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1) LA SEPARAZIONE GIUDIZIALE - 2) LA FASE DI URGENZA - 3) LA FASE ISTRUTTORIA - 4) LA SENTENZA
Il presente capitolo è focalizzato sulla procedura di
separazione giudiziale. Per avere maggiori informazioni di tipo generico
sull’istituto della separazione, sulle regole comuni alla separazione
consensuale e giudiziale, sulle sue caratteristiche funzioni e peculiarità ti
suggeriamo di leggere i capitoli precedenti che trovi
CAPITOLO 1) LA SEPARAZIONE GIUDIZIALE
COS’È LA SEPARAZIONE GIUDIZIALE?
La separazione giudiziale è la procedura che consente
ad un coniuge di separarsi contro la volontà dell’altro.
É utilizzabile nel caso in cui l’altro coniuge non
vuole separarsi o non vi è alcun accordo sulla disciplina dei rapporti personali
e patrimoniali successivi alla separazione.
La separazione coniugale è infatti un dritto che un
coniuge può esercitare anche contro la volontà dell’altro e la separazione
giudiziale è lo specifico strumento previsto dall’ordinamento per esercitare
tale diritto contro la volontà dell’altro coniuge.
Con questo procedimento, che si svolge necessariamente
in tribunale, il giudice, su domanda di un coniuge:
1. dispone la separazione (contro la volontà
dell’altro coniuge) e
2. detta egli stesso d’imperio la disciplina dei
rapporti della famiglia successivi alla separazione (al posto dei coniugi che su
tale disciplina non si sono accordati).
A COSA SERVE LA DISCIPLINA DEI RAPPORTI DELLA COPPIA
DETTATA D’IMPERIO DAL GIUDICE?
La disciplina cogente (cioè che i separati sono
obbligati a rispettare, sotto pena di severe sanzioni) dei rapporti dei coniugi
serve a sollevarli dalla necessità di trovare un accodo quotidiano sugli stessi
(ad es. chi paga, cosa, con chi stanno i figli, quando) nel momento in cui, per
il fatto delle liti, non sono più in grado di farlo.
Ad ognuno dei coniugi basterà pretendere il rispetto
della disciplina stabilita dal giudice, se necessario giudizialmente, per
evitare il proseguimento di discussioni e liti.
QUANTE PROCEDURE SONO PREVISTE DALL’ORDINAMENTO PER
OTTENERE LO STATUS DI SEPARATA/O, SE MANCA L’ACCORDO CON L’ALTRO CONIUGE?
A differenza delle procedure di separazione
consensuale, che sono 5, è previsto dall’ordinamento un solo tipo di procedura
per potersi separare senza il consenso dell’altro coniuge: la separazione
giudiziale.
E’ NECESSARIO ANDARE IN TRIBUNALE PER LA SEPARAZIONE
GIUDIZIALE?
Sì. A differenza di alcune procedure di tipo
consensuale che non prevedono la necessità di recarsi in Tribunale, qualora
manchi il consenso dell’altro coniuge alla separazione non è prevista la
possibilità di realizzare lo status di separata/o con procedure da tenersi
presso Uffici diversi dal Tribunale o recandosi semplicemente presso il proprio
avvocato.
COME FUNZIONA LA PROCEDURA DI SEPARAZIONE GIUDIZIALE?
Chi vuole separarsi contro la volontà dell’altro
coniuge o se manca con questi un accordo sulla disciplina dei rapporti
successiva alla separazione (ad es. manca l’accordo sulla misura degli assegni
di mantenimento o sui tempi di permanenza dei figli con l’uno e l’altro dei
genitori) si rivolge ad un avvocato il quale scrive una lettera all’altro
coniuge con invito ad essere contattato (personalmente o per il tramite di un
legale di sua fiducia) e l’avviso che in difetto, verrà iniziata una procedura
di separazione giudiziale.
