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Il presente capitolo è focalizzato sulla procedura di divorzio contenzioso che è una procedura legale con cui un coniuge può ottenere lo status di divorziato contro la volontà dell’altro . Per avere maggiori informazioni di tipo generico sull’istituto del divorzio, sulle sue caratteristiche funzioni e peculiarità ti suggeriamo di leggere il capitolo "divorzio"
CAPITOLO 1) COS’È IL DIVORZIO CONTENZIOSO
COS’È IL DIVORZIO CONTENZIOSO?
Il divorzio contenzioso, spesso chiamato
impropriamente “divorzio giudiziale”, è una procedura che consente ad un
coniuge, contro la volontà dell’altro, di sciogliere il vincolo coniugale sorto
con il matrimonio.
Poiché divorziare è un diritto che il cittadino può
esercitare anche contro la volontà dell’altro coniuge, in tutti i casi in cui un
coniuge vuole divorziare ma l’altro non vuole, oppure manca l’accordo sulla
disciplina dei rapporti della coppia successiva al divorzio, (ad es. il coniuge
meno abbiente vuole un assegno divorzile maggiore rispetto a quello che l’altro
vuole dare o si contendono entrambi l’affidamento esclusivo della prole), quello
dei coniugi che vuole divorziare può utilizzare questa procedura per sciogliere
il vincolo coniugale e ottenere dal giudice d’imperio una sentenza che disponga,
oltre allo scioglimento del matrimonio anche contro la volontà dell’altro
coniuge, la disciplina dei rapporti della coppia successiva al divorzio che è
stato impossibile convenire con l’altro coniuge.
QUANDO E’ POSSIBILE INTRODURRE UNA PROCEDURA DI
DIVORZIO CONTENZIOSO?
In tutti i casi previsti dagli art.li 1, 3 - L.898/70
e fondamentalmente per le coppie separate dal almeno 6 mesi consensualmente, o
almeno 12 giudizialmente, quando il giudice accerta che la comunione spirituale
e materiale tra i coniugi non può essere mantenuta o ricostituita, raccogliendo
semplicemente le dichiarazioni delle parti in tal senso.
QUANTE PROCEDURE SONO PREVISTE PER OTTENERE IL
DIVORZIO SE MANCA L’ACCORDO CON L’ALTRO CONIUGE?
A differenza delle procedure consensuali di divorzio
che sono 3, è prevista solo una procedura di divorzio per il caso in cui manchi
il consenso dell’altro coniuge sullo scioglimento del vincolo coniugale, o
manchi l’accodo su una specifica disciplina dei rapporti della coppia dopo il
divorzio. Tale procedura è chiamata divorzio contenzioso.
E’ NECESSARIO ANDARE IN TRIBUNALE PER ESEGUIRE LA
PROCEDURA DI DIVORZIO CONTENZIOSO?
Si. I coniugi, almeno in un occasione, quella
dell’udienza presidenziale (cioè tenuta dal presidente del tribunale che è un
giudice) devono recarsi personalmente in Tribunale.
Se non si presenta il ricorrente (cioè colui che, con
ricorso, ha iniziato la procedura di divorzio), il giudizio si estingue, cioè
cessa immediatamente, (salvo che l’altro coniuge convenuto si costituisca in
giudizio per il tramite di un avvocato depositando le proprie difese e chieda
invece di proseguirla).
Se invece non si presenta il convenuto (cioè il
coniuge chiamato in tribunale da chi ha chiesto il divorzio), il giudizio
prosegue senza di lui, sia che egli sia “contumace” (cioè non ha incaricato un
avvocato e non ha assunto la qualità di parte nel giudizio), sia che egli sia
semplicemente “assente” (cioè ha incaricato un avvocato, ha assunto il ruolo di
parte nel giudizio, ma non si è presentato poi all’udienza fissata dal giudice
in tribunale. (art.lo 4 punto 7 l. 898/70). il giudizio si conclude con una
sentenza che i convenuto contumace o assente è obbligato a rispettare.
