudice, in questo caso, ascoltati i
testimoni, formata la convinzione che sia effettivamente intervenuta
riconciliazione, dichiarerebbe la domanda di divorzio di Tizio improcedibile per
mancanza assoluta del requisito essenziale della separazione ininterrotta (per
almeno 6 mesi se ottenuta consensualmente o 12 mesi se ottenuta giudizialmente).
Nell’esempio infatti, siccome la riconciliazione ha annullato la separazione,
questa non sussiste più, pertanto la domanda di divorzio non è più procedibile,
non essendo possibile divorziare se non a seguito del decorso dei termini sopra
ricordati durante i quali deve conservarsi la condizione di separazione. Se
Tizio vuole divorziare, deve proporre un altra domanda di separazione, aspettare
altri 6 mesi (o un anno se ha usato la procedura di separazione giudiziale) e
solo dopo potrà chiedere il divorzio.
Come sopra detto, siccome la riconciliazione è
fattuale, cioè produce i suoi effetti solo per il fatto che la coppia decide,
dopo la separazione, di proseguire il coniugio, anche senza alcuna dichiarazione
ufficiale da effettuare presso Uffici Pubblici, se si ha fretta di divorziare
contro la volontà dell’altro coniuge è necessario porre attenzione ad evitare
condotte o effettuare dichiarazioni che potrebbero consentire all’altro di
provare il fatto di una intervenuta riconciliazione. Infatti questa può essere
eccepita in giudizio da uno dei due coniugi per paralizzare la domanda di
divorzio proposta dall’altro, costringendo quest’ultimo, come detto, a chiedere
nuovamente la separazione ed aspettare altri 6 mesi o un anno a seconda del tipo
di separazione. Dunque c’è il rischio di dover aspettare 2 anni successivamente
alla separazione per poter divorziare, solo che l’altro coniuge non voglia farlo
e possa provare il fatto della intervenuta riconciliazione in un qualunque tempo
successivo alla prima separazione.
Oggi, con la novella del 2015 che ha ridotto il
periodo di “attesa” per poter chiedere il divorzio da 3 anni a 6 mesi, (se la
separazione è stata di rito consensuale ed 1 anno se la separazione è stata di
rito giudiziale), tale problema è stato largamente ridimensionato.
POSSO RICONCILIARMI DOPO IL DIVORZIO?
No. La riconciliazione annulla gli effetti della
separazione che è condizione che la coppia conosce all’interno del matrimonio. I
separati infatti sono ancora marito e moglie e la separazione è una condizione
giuridica sovrapposta ad un matrimonio sottostante che si conserva. Pertanto se
la separazione viene annullata da una riconciliazione, la coppia si ritrova nel
previgente status di coppia sposata e non separata perché il matrimonio non è
mai cessato. Con il divorzio invece si scioglie il vincolo coniugale e la coppia
cessa di essere sposata. Con il divorzio il matrimonio non c’è più e una
riconciliazione successiva al divorzio non rimuove una condizione giuridica
sovrapposta ad un matrimonio sottostante (che non esiste più) ma produce gli
effetti di un nuovo fidanzamento di una coppia non sposata. Gli ex coniugi
divorziati, se lo desiderano, possono nuovamente sposarsi.
SE MI RICONCILIO HO ANCORA DIRITTO AGLI ASSEGNI DI
MANTENIMENTO
STABILITI NELLA SEPARAZIONE?
No. Dopo la riconciliazione non si ha più diritto a
tali assegni per i seguenti motivi: ogni coniuge, in costanza di matrimonio deve
contribuire, in ragione delle proprie sostanze, ai bisogni della famiglia.
art.lo 143 c.c.
La legge stabilisce questo in modo generico lasciando
poi ai coniugi l’onere di trovare un accordo quotidiano sulla esatta misura del
contributo dovuto da ognuno. Quando la coppia litiga e si separa, per il fatto
delle liti, non è più in grado di trovare tale accordo quotidianamente ed allora
la determinazione del contributo viene decisa da un atto cogente (il verbale
omologato, la sentenza, l’accordo autorizzato) che la coppia è tenuta a
rispettare, la cui funzione, come detto, è proprio quella di sollevare la coppia
dall’onere di accordarsi quotidianamente sulla determinazione del contributo di
ciascuno, in un momento in cui, per il fatto delle liti, non è più in gradi di
farlo.
Gli assegni di mantenimento sono dunque una
determinazione specifica aritmetica del contributo che ogni coniuge deve
conferire per il mantenimento della famiglia e che serve a sollevare la coppia
dalla necessità di determinare per accordo tale misura, in un momento in cui per
il fatto delle liti che hanno portato la coppia alla separazione non sono più in
grado di farlo.
Se invece la convivenza riprende a seguito di una
riconciliazione, la legge stabilisce che gli effetti della separazione si
annullano perché vengono meno i presupposti della stessa (cioè la condizione di
intollerabilità della convivenza) e dunque anche la misura del contributo di
ciascuno alla soddisfazione dei bisogni della famiglia, che era necessario
disciplinare con un atto cogente dopo la riconciliazione, torna ad essere
disciplinata in via generica dalla legge sul matrimonio. La disciplina cogente
della separazione, con la riconciliazione, ha esaurito la sua funzione ed è
diventata inefficace pertanto non è più fonte di obbligazioni per i coniugi.
Dal momento della riconciliazione la coppia tornerà a
trovare un accordo quotidiano sulla determinazione del proprio contributo alla
soddisfazione dei bisogni della famiglia e non potrà essere più preteso il
pagamento degli assegni.
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