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Il presente capitolo è focalizzato sulle procedure consensuali di divorzio. Per avere maggiori informazioni di tipo generico sull’istituto del divorzio, sulle sue caratteristiche, funzioni e peculiarità ti suggeriamo di leggere i capitoli precedenti
CAPITOLO 13) LA MODIFICA DELL’ASSEGNO E DELL’AFFIDAMENTO DEI FIGLI DOPO LA SENTENZA DEFINITIVA DI DIVORZIO
SE DOPO IL DIVORZIO INTERVENGONO DELLE INNOVAZIONI
NEI RAPPORTI PATRIMONIALI O PERSONALI, POSSO CHIEDERE LA MODIFICAZIONE DELLA
SENTENZA DEFINITIVA DI DIVORZIO?
Si, è possibile chiedere un numero illimitato di
modificazioni (art.lo 9 comma 1 L.898/70) (ad es. aumenti dell’assegno
divorzile) purché intervengano successivamente all’ultimo provvedimento delle
innovazioni (es l’ex coniuge più abbiente ha fatto carriera e guadagna di più)
con i seguenti limiti:
1. se nella diversa procedura di divorzio a domanda
congiunta è stata scelta la soluzione del pagamento dell’assegno divorzile in un
unica soluzione, non è possibile avanzare alcuna successiva richiesta avente
contenuto patrimoniale. E’ consentito chiedere solo la modifica della disciplina
dei rapporti personali e l’affido della prole.
2. per poter chiedere un aumento dell’assegno
divorzile è necessario che il coniuge che lo sta pagando abbia fatto una
carriera “prevedibile” sulla quale l’altro coniuge aveva proiettato le proprie
aspettative in costanza di matrimonio. Così ad es. se il coniuge impiegato
diventa dirigente a raddoppia i propri redditi è possibile chiedere un
adeguamento dell’assegno divorzile pagato all’altro ex coniuge. Se invece l’ex
coniuge che sta pagando l’assegno faceva il portiere di un condominio e poi
vince al totocalcio una somma ingente non è possibile chiedere un aumento
dell’assegno divorzile perchè l’altro coniuge, durante il matrimonio, non aveva
maturato alcuna aspettativa di migliorare il proprio benessere economico sulla
base di una previsione del verificarsi di una simile eventualità.
PERCHÉ É POSSIBILE OTTENERE LA MODIFICA DELL’ASSEGNO
E DELLE ALTRE CONDIZIONI DELLA SEPARAZIONE E DEL DIVORZIO DOPO CHE LE RELATIVE
PROCEDURE SONO TERMINATE ED É STATO EMESSO IL PROVVEDIMENTO FINALE
La disciplina della separazione differisce
sostanzialmente da quella della cause ordinarie.
Nelle cause ordinarie, l’interesse del legislatore è
quello di assicurare la c.d. certezza del diritto, pertanto è previsto che una
sentenza “passata in giudicato” (cioè che ha subito il vaglio della Corte di
Appello e della Corte di Cassazione, oppure non è stata impugnata entro i
termini stabiliti dalla legge), non possa mai essere modificata. É una soluzione
che deriva dall’antico diritto romano. I giuristi latini dicevano che una
sentenza passata in giudicato fa “de albo nigro”, cioè se una cosa è bianca ma
passa in giudicato una sentenza che afferma che quella cosa è nera, quella cosa
sarà giuridicamente nera per sempre, anche se appare ed è bianca.
Facciamo un esempio: immaginiamo che un condòmino
abbia avuto il possesso continuato e ininterrotto di una soffitta per 20 anni e
pertanto ritenga di averla usucapita e che un altro condomino ritenga di aver
fatto la stessa cosa. Sorge una lite, il primo vince la causa e il secondo non
appella, oppure la sentenza di primo grado viene confermata sia in Corte di
Appello, sia in Corte di Cassazione. In questo caso la sentenza “passa in
giudicato” e non potrà mai essere modificata, nemmeno se è frutto di un errore.
(Con la sola eccezione dell’ipotesi del rinvenimento di prove che la sentenza fu
frutto di corruzione).
Perchè l’ordinamento ha previsto questa soluzione?