POSSO FARE IL DIVORZIO CONTENZIOSO DA SOLA SENZA
(PAGARE) UN DIFENSORE?
No. In questa procedura è necessario farsi assistere
da un avvocato. (Art. 82 c.p.c.).
IO E MIO MARITO POSSIAMO EFFETTUARE, PER RISPARMIARE,
LA PROCEDURA DI DIVORZIO CONTENZIOSO CON UN SOLO AVVOCATO?
No. In questa procedura la legge prevede che ognuno
dei coniugi sia difeso da un proprio avvocato. Ne serve cioè uno per il marito e
uno per la moglie. (Art. 82 c.p.c.).
CAPITOLO 2) LA FASE D’URGENZA
COME FUNZIONA LA PROCEDURA DI DIVORZIO CONTENZIOSO?
Essendo obbligatoria la presenza di un difensore (per
ciascuna parte), per iniziare la procedura di divorzio contenzioso è necessario
che uno dei due coniugi si rechi dal proprio avvocato e dia mandato.
L’avvocato scriverà una lettera all’altro coniuge,
invitandolo a mettersi in contatto personalmente o per il tramite di un legale
di sua fiducia.
“Personalmente” perchè se si trova un accordo sul
fatto del divorzio e sulla disciplina dei rapporti personali e patrimoniali
degli ex coniugi dopo il divorzio, la coppia può accedere alla differente
procedura di divorzio a domanda congiunta, consentendo loro di risparmiare
perchè in detta procedura un solo difensore può assistere entrambi i coniugi.
(Naturalmente, se i coniugi preferiscono possono avere ognuno un proprio legale
anche in questa procedura).
Se invece non è possibile trovare un accordo, il
coniuge che ha ricevuto la lettera dall’avvocato dell’altro dovrà dare mandato
ad un proprio avvocato perchè lo difenda nella procedura, trattata in questo
capitolo, di divorzio contenzioso, nella quale, come detto, occorre un avvocato
per parte.
I due legali, quando si mettono in contatto, tentano
di nuovo primariamente di trovare un accordo che consenta alla coppia di usare
una procedura consensuale di divorzio, essendo obbligati ad eseguire questa
attività dal codice deontologico.
Se le posizioni sono distanti e l’accordo non si
raggiunge nemmeno in questo secondo tentativo, per divorziare è necessario usare
la procedura descritta in questo capitolo: la procedura di divorzio contenzioso,
nella quale, come detto, è un giudice a disporre d’imperio, al posto dei coniugi
che non si sono accordati, sia il fatto del divorzio, sia le regole che
disciplineranno i rapporti della coppia successivi al divorzio.
Tale procedura è iniziata da uno dei due legali il
quale scrive un atto detto ricorso e lo deposita in tribunale. Il ricorso
contiene la descrizione della situazione di fatto della coppia, dei motivi della
decisione di divorziare, la ricostruzione della condizione di diritto confortata
da prove di tipo documentale che vengono allegate al ricorso e l’indicazione di
una specifica disciplina dei rapporti della coppia successivi al divorzio (chi
paga, cosa, con chi stanno i figli, quando) etc., che si chiede al giudice di
rendere obbligatoria per la coppia recependola nella sentenza. La disciplina che
si chiede di recepire nella sentenza è detta “domanda” (in quanto è ciò che si
domanda al giudice di disporre) o (in latino) “petitum” con significato
equivalente.
Il giudice, a cui la causa è attribuita, legge il
ricorso e fissa (con decreto) la prima udienza di comparizione delle parti
dinnanzi a lui.
Il giudice, una volta che ha fissato l’udienza di
comparizione dei coniugi di fronte a lui, ordina all’avvocato che ha depositato
il ricorso di notificarlo all’altro coniuge, (cioè di inviarglielo in copia
tramite l’Ufficiale Giudiziario) unitamente al detto decreto con il quale egli
ha fissato l’udienza.
una volta che il coniuge convenuto (cioè chiamato
dall’altro in giudizio), ha ricevuto il ricorso, lo porterà al proprio avvocato
il quale scriverà a sua volta un proprio atto che si chiama comparsa di
costituzione e lo depositerà in tribunale (nello stesso fascicolo che contiene
il ricorso).