Una volta che l’altro coniuge o il suo avvocato hanno preso contatti, vengono eseguite delle negoziazioni nel tentativo di trovare un accordo che consenta ai coniugi di accedere ad una procedura di separazione consensuale. Gli avvocati infatti, anche se incaricati di iniziare un procedura di separazione giudiziale, sono deontologicamente tenuti a verificare se è comunque possibile evitare ai coniugi i costi e i tempi di una procedura contenziosa ed ottenere lo stesso risultato: un disciplina dei rapporti della coppia che soddisfi i propri clienti, fruendo della più breve ed economica procedura di separazione consensuale.
Se le trattative non danno buon esito,
l’avvocato incaricato procede a redigere un ricorso per separazione giudiziale
nel quale espone i fatti per cui viene chiesta la separazione: la c.d. causa
petendi, con l’indicazione della disciplina dei rapporti della coppia che si
chiede al giudice di disporre nella sentenza: il c.d. petitum.
Il ricorso si deposita in tribunale, la causa viene
attribuita ad un giudice, egli fissa l’udienza di prima comparizione delle parti
e ordina al ricorrente (il coniuge che ha fatto il ricorso) di notificare al
convento (cioè all’altro coniuge chiamato in tribunale) il ricorso stesso e il
decreto del giudice con il quale, come appena detto, quest’ultimo ha fissato
l’udienza di prima comparizione: la c.d. udienza presidenziale, alla quale i
coniugi sono entrambi convocati.
COSA SUCCEDE SE L’ALTRO CONIUGE, CHE HA RICEVUTO LA
NOTIFICA DEL RICORSO, NON SI PRESENTA NEMMENO IN TRIBUNALE ?
Il coniuge convenuto, al quale sia stato regolarmente
notificato il ricorso (ed il pedissequo decreto, leggi sopra) non è obbligato a
costituirsi o a presentarsi in tribunale. Se non lo fa, in sua contumacia se non
costituito, o in sua assenza se costituito ma non presente, viene comunque
eseguita la procedura ed all’esito della stessa viene emessa una sentenza che
detto coniuge dovrà rispettare sotto pera di severe sanzioni.
QUALI DOCUMENTI DEVO PORTARE ALL’AVVOCATO PER INIZIARE
LA SEPARAZIONE GIUDIZIALE?
I c.d. certificati di rito che devono essere allegati
alla domanda (certificato di residenza di entrambi i coniugi, certificato di
stato di famiglia di entrambi i coniugi unitamente all’estratto dell’atto di
matrimonio) se li procura l’avvocato stesso.
Per consentire al giudice di disciplinare i rapporti
patrimoniali della coppia, cioè di determinare la misura degli assegni, è
obbligatorio per entrambe le parti, depositare le ultime dichiarazioni dei
redditi leggi l’art.lo 706 comma 3 c.p.c. che vanno portate in copia
all’avvocato.
La separazione giudiziale è divisa in due fasi:
1. una prima fase detta fase d’urgenza e
2. una seconda fase detta la fase istruttoria
CAPITOLO 2) LA FASE D'URGENZA
A COSA SERVE LA FASE DI URGENZA E QUELLA ISTRUTTORIA?
Se il giudice conoscesse una delle parti potrebbe
favorirla. Pertanto il giudice è un terzo che deve non conoscere le parti. (Se
ha rapporti di amicizia con una di loro può essere ricusato dall’altra e
sostituito con altro giudice imparziale).
Se il giudice non conosce le parti, non conosce
nemmeno il motivo della loro lite. Per conoscere il motivo della loro lite allo
scopo di dirimerla in base alla legge con una sentenza che le parti sono
obbligate a rispettare, l’ordinamento prevede che le cause (ordinarie) comincino
con una fase, detta istruttoria, durante la quale il giudice viene a conoscenza
dei fatti che hanno causato la lite e acquisisce i dati sulla base dei quali
stabilirà quale delle due parti abbia ragione.
Tuttavia l’istruttoria può durare anni, (si pensi al
caso in cui debba essere disposta una CTU (cioè una Consulenza Tecnica
d’Ufficio) o debbano essere ascoltati molti testimoni in differenti udienze
fissate a mesi di distanza).