Perchè se così non fosse, cioè se si potesse mettere
sempre in discussione le sentenze per un tempo indefinito, nell’esempio, il
condòmino che ha vinto la causa non potrebbe vendere la soffitta della quale gli
è stata riconosciuta la proprietà a terzi, perché il terzo acquirente non si
fiderebbe a comperarla se fosse possibile perderla solo che la sentenza che ha
riconosciuto il diritto di proprietà in capo al suo dante causa (chi gli vende
la soffitta) potesse essere messa di nuovo in discussione.
Se le sentenze delle cause ordinarie non fossero
destinate a passare in giudicato e a fare “de albo nigro”, ogni diritto di
proprietà riconosciuto da una sentenza sarebbe virtuale e a rischio e questo
renderebbe impossibili gli scambi commerciali e la stessa creazione di ricchezza
nel paese.
Per evitare questo problema l’ordinamento prevede
che, come detto, nelle cause ordinarie le sentenze passate in giudicato non
possono più essere messe in discussione da alcuno, nemmeno se sono sbagliate. Se
sono sbagliate, prima del passaggio in giudicato possono essere riesaminate
dalla Corte di Appello ma solo entro stretti termini (1 mese se notificata
oppure 6 mesi) da quando sono state emesse dal Tribunale, se si ritiene che sia
sbagliata la sentenza della Corte di Appello si può chiedere in stretti termini
che tale sentenza sia cassata dalla Corte di Cassazione. Una volta che la Corte
di Cassazione ha deciso, oppure una volta che sono decorsi i termini per
impugnare, tale sentenza passa in giudicato e non può essere, come detto, messa
in discussione nemmeno se è sbagliata.
In questo modo i cittadini hanno la c.d. certezza del
diritto e possono -per rimanere nell’esempio- comperare la soffitta avendo la
certezza di conseguire definitivamente la proprietà della stessa.
Tale soluzione invece è del tutto inadatta a
disciplinare gli eventi in continuo divenire della vita di una famiglia. I figli
crescono e se quando erano piccoli si dovevano portare solo al parco e nutrirli,
quando diventano adolescenti hanno la necessità di comperare il ciclomotore,
pagare le bollette del telefonino, le discoteche, i pub, le tasse universitarie
etc. è fisiologico che i figli, crescendo, aumentino le proprie necessità. Per
contro, anche i genitori in genere fanno carriera e pertanto vanno incontro a
redditi maggiori. Se nelle procedure speciali di separazione e di divorzio si
applicasse la regola delle cause ordinarie, secondo la quale le sentenze passate
in giudicato diventano immodificabili, avremmo degli assegni di mantenimento
determinati sulla base dei redditi che l’obbligato aveva all’inizio della
carriera anche dopo 20 anni quando l’obbligato ha ad. es. raddoppiato i propri
redditi e i suoi figli hanno raddoppiato le proprie esigenze. Tale sentenza
sarebbe del tutto inadeguata a disciplinare una situazione di fatto
completamente mutata.
Per questo motivo l’ordinamento affida la disciplina
delle procedure di separazione e di divorzio non alla normativa ordinaria ma ad
una normativa detta speciale che prevede che sia sempre possibile chiedere la
modifica ad es. degli assegni e un numero illimitato di volte a condizione che
effettivamente, in un tempo successivo al passaggio in giudicato della sentenza,
si siano modificate le condizioni patrimoniali della famiglia che giustifichino
tali modificazioni della sentenza precedente.
Pertanto:
QUANDO É POSSIBILE CHIEDERE UNA MODIFICA DELLE
CONDIZIONI DI SEPARAZIONE O DI DIVORZIO?
Come detto, solo se e quando si sono modificati i
rapporti personali della coppia (ad es. se un genitore trascura o maltratta i
figli), oppure quelli patrimoniali. Nel caso in cui questi ultimi abbiano subito
un detrimento, perché l’obbligato possa chiedere una riduzione degli assegni che
è tenuto a pagare, il peggioramento delle proprie condizioni economiche deve
essere avvenuto per cause non imputabili alla propria volontà. Ad es. se
l’obbligato alla corresponsione dell’assegno si licenzia volontariamente non può
per questo motivo chiedere di essere sollevato dall’obbligo di pagare. Se invece
viene licenziato può chiedere di essere sollevato da tale obbligo.
É prevista dalla normativa una particolare procedura
per ottenere modificazione dell’ultimo provvedimento nella separazione e nel
divorzio.
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