La comparsa di costituzione contiene gli stessi
elementi del ricorso, cioè la rappresentazione dei fatti e la ricostruzione
della situazione di diritto della coppia di divorziandi, oltre al petitum.
Ovviamente il contenuto sarà differente perchè espressione del punto di vista
dell’altro coniuge.
Il giudice in prima udienza deciderà se accogliere il
petitum di una parte, quello dell’altra o anche, difformemente da entrambe le
domande, di disporre una disciplina differente dai due petitum che ritiene
essere di giustizia e che i coniugi sono obbligati ad osservare, sotto la pena
di pesanti sanzioni (vedi prossimi paragrafi).
Detta disciplina obbligatoria è contenuta in un atto
redatto dal giudice (che in questa prima udienza è il presidente del tribunale o
un suo delegato) detto “ordinanza presidenziale” perchè emessa dal presidente o
anche “ordinanza provvisoria” perchè destinata a disciplinare solo
provvisoriamente i rapporti della coppia durante il giudizio e ad essere
sostituita dalla sentenza.
L’emissione dell’ordinanza provvisoria conclude questa
prima fase che si chiama fase d’urgenza, similmente alla prima fase della
procedura di separazione giudiziale (anche se impropriamente perchè se nella
separazione giudiziale la fase d’urgenza è voluta dalla necessità di dividere i
due coniugi che litigano nello stesso appartamento, qui i coniugi sono già
divisi e non c’è un urgenza oggettiva di emettere un provvedimento).
In genere, i giudici, salvo il caso di modificazioni
importanti intervenute medio tempore, confermano nell’ordinanza provvisoria la
disciplina dei rapporti della coppia stabilita in occasione della separazione.
Dopo la fase d’urgenza, inizia la fase istruttoria
durante la quale verranno acquisiti i dati (ad es. se è conteso l’affidamento
della prole vengono acquisite prove testimoniali tese a dimostrare chi dei due
coniugi è meritevole o immeritevole dell’affidamento; se è contesa la misura
degli assegni, vengono acquisite prove documentali che dimostrano che il coniuge
obbligato alla corresponsione degli assegni guadagna di più o di meno rispetto
alle risultanze della fase di urgenza etc.) che non è stato possibile acquisire
nella fase di urgenza per motivi di tempo. Tali dati completi ed esaustivi
consentiranno al giudice di emettere una sentenza finale, ponderata, che
conclude il giudizio di divorzio contenzioso, sostituendosi all’ordinanza
provvisoria.
COSA SUCCEDE SE L’ALTRO CONIUGE NON RISPONDE NEMMENO
ALL’INVITO DEL MIO AVVOCATO A METTERSI IN CONTATTO CON LUI?
La procedura di divorzio contenzioso viene eseguita a
prescindere da qualunque collaborazione dell’altro coniuge, è infatti disegnata
proprio per consentire ad un coniuge di divorziare contro la volontà dell’altro.
COSA SUCCEDE SE L’ALTRO CONIUGE NON SI PRESENTA IN
TRIBUNALE?
Come detto, questa procedura prescinde dalla necessità
di qualunque collaborazione da parte dell’altro coniuge. pertanto se questi non
si presenta, in sua contumacia, il giudizio prosegue e sia il decreto
provvisorio sia la sentenza che conclude il giudizio disporranno una disciplina
che l’altro coniuge è tenuto a rispettare.
COSA CONTIENE IL DECRETO PROVVISORIO?
Il decreto provvisorio contiene una disciplina
dettagliata dei rapporti personali e patrimoniali della coppia che i coniugi
sono obbligati a rispettare. (Es. se devono essere pagati assegni (e di quale
entità) dal coniuge più abbiente per concorrere al mantenimento della famiglia,
a chi sono affidati i figli, il tempo che passeranno con un genitore e con
l’altro, a chi è assegnata la casa coniugale etc.).