Orbene è evidente che se ci sono due coniugi in lite
nello stesso appartamento non possono aspettare anni perché venga completata la
fase istruttoria ed emesso un provvedimento che disponga la separazione e
impedisca il degenerare delle loro liti.
Pertanto la normativa della separazione giudiziale è
affidata non alle leggi ordinarie ma ad una legge speciale che prevede che il
giudice, all’esito della primissima udienza, che è tenuta dal presidente del
tribunale o un suo delegato ed è per questo detta “udienza presidenziale”,
emetta immediatamente una disciplina cogente (cioè che i coniugi sono obbligati
a rispettare) e che l’istruttoria cominci dopo.
Tale disciplina cogente è contenuta in un primo provvedimento detto decreto provvisorio o decreto presidenziale (perché lo emette il presidente del tribunale) a cognizione sommaria cioè “a occhio”, secondo il prudente apprezzamento del giudice, sulla base del solo interrogatorio delle parti eseguito lo stesso giorno dell’udienza presidenziale e delle sole prove disponibili in quel momento.
Come detto, la normativa che disciplina questa prima fase è voluta dalla necessità di separare la coppia che litiga, in genere nello stesso appartamento, ut ne cives ad arma ruant, il più rapidamente possibile, anche al costo di emettere un provvedimento (il decreto provvisorio) poco ponderato.
Pertanto questa prima parte della procedura di
separazione giudiziale è chiamata fase d’urgenza, essendo l’urgenza lo scopo
fondamentale perseguito dal legislatore in questa prima fase della procedura
speciale di separazione giudiziale.
Come detto, poiché il decreto provvisorio a cognizione
sommaria è emesso prima dell’istruttoria e dunque senza aver fatto
l’istruttoria, può essere parzialmente o completamente erroneo: il giudice ha
dovuto decidere in fretta, senza avere dati completi. Per questo motivo la Legge
prevede che detto decreto provvisorio sia destinato a disciplinare solo
provvisoriamente i rapporti della coppia (in ciò sta il nome di tale atto) e ad
essere sempre sostituito dalla sentenza finale emessa quest’ultima invece
all’esito dell’istruttoria, sulla base di un approfondito esame dei fatti di
causa eseguito durante tale seconda fase.
La fase di urgenza si conclude proprio con l’emissione
del detto decreto provvisorio. Poi comincia la seconda fase detta istruttoria
presso un nuovo giudice detto giudice istruttore.
QUANTO TEMPO OCCORRE PER OTTENERE IL DECRETO
PROVVISORIO?
Il decreto provvisorio deve essere emesso all’esito
dell’udienza presidenziale. Quasi sempre viene scritto immediatamente alla fine
dell’udienza stessa.
Può accedere che il giudice si riservi e che sciolga la
riserva nei 7-30 giorni successivi. L’udienza deve avvenire per legge entro 90
giorni dalla proposizione della domanda leggi l’art.lo 706 commma 3 c.p.c. (tali
termini stabiliti dalla legge spesso non vengono rispettati dai tribunali che
fissano l’udienza di prima comparizione ben oltre i 90 giorni dal deposito del
ricorso).
ALL’UDIENZA PRESIDENZIALE POSSO MANDARE IL MIO
AVVOCATO O DEVO ANDARE IO PERSONALMENTE?
La legge stabilisce che all’udienza presidenziale i
coniugi si presentino personalmente davanti al giudice leggi l’art.lo 707
c.p.c., pertanto il proprio avvocato non potrà presentarsi e tenere tale udienza
da solo. Se la parte non può presentarsi in modo scusabile, (ad es. aveva lo
stesso giorno un urgente visita medica) esibendo documentazione idonea a provare
tali circostanze, può essere chiesto ed ottenuto un rinvio della stessa udienza
ad altra data.
E’ necessaria la presenza personale delle parti solo
in occasione dell’udienza presidenziale, mentre in tutte le altre udienze le
parti (o una di loro) possono non essere presenti, salvo il caso che il Giudice
abbia espressamente disposto la loro comparizione.
COSA CONTIENE IL DECRETO PROVVISORIO?