COSA SUCCEDE SE L’ALTRO CONIUGE NON RISPETTA IL
DECRETO PROVVISORIO EMESSO DAL TRIBUNALE?
Essendo il decreto provvisorio, o l’ordinanza della
Corte di Appello che lo riforma, (vedi paragrafo successivo) dei titoli
esecutivi, sono esperibili gli stessi rimedi che l’ordinamento ha previsto per
ottenere il rispetto della sentenza finale.
CAPITOLO 3) IL RECLAMO EX ARTICOLO N.708 C. P. C.
SE IL DECRETO PROVVISORIO DISPONE UNA DISCIPLINA CHE
CONSIDERO LESIVA DEI MIEI INTERESSI O DI QUELLI DELLA PROLE LO POSSO IMPUGNARE?
Si, in Corte di Appello è possibile impugnare con
reclamo l’ordinanza provvisoria entro 10 giorni dalla notifica della stessa che
una parte dovesse fare all’altra o entro 6 mesi dall’emissione della detta
ordinanza se nessuna della parti ne esegue la notifica.
Tale possibilità è stabilita dall’art. 4 della L. n.
54 del 2006 che recita “Le disposizioni della presente legge (che include
l’art.lo 708 c.p.c. ultimo comma) si applicano anche in caso di scioglimento, di
cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio, nonché ai
procedimenti relativi ai figli di genitori non coniugati”. Detta previsione
rende applicabile anche al divorzio l’articolo 708 c.p.c. presente nella
disciplina della separazione che prevede la reclamabilità in Corte di Appello
dell’ordinanza presidenziale.
La decisione della Corte di Appello viene emessa
anch’essa con ordinanza e si sostituisce a quella del presidente del tribunale.
Poi il giudizio prosegue in tribunale.
SE IMPUGNO IL DECRETO PROVVISORIO IN CORTE DI APPELLO,
PER CONVINCERE I GIUDICI DELLE MIE RAGIONI, POSSO RAPPRESENTARE FATTI E PROVE
NUOVE CHE HO DIMENTICATO DI ESPORRE AL GIUDICE DEL TRIBUNALE?
No, perché un principio generale dell’ordinamento
italiano è la facoltà del cittadino di chiedere un riesame dei provvedimenti
emessi dagli organi giurisdizionali allo scopo di metterlo al riparo dalle
conseguenze di un errore giudiziario. Se si rappresentassero fatti nuovi in
Corte di Appello per la prima volta, la decisione su quei nuovi fatti non
sarebbe impugnabile dalla parte che la considerasse erronea (non esiste una
Corte di Appello della Corte di Appello, la Corte di Cassazione infatti non
riesamina il merito delle cause) e pertanto verrebbe leso il diritto del
cittadino chiedere un riesame dei provvedimenti emessi. Per questo motivo non è
ammessa la rappresentazione di fatti nuovi nei giudizi di impugnazione che
possono solo riesaminare e correggere gli eventuali errori commessi dai giudici
di primo grado ma non possono giudicare e statuire per la prima volta su materia
che contiene dati inediti, non presenti nel giudizio di primo grado. Pertanto è
necessario porre molta attenzione nella redazione dell’atto introduttivo e
nell’allegazione delle prove contestuali ad esso perchè se nel reclamo in Corte
di Appello si potrà argomentare ulteriormente le proprie ragioni, per quanto
sopra, non potranno essere indicati fatti nuovi o nuove prove.
CONVIENE IMPUGNARE IL DECRETO PROVVISORIO OPPURE NO,
PER RISPARMIARE, GIACCHE’ ESSENDO PROVVISORIO, VERRÀ COMUNQUE SOSTITUITO DALLA
SENTENZA?
Se vi sono errori gravi conviene impugnarlo subito in
Corte di Appello perchè è vero che tale decisione è comunque destinata ad essere
sostituita dalla sentenza emessa alla fine della causa all’esito
dell’istruttoria, ma l’’istruttoria potrebbe durare anche anni durante i quali i
coniugi sarebbero tenuti a rispettare tale decreto subendo le conseguenze
pregiudizievoli di eventuali errori che non venissero corretti dalla Corte di
Appello.
CAPITOLO 4) LA SENTENZA PARZIALE SULLO STATUS
QUANDO MI POSSO RISPOSARE?
Gli ex coniugi non possono risposarsi se non
conseguono lo status di divorziati. (Se si risposassero senza aver conseguito lo
status di divorziati commetterebbero il reato di bigamia). Poiché l’istruttoria,
che comincia dopo la fase di urgenza e si conclude con la sentenza definitiva,
può durare anche anni, se lo status di divorziati fosse disposto nella sentenza
definitiva, la coppia che volesse risposarsi dovrebbe attendere l’emissione di
tale sentenza per un tempo molto lungo prima di poter celebrare le nuove nozze.
Per evitare questo inconveniente il legislatore ha
stabilito che il tribunale emetta prima della sentenza definitiva una sentenza
parziale sullo status, che dispone il solo fatto dello scioglimento del vincolo
coniugale e null’altro, consentendo ai coniugi che lo volessero di risposarsi.
Il motivo per cui il tribunale è in grado di emettere
tale sentenza prima dell’istruttoria è nel fatto che non deve ascoltare
testimoni o fare perizie. In assenza di contestazioni gli è sufficiente
verificare che la coppia si è separata da 6 mesi consensualmente o da un anno
giudizialmente e che non vi sia stata riconciliazione medio tempore per poter
decidere sullo status e dichiarare divorziata la coppia con sentenza parziale.
COS’È LA SENTENZA PARZIALE SULLO STATUS?
Come detto, lo status di divorziato/a viene disposto
con sentenza. La legge sul divorzio prevede che il tribunale, dopo la fase
d’urgenza, emetta subito una sentenza che dispone il solo fatto del divorzio
detta “sentenza parziale sullo status” o (più impropriamente) “sentenza non
definitiva sullo status”. (art.lo 4 punto 12 L 898770). La sentenza è detta
“parziale” perchè non definisce l’intero contenzioso ma solo il fatto del
divorzio, lo status di divorziati della coppia, oppure è detta “non definitiva”
perchè ad essa segue la sentenza finale, definitiva, che regola la restante
materia oggetto del contendere.
La causa, come detto, dopo l’emissione della sentenza
parziale sullo status, prosegue per la determinazione della disciplina dei
rapporti degli ex coniugi (stabilire la misura degli assegni se dovuti,
l’assegnazione della casa coniugale, le condizioni di affido della prole se
presente etc.) che verrà disposta con la sentenza finale che conclude il
giudizio.
QUANDO VIENE EMESSA LA SENTENZA PARZIALE SULLO STATUS
DI DIVORZIATO/A?
Siccome l’udienza presidenziale dovrebbe essere
fissata entro 90 giorni dal deposito del ricorso (art.lo n. 4 punto 5 L. 898/70)
in teoria la sentenza parziale sullo status si potrebbe ottenere, unitamente al
decreto provvisorio, all’incirca entro la settimana successiva allo scadere di
tale termine. Tuttavia attualmente i tribunali fissano l’udienza presidenziale
anche a distanza di 5-8 mesi dal deposito del ricorso, pertanto anche il tempo
dell’emissione della sentenza parziale sullo status risente di tale ritardo.
CAPITOLO 5) LA FASE ISTRUTTORIA
DOPO LA FASE DI URGENZA CONCLUSA CON L’EMISSIONE DEL
DECRETO PROVVISORIO E DELLA SENTENZA PARZIALE SULLO STATUS, COSA SUCCEDE?