Il decreto provvisorio contiene un ordine dato ad un
coniuge di allontanarsi dalla casa coniugale per realizzare il fatto della
separazione, una disciplina completa dei rapporti personali (viene definito
l’affidamento dei figli) e patrimoniali (vengono disposti gli assegni di
mantenimento per il coniuge meno abbiente e per la prole, viene assegnata la
casa coniugale).
UNA VOLTA EMESSO IL DECRETO PROVVISORIO SONO
SEPARATA/O?
La separazione della coppia viene dichiarata con
sentenza parziale sullo status, quasi sempre entro pochi giorni dall’emissione
del decreto provvisorio con il quale il giudice autorizza i coniugi a vivere
separati. La sentenza parziale sullo status viene anche detta impropriamente
“sentenza non definitiva”. leggi l’art.lo 709 bis c.p.c.
Il motivo per cui è possibile emettere una sentenza
parziale sullo status prima dell’istruttoria è nel fatto che tutto ciò che deve
accertare il giudice per emettere tale sentenza è il fatto del matrimonio (la
cui prova già risulta agli atti, essendo obbligatorio depositare l’estratto
dell’atto di matrimonio contestualmente alla proposizione della domanda), la
volontà di almeno un coniuge di separarsi, l’intollerabilità della prosecuzione
della convivenza, che verifica con l’interrogatorio delle parti nell’udienza
presidenziale.
SE IL DECRETO PROVVISORIO CONTIENE UNA DISCIPLINA CHE
IO RITENGO LESIVA DEGLI INTERESSI MIEI O DELLA PROLE POSSO IMPUGNARLO?
Si, entro il termine di 10 giorni dalla notificazione
del provvedimento che dovesse effettuare la controparte, presso il differente
organo giudiziario della Corte di Appello posso effettuare un impugnazione che
si chiama reclamo immediato in Corte di Appello. leggi l’art.lo 708 commma 4
c.p.c,. La corte di Appello può riformare, con ordinanza, anche totalmente il
decreto provvisorio emettendo un’ordinanza che si sostituisce d’imperio a tale
provvedimento emesso nella fase d’urgenza dal giudice del tribunale.
Il giudizio di primo grado, dopo la decisione della
Corte di Appello sul decreto provvisorio, prosegue in tribunale dove era
cominciato ed è rimasto pendente durante il reclamo in Corte di Appello.
E’ IMPORTANTE IMPUGNARE IL DECRETO PROVVISORIO O NO,
VISTO CHE E’ PROVVISORIO E DESTINATO AD ESSERE
SOSTITUITO DALLA SENTENZA?
Se erroneo e avversa gli interessi della parte o della
prole è meglio impugnarlo subito, perché la validità del decreto provvisorio e
la sua disciplina, che i coniugi devono osservare, può conservarsi fino alla
sentenza, per tutta l’istruttoria a dunque anche per anni.
Il giudice istruttore infatti, in assenza di una
modificazione del quadro probatorio dei fatti rappresentati dalla parti in fase
d’urgenza, non può modificare, per un ripensamento, il decreto provvisorio che
non sia stato impugnato in Corte di Appello, essendo prevista dalla Legge una
specifica modalità di impugnazione di tale decisione.
SE IMPUGNO IL DECRETO PROVVISORIO IN CORTE D’APPELLO
PER CONVINCERE I GIUDICI DELLE MIE RAGIONI, POSSO PORTARE NUOVE PROVE O RIFERIRE
FATTI NUOVI CHE NON AVEVO SCRITTO NEL RICORSO PRESENTATO AL GIUDICE DEL
TRIBUNALE ?
No. Il motivo è nel fatto che un principio generale
dell’ordinamento è il riconoscimento al cittadino della possibilità di impugnare
una decisione giurisdizionale considerata erronea presso altri giudici, come
garanzia contro gli errori giudiziari.
Se in Appello chiedo di giudicare fatti nuovi che non
avevo esposto al giudice del tribunale e pertanto controparte non aveva su
quelli esercitato alcuna difesa e il giudice su quelli non aveva giudicato, de
facto chiedo ai giudici della Corte di Appello di giudicare per la prima volta
questi nuovi fatti.