Dopo la fase di urgenza inizia la fase istruttoria
durante la quale vengono acquisiti i dati (le prove dei fatti rappresentati
dalle parti nei loro atti e posti a fondamento del petitum) che consentiranno al
giudice di emettere una sentenza ponderata. In questa fase è possibile ad
esempio chiedere di acquisire prove testimoniali per dimostrare che uno dei
coniugi trascura i figli ed è immeritevole dell’affidamento, o una perizia del
CTU (Consulente Tecnico di Ufficio) per verificare le condizioni psicologiche
dei coniugi per determinare le condizioni di affido della prole. E’ possibile
chiedere indagini della Polizia Tributaria a carico di un coniuge imprenditore
per verificare gli effettivi redditi allo scopo di determinare la misura degli
assegni di mantenimento, etc..
SE AVVENGONO FATTI NUOVI DURANTE L’ISTRUTTORIA, POSSO
CHIEDERE DI MODIFICARE IL DECRETO PROVVISORIO O L’ORDINANZA DELLA CORTE DI
APPELLO CHE LO HA MODIFICATO?
E’ sempre possibile chiedere la modifica in corso di
causa di detti provvedimenti per adeguare la disciplina provvisoria dei rapporti
della coppia alle risultanze innovative che dovessero emergere durante
l’istruttoria. (Es. se un coniuge riceve una promozione durante il tempo
dell’istruttoria e guadagna di più, l’altro può chiedere, per l’effetto, un
aumento degli assegni di mantenimento che riceve; oppure se emerge durante
l’istruttoria, a seguito dell’audizione di testimoni, che il coniuge a cui, in
forza del decreto provvisorio sono stati affidati i figli, in realtà li trascura
o li maltratta, l’altro può chiedere una modifica in corso di causa del regime
di affido.
Tale modifica può essere disposta dal giudice motu
proprio, anche in assenza di una richiesta avanzata da una parte in corso di
causa.
Come sopra detto, tali insorgenze non possono invece
essere rappresentate nella fase di reclamo del decreto provvisorio in Corte di
Appello che si imiterà a correggere gli eventuali errori di valutazione o di
interpretazione della legge che il giudice di primo grado dovesse avere commesso
sulla base dei fatti e delle prove presenti negli atti di causa al momento in
cui egli ha emesso il decreto provvisorio impugnato.
CAPITOLO 6) LA SENTENZA DEFINITIVA
COS’È LA SENTENZA DEFINITIVA?
La sentenza definitiva è il provvedimento che conclude
il giudizio di divorzio contenzioso. Essa contiene la disciplina dei rapporti
personali e patrimoniali che la coppia dovrà osservare dopo i divorzio.
COSA SUCCEDE SE L’ALTRO CONIUGE NON RISPETTA LA
SENTENZA DEFINITIVA EMESSA DAL TRIBUNALE?
Se non rispetta la disciplina dei rapporti personali,
su istanza del coniuge non inadempiente:
il giudice civile può: (art.lo 709 ter c.p.c. a cui
rinvia l’art. 4 della l. n. 54 del 2006 che recita “Le disposizioni della
presente legge -che in include il nuovo articolo 709 ter dettato in tema di
separazione coniugale- si applicano anche in caso di scioglimento, di cessazione
degli effetti civili o di nullità del matrimonio, nonché ai procedimenti
relativi ai figli di genitori non coniugati” rendendo applicabile tale articolo
709 ter, presente nella disciplina della separazione, anche al divorzio).
1) ammonire il genitore inadempiente;
2) disporre il risarcimento dei danni, a carico di uno
dei genitori, nei confronti del minore;
3) disporre il risarcimento dei danni, a carico di uno
dei genitori, nei confronti dell’altro;
4) condannare il genitore inadempiente al pagamento di
una sanzione amministrativa pecuniaria, da un minimo di 75 euro a un massimo di
5.000 euro a favore della Cassa delle ammende.
il giudice penale può:
1) condannare il coniuge inadempiente per il reato
previsto dall’art.lo 388 codice penale cioè mancata ottemperanza ad una sentenza
del giudice civile.
2) condannare il coniuge inadempiente per il reato
previsto dall’art.lo 570 codice penale cioè violazione degli obblighi di
assistenza familiare.