Qualora la decisione della Corte di Appello sia erronea, chi
subisce le conseguenze di tale errore non può più appellare, perché non è
prevista dall’ordinamento una “Corte di Appello 2” (la Corte di Cassazione non è
un organo giurisdizionale che riesamina il merito) e si avrebbe pertanto una
violazione del principio sopra enunciato.
L’ordinamento, per evitare il problema descritto,
vieta di introdurre nuovi fatti e prove a conforto degli stessi in Corte di
Appello e consente solo di argomentare ed evidenziare gli errori del giudice di
primo grado nel decidere, sugli stessi fatti e sulle stesse prove a lui offerte
nella fase di urgenza.
Pertanto è importante effettuare un lavoro accurato ed
esaustivo nella redazione del ricorso introduttivo della procedura.
CAPITOLO 3) LA FASE ISTRUTTORIA
COSA SUCCEDE DOPO LA FASE D’URGENZA?
Come detto, conclusa la fase di urgenza comincia la
fase istruttoria della procedura di separazione giudiziale che è del tutto
simile a quella della causa ordinarie. In essa verranno acquisti i dati che
consentiranno al giudice di emettere una sentenza ponderata.
Si potranno
ascoltare testimoni, chiedere la disposizione della CTU, l’esecuzione delle
indagini della polizia tributaria, etc.
IL GIUDICE DEL TRIBUNALE, DURANTE L’ISTRUTTORIA, PUÒ
MODIFICARE LA DECISIONE DELLA CORTE D’APPELLO?
Si ma solo se successivamente all’emissione
dell’ordinanza della Corte di Appello che modifica il decreto provvisorio siano
intervenuti fatti nuovi o siano state acquisite durante l’istruttoria prove che
evidenziano un inadeguatezza della decisione della Corte di Appello basata sulle
sole prove disponibili nella sola fase di urgenza. Altrimenti vale l’ordinanza
della Corte di Appello che il giudice istruttore non può modificare se la
ritiene semplicemente sbagliata.
IL GIUDICE DEL TRIBUNALE, DURANTE L’ISTRUTTORIA, PUÒ
MODIFICARE LE PROPRIE DECISIONI CON LE QUALI AVEVA MODIFICATO QUELLA DELLA CORTE
DI APPELLO ?
se gli accertamenti ulteriori effettuati durante
l’istruttoria sono modificativi del quadro probatorio disponibile al momento in
cui lo stesso giudice ha modificato la decisione della Corte di Appello e
determinano una inadeguatezza della disciplina contenuta nel proprio
provvedimento, il giudice istruttore può modificare la propria decisione di
nuovo e un numero illimitato di volte, in qualunque momento fino alla sentenza.
art.lo 709 c.p.c. ultimo comma
NEL DOMANDARE AL GIUDICE UNA MODIFICA DELL’ULTIMO
PROVVEDIMENTO POSSO PORTARE NUOVE PROVE O RIFERIRE FATTI NUOVI PER CONVINCERLO
DELLE MIE RAGIONI,?
Nelle cause ordinarie la possibilità di proporre nuove
prove è sottoposta a termini c.d. perentori, oltre i quali non è più possibile
farlo, perché se le parti avessero la facoltà di introdurre nuove prove
all’infinito potrebbero usare questa facoltà per scopi dilatori (cioè per
ritardare all’infinito il momento dell’emissione di una sentenza che temessero
sfavorevole ai loro interessi).
Ugualmente il petitum (cioè il provvedimento
richiesto all’inizio della causa) non può essere modificato (ma solo rinunciato
in tutto o in parte) perchè se fosse possibile modificare ad libitum il petitum
cioè l’oggetto della domanda su cui il giudice deve decidere, il Tribunale si
troverebbe a decidere su una causa con oggetto virtualmente indefinito giacché
la parte che si rende conto di avere torto potrebbe modificare il petitum per
evitare la soccombenza o allo scopo di posticipare all’infinito il momento
dell’emissione della sentenza.
Nel procedimento speciale di separazione invece è possibile portare nuove prove anche dopo la scadenza dei termini perentori e modificare il petitum se successivamente all’inizio della causa si verificano fatti nuovi.
Ciò in quanto, a differenza delle cause ordinare, le procedure speciali di separazione hanno lo scopo di disciplinare situazioni in continuo divenire. (Ad es. se nel ricorso iniziale la ricorrente chiede un certo assegno di mantenimento e il marito durante la causa perde il lavoro oppure ha una promozione e guadagna il doppio, non ha senso proseguire la causa vietando alla ricorrente di modificare la domanda (cioè il petitum) visto che, essendo cambiati i presupposti, una determinazione dell’assegno fatta sulla base delle condizioni che avevano i coniugi ad inizio causa sarebbe del tutto inadeguata rispetto alla mutata situazione).
Come detto, la facoltà di modificare il petitum e produrre nuove prove a conforto dello stesso è subordinata all’ipotesi che nuovi fatti si siano verificati successivamente alla proposizione della domanda (avvenuta all’inizio della causa). Se invece nulla è cambiato dall’inizio della causa non si può né cambiare il petitum, né portare nuove prove esattamente come nelle cause ordinarie.
Pertanto è importante effettuare
un lavoro accurato ed esaustivo nella redazione del ricorso introduttivo della
procedura giacché è in realtà raro che si verifichino eventi della vita
importanti tali da modificare gli assetti patrimoniali della coppia durante il
periodo relativamente breve (1 - 3 anni) dell’istruttoria.
QUANTO DURA LA FASE ISTRUTTORIA?
a differenza della fase d’urgenza che la legge
stabilisce che si debba concludere entro 90 giorni dalla proposizione della
domanda, leggi l’art.lo 706 commma 3 c.p.c, la durata della fase istruttoria non
è determinata dalla legge perché potrebbe essere moto breve se vi è la necessità
di effettuare solo accertamenti limitati o molto lunga se è necessario eseguire
estesi accertamenti (immaginiamo se occorre una CTU cioè una consulenza tecnica
d’ufficio per determinare le condizioni psicologiche dei genitori e stabilire il
tipo di affido più idoneo alla cura degli interessi della prole, oppure se
occorre un’indagine della polizia tributaria per verificare i reali redditi del
coniuge più abbiente che ad es. è un imprenditore e sussiste l’ipotesi di
dichiarazioni fiscali non veritiere, ipotesi fondata ad es. su una marcata
divergenza tra il tenore di vita sostenuto e i redditi dichiarati.
Oppure se
occorre ascoltare più testimoni, ad es. sul fatto di maltrattamenti compiuti in
famiglia da uno dei coniugi, in più udienze che in genere vengono fissate a
distanza di mesi l’una dall’altra).
La fase istruttoria si conclude con una sentenza che
definisce il giudizio.
POSSO FAR CESSARE LA CAUSA DI SEPARAZIONE GIUDIZIALE E
SEPARARMI CONSENSUALMENTE SE TROVO UN ACCORDO CON L’ALTRO CONIUGE?
Si. E’ possibile far cessare una causa di separazione
giudiziale in qualunque momento se sorge un accordo tra i coniugi. Ciò non solo
durante la fase l’istruttoria ma anche durante la primissima fase d’urgenza.
Questa attività si chiama mutamento di rito che trasforma una separazione giudiziale in una consensuale.
(Non è possibile invece trasformare una
consensuale in una giudiziale se viene meno l’accordo prima della conclusione
della procedura di separazione).
CAPITOLO 4) LA SENTENZA
COS’È LA SENTENZA DI SEPARAZIONE?
la sentenza è un provvedimento emesso dal Tribunale
che detta una disciplina dettagliata e cogente dei rapporti personali e
patrimoniali dei coniugi separati che gli stessi sono tenuti a rispettare.
QUAL’È LO SCOPO DELLA SENTENZA?
sollevare i coniugi dall’onere di trovare un accordo
quotidiano sulla gestione della famiglia (chi prende i figli, quando, chi paga,
cosa) in un momento in cui, per il fatto delle liti, non sono più in grado di
farlo e consentire loro di ritrovare una tranquillità che gli permetta di
meditare serenamente sul da farsi: riconciliarsi o divorziare.