Se non rispetta la disciplina dei rapporti
patrimoniali su istanza del coniuge non inadempiente:
il giudice civile può:
1) procedere esecutivamente contro il debitore
inadempiente che risponde dei suoi debiti con tutti i suoi beni presenti e
futuri (art.lo 2740 c.c.), cioè pignorare i beni del coniuge che non paga gli
assegni, venderli alle aste pubbliche e consegnare il ricavato nella misura del
credito al coniuge creditore, (e ovviamente il residuo all’altro).
2) Se il coniuge debitore è stipendiato, disporre la
distrazione alla fonte dello stipendio e cioè ordinare al datore di lavoro del
coniuge obbligato al pagamento e inadempiente di versare direttamente all’avente
diritto una parte dello stipendio decisa nella misura dal giudice (che in questa
materia non è limitata al quinto) e ovviamente il residuo all’altro coniuge suo
dipendente.
il giudice penale può:
1) condannare il coniuge inadempiente per il reato
previsto dall’art.lo 388 codice penale cioè mancata ottemperanza ad una sentenza
del giudice civile.
2) condannare il coniuge inadempiente per il reato
previsto dall’art.lo 570 codice penale cioè violazione degli obblighi di
assistenza familiare.
vi è inoltre la procedura più celere per ottenere la
soddisfazione del credito dell’assegno divorzile prevista specificamente dalla
Legge sul divorzio.
CAPITOLO 7) MODIFICA DELLA SENTENZA DEFINITIVA DI DIVORZIO
SE RITENGO CHE LA SENTENZA DEFINITIVA EMESSA DAL
TRIBUNALE LEDA INGIUSTAMENTE I MIEI INTERESSI O QUELLI DELLA PROLE POSSO
IMPUGNARLA?
Si, è possibile impugnare in Corte di Appello tale
sentenza. I giudici della Corte di Appello hanno il potere di modificare anche
integralmente il contenuto della sentenza emessa dai giudici di primo grado, con
una propria sentenza che si sostituisce a quella emessa dal tribunale. E’
possibile farlo entro il termine perentorio (cioè un termine decorso il quale
non è più possibile compiere un attività ad esso sottoposta) di 30 giorni se la
sentenza è stata notificata da controparte (c.d. termine breve), altrimenti
entro il termine perentorio di 6 mesi. (c.d. termine lungo) se la sentenza non è
stata notificata da controparte.
SE RITENGO CHE LA SENTENZA DELLA CORTE DI APPELLO LEDA
INGIUSTAMENTE I MIEI INTERESSI O QUELLI DELLA PROLE POSSO IMPUGNARLA?
Si è possibile impugnarla, ma solo se contiene errori
logici o erronee interpretazioni della legge, presso la Corte di Cassazione. La
Corte di Cassazione non può riesaminare il merito cioè rivalutare l’oggetto
della controversia come fa la Corte di Appello se si ritiene che sia stato
ingiustamente giudicato. La Corte di Cassazione può solo “cassare” cioè
cancellare una sentenza che sia affetta, come detto, da vizi logici o da un
erronea interpretazione della legge. In questo caso, una volta che la sentenza è
stata cancellata dalla Corte di Cassazione, si potrà iniziare un nuovo giudizio
di merito e far emettere una nuova sentenza, sempre dalla magistratura di
merito.
É POSSIBILE IMPUGNARE UNA SENTENZA PASSATA IN
GIUDICATO? (CIOÈ GIÀ IMPUGNATA O NON IMPUGNATA ENTRO I TERMINI PERENTORI DI
IMPUGNAZIONE)
Una sentenza già sottoposta al vaglio della Corte di
Appello o della Corte di Cassazione, ovvero non impugnata entro i termini
perentori stabiliti dalla legge, si dice che “passa in giudicato”. Il passaggio
in giudicato, nelle cause ordinarie rende le sentenze immodificabili. Le
procedure speciali di separazione e di divorzio -a differenza delle cause
ordinarie- consentono invece di riformare anche le sentenze passate in
giudicato. Leggi amplius nel capitolo dedicato.
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