COSA SUCCEDE SE UNO DEI CONIUGI NON RISPETTA LA
SENTENZA?
(la seguente disciplina è applicabile anche al
provvedimento che conclude una qualunque delle procedure di separazione
consensuale, avendo tali provvedimenti la stessa efficacia di una sentenza
emessa nel giudizio di separazione giudiziale)
Se non rispetta la disciplina dei rapporti personali,
su istanza del coniuge non inadempiente:
il giudice civile può: (art.lo 709 ter c.p.c.)
1) ammonire il genitore inadempiente;
2) disporre il risarcimento dei danni, a carico di uno
dei genitori, nei confronti del minore;
3) disporre il risarcimento dei danni, a carico di uno
dei genitori, nei confronti dell’altro;
4) condannare il genitore inadempiente al pagamento di
una sanzione amministrativa pecuniaria, da un minimo di 75 euro a un massimo di
5.000 euro a favore della Cassa delle ammende.
il giudice penale può:
1) condannare il coniuge inadempiente per il reato
previsto dall’art.lo 388 codice penale cioè mancata ottemperanza ad una sentenza
del giudice civile.
2) condannare il coniuge inadempiente per il reato
previsto dall’art.lo 570 codice penale cioè violazione degli obblighi di
assistenza familiare.
Se non rispetta la disciplina dei rapporti
patrimoniali su istanza del coniuge non inadempiente:
il giudice civile può:
1) procedere esecutivamente contro il debitore
inadempiente che risponde dei suoi debiti con tutti i suoi beni presenti e
futuri (art.lo 2740 c.c.), cioè pignorare i beni del coniuge che non paga gli
assegni, venderli alle aste pubbliche e consegnare il ricavato nella misura del
credito al coniuge creditore (e ovviamente il residuo all’altro).
2) Se il coniuge debitore è stipendiato, disporre la
distrazione alla fonte dello stipendio e cioè ordinare al datore di lavoro del
coniuge obbligato al pagamento e inadempiente di versare direttamente all’avente
diritto una parte dello stipendio decisa nella misura dal giudice (che in questa
materia non è limitata al quinto) e ovviamente il residuo all’altro coniuge suo
dipendente.
il giudice penale può:
1) condannare il coniuge inadempiente per il reato
previsto dall’art.lo 388 codice penale cioè mancata ottemperanza ad una sentenza
del giudice civile.
2) condannare il coniuge inadempiente per il reato
previsto dall’art.lo 570 codice penale cioè violazione degli obblighi di
assistenza familiare.
IL GIUDICE NELLA SENTENZA PUÒ DECIDERE DI TRASFERIRE
LA PROPRIETÀ DI BENI DI UN CONIUGE A FAVORE DELL’ALTRO PER EQUILIBRARE I
RAPPORTI PATRIMONIALI DELLA FAMIGLIA SUCCESSIVI ALLA SEPARAZIONE?
No. il giudice per regolare i rapporti patrimoniali
della coppia può solo disporre:
1. gli assegni di mantenimento,
2. la condivisione tra i coniugi di alcune spese della
prole (es. scolastiche, mediche, ricreative, ludiche, in una misura definita
generalmente con una percentuale e delle spese straordinarie sostenute per la
prole anch’esse in una misura espressa percentualmente).
3. l’assegnazione della casa ove sono maturate e
persistono le abitudini della prole.
Il giudice non può trasferire la proprietà di beni di
un coniuge all’altro, per equilibrare e disciplinare i rapporti
della famiglia.
E’ invece possibile, ed anzi favorito dalla legge con
esenzioni fiscali, il trasferimento della proprietà di beni tra i coniugi in
base ad un loro accordo spontaneo nella diversa procedura di separazione
consensuale per comporre i rapporti patrimoniali relativi alla separazione
stessa.
SE DOPO LA CONCLUSIONE DEL GIUDIZIO DI SEPARAZIONE MIO
MARITO RICEVE UN AUMENTO DI STIPENDIO O SE TRASCURA I FIGLI, POSSO CHIEDERE, NEL
PRIMO CASO UN AUMENTO DEGLI ASSEGNI E NEL SECONDO DI MODIFICARE IL REGIME DI
AFFIDO STABILITO NELLA SENTENZA?
Si. In qualunque tempo è possibile modificare le
disposizioni contenute nella sentenza di separazione giudiziale concernenti il
coniuge (art.156 c.c. ultimo comma) o quelle concernenti i figli (art. 337
Quinquies c.c.) (con ricorso in tribunale -art.lo 710 c.p.c.-) se dopo
l’emissione della stessa (e dunque dopo la conclusione della causa) avvengono
fatti del tipo indicato nel titolo del presente paragrafo.
Inoltre, in materia di separazione è possibile
modificare, se insorgono fatti nuovi, qualunque provvedimento successivo che
riforma il precedente, un numero illimitato di volte, per adeguare la disciplina
dei rapporti personali e patrimoniali della coppia agli eventi che
caratterizzano l’evoluzione della vita.
E’ prassi ordinaria, per esempio, chiedere un aumento degli assegni computati quando i figli erano piccoli, nel momento in cui gli stessi diventano adolescenti. Infatti, prima bastava nutrirli e portarli al parco per soddisfare le loro esigenze.
Quando diventano adolescenti hanno la
necessità di comperare il motorino, il telefonino, pagare la discoteca, il pub
etc. Per contro, in genere, i genitori col passare degli anni fanno carriera e
guadagnano di più, onde si verifica uno sbilanciamento dei rapporti
patrimoniali, nell’esempio, che il tribunale, su domanda, può riequilibrare.
Per quanto riguarda la possibilità di chiedere un
aumento dell’assegno di mantenimento per il fatto dell’aumento del reddito
dell’obbligato, bisogna distinguere a seconda che l’aumento stesso fosse
prevedibile o imprevedibile e a seconda che l’assegno del quale si richiede
l’aumento sia quello del coniuge o dei figli.
L’aumento dei redditi del coniuge più abbiente
consente di chiedere l’aumento dell’assegno di mantenimento dell’altro coniuge
solo se era prevedibile prima della separazione e pertanto faceva parte delle
aspettative di benessere maturate dal coniuge meno abbiente durante il progetto
matrimoniale.
In genere un aumento dei redditi a seguito di una promozione durante la carriera del coniuge che lavora è prevedibile e rappresenta un aspettativa dell’altro coniuge, pertanto è possibile in questo caso chiedere un aumento dell’assegno di mantenimento.
Invece, ad es. una vincita al totocalcio eseguita dal coniuge che paga l’assegno non è prevedibile, non faceva parte del progetto matrimoniale e pertanto non è possibile chiedere un aumento dell’assegno di mantenimento sulla base di questa circostanza, essendo la vincita una circostanza eterogenea e imprevedibile che non rientra nelle aspettative maturate dal coniuge beneficiario (cioè che riceve l’assegno) durante i progetto matrimoniale.
E’ invece sempre possibile chiedere l’aumento
dell’assegno di mantenimento dei figli all’aumentare (significativo) dei redditi
dell’obbligato, indipendentemente dalla prevedibilità della causa
dell’incremento dei redditi.
POSSO CHIEDERE IO LA SEPARAZIONE DI MIA FIGLIA DAL
PROPRIO MARITO PERCHÉ MI SEMBRA VESSATA DALLO STESSO?
No. Solo i coniugi possono chiedere la propria
separazione personale. art.lo 150 comma 3 c.c.
QUANDO POSSO DIVORZIARE SE MI SEPARO CON QUESTA
PROCEDURA?
Occorre aspettare almeno un anno dall’udienza
presidenziale anche se la sentenza che dispone la separazione è già passata in
giudicato.
(La sentenza che dispone la separazione, passa in giudicato dopo 6
mesi se notificata a controparte o dopo un anno se non viene notificata e sempre
che non venga impugnata).
Come abbiamo visto nei precedenti capitoli invece se
la separazione è conseguita con procedure consensuali occorre aspettare solo 6
mesi per poter divorziare.
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