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CAPITOLO 6) SEPARAZIONE DEI BENI E REGIME PATRIMONIALE DELLA FAMIGLIA
REGIME DELLA SEPARAZIONE DEI BENI E DELLA COMUNIONE
DEI BENI
Quando una coppia si sposa, può dichiarare
all’Ufficiale di stato di Civile o al celebrante ecclesiastico del matrimonio,
di scegliere come regime patrimoniale della famiglia quello della separazione
dei beni, in base al quale gli acquisti successivi al matrimonio spettano al
100% in capo al coniuge acquirente.
Se nessuna scelta viene effettuata, gli
sposi ricadono ope legis nel regime patrimoniale della comunione dei beni.
Il regime patrimoniale della comunione dei beni
stabilisce che (art.lo 177 c.c.) “gli acquisti” (cioè il conseguimento del
diritto di proprietà di una cosa verso il corrispettivo di un prezzo -art.lo
1470 c.c.-) successivi al matrimonio ricadono ope legis in comproprietà per pari
quota (quindi al 50%) in capo ai coniugi.
Se uno dei due ad esempio si reca da solo da un notaio
e compera una casa (dopo il matrimonio in comunione dei beni) e intesta la casa
solo a se, facendo apparire sul contratto solo il suo nome come parte
acquirente, quella casa sarà per legge in comproprietà tra i coniugi. l’altro
coniuge è comproprietario al 50%.
gli altri beni che ricadono in comunione sono:
(l’art.lo 177):
b) i frutti dei beni propri di ciascuno dei coniugi,
percepiti e non consumati allo scioglimento della comunione [191] ;
c) i proventi dell'attività separata di ciascuno dei
coniugi se, allo scioglimento della comunione, non siano stati consumati;
d) le aziende gestite da entrambi i coniugi e
costituite dopo il matrimonio [181, 191]. leggi qui l’intero art.lo 177 c.c.
COSA SUCCEDE AL REGIME PATRIMONIALE DELLA COMUNIONE
DEI BENI SE MI SEPARO?
Dopo la separazione, le coppie che erano in comunione
dei beni ricadono nel regime patrimoniale della separazione dei beni.
Come prima detto, i separati sono ancora marito e moglie ma il regime patrimoniale muta in quello della separazione dei beni, pertanto tutti gli acquisti successivi alla separazione ricadranno in proprietà esclusiva in capo all’acquirente.
Per le
coppie che si trovavano nel regime di separazione dei beni, per averlo scelto al
momento del matrimonio o per averlo mutato per atto notarile successivamente,
con la separazione, relativamente al regime patrimoniale, non cambia
evidentemente niente.
SE SONO IN REGIME DI COMUNIONE DEI BENI E MI SEPARO,
QUANDO POSSO EFFETTUARE UN
ACQUISTO SENZA CHE QUESTO RICADA ANCHE NELLA SFERA
PATRIMONIALE DELL’ALTRO CONIUGE?
Dal 1975 al 2015 la legge prevedeva che il mutamento
del regime di comunione dei beni per i separati si verificasse solo con il
passaggio in giudicato della sentenza di separazione giudiziale o con
l’omologazione della separazione consensuale.
La Legge 6 maggio 2015, n. 55 (GU n.107 del 11-5-2015) ha innovato tale termine modificando l’art.lo 191 del codice civile e stabilendo che «Nel caso di separazione personale, la comunione tra i coniugi si scioglie nel momento in cui il presidente del tribunale autorizza i coniugi a vivere separati, ovvero alla data di sottoscrizione del processo verbale di separazione consensuale dei coniugi dinanzi al presidente, purché omologato.
L'ordinanza con
la quale i coniugi sono autorizzati a vivere separati e' comunicata
all'ufficiale dello stato civile ai fini dell'annotazione dello scioglimento
della comunione».
Le parole “purché omologato” significano che se la
procedura non si perfeziona e si estingue senza l’omologazione (perché ad. es.
il collegio trova inadatte le pattuizioni dei coniugi sull’affidamento dei figli
o sulla misura degli assegni per concorrere al mantenimento di questi), gli
acquisti successivi al momento in cui il giudice autorizza a vivere separati i
coniugi ricadono comunque in comunione. Pertanto è bene effettuare acquisti
importanti solo dopo l’omologazione se si vuole essere certi che non ricadano al
50% in comproprietà con l’altro coniuge.
I BENI CHE ERANO MIEI PRIMA DEL MATRIMONIO DOPO IL
MATRIMONIO RIMANGONO MIEI O RICADONO IN COMUNIONE?
non ricadono in comunione (art.lo 179) e sono beni
personali del coniuge:
a) i beni di cui, prima del matrimonio, il coniuge era
proprietario;
b) i beni acquisiti per donazione [769] o successione
[456],
c) i beni di uso strettamente personale;
d) i beni che servono all'esercizio della professione
[2084, 2222]del coniuge,
e) i beni ottenuti a titolo di risarcimento del danno;
f) i beni acquisiti con il prezzo del trasferimento
dei beni personali sopraelencati a particolari condizioni leggi qui l’intero
art.lo 179 c.c.
I BENI CHE ABBIAMO ACQUISTATO DURANTE IL MATRIMONIO
NEL REGIME DI COMUNIONE LEGALE DEI BENI, COME VENGONO DIVISI DOPO LA
SEPARAZIONE?
La comunione legale dei beni non è solo la condizione
giuridica che consente ad un coniuge di diventare comproprietario al 50% degli
acquisti effettuati dall’altro coniuge, ma anche una disciplina a cui sono
assoggettati i beni acquistati.
Tale disciplina è definita dagli art.li 180 c.c.
s.s., che stabiliscono come amministrare tali beni per volgerli alla
soddisfazione delle esigenze della famiglia: ad es. è stabilito che gli atti
eccedenti l’ordinaria amministrazione spettano congiuntamente ad entrambi i
coniugi che quindi non possono individualmente disporne, se un coniuge li cede a
terzi senza avvertire l’altro, tale atto di cessione è annullabile ex art.lo 184
c.c.; viene stabilito di quali crediti rispondono etc..
Con la separazione, il regime patrimoniale della
famiglia muta ope legis (art.lo 191 c.c.) da quello della comunione legale dei
beni a quello della separazione dei beni e la comunione si scioglie.
I beni che erano ricaduti al 50% in comproprietà per
acquisto fattone da uno dei coniugi durante il matrimonio nel regime di
comunione legale dei beni, prima della separazione erano disciplinati dalle
regole sulla comunione legale dei beni sopra accennate, dopo la separazione
invece sono soggetti alla diversa disciplina della comunione ordinaria (art.li
1100 c.c. s.s.).
La disciplina della comunione ordinaria dei beni
prevede che i comproprietari ordinari detti anche tecnicamente comunisti,
possono accordarsi sulla destinazione da dare ai beni ad es. locarli a terzi e
dividersi il ricavato, oppure vendere i beni in comproprietà sul libero mercato
e dividersi il prezzo conseguito.
La stessa disciplina prevede che se i coniugi
comproprietari ordinari non si accordano sulla destinazione dei beni in
comproprietà, ciascuno dei due coniugi, anche contro la volontà dell’altro,
possa chiedere al giudice di disporre la c.d. divisione coattiva del bene
(art.lo 1111 c.c.) che verrà pertanto venduto alle aste pubbliche, trasformato
così in denaro ed il ricavato verrà poi consegnato ai comproprietari in ragione
delle rispettive quote di comproprietà che avevano sul bene.
Tale soluzione il legislatore ha stabilito perchè se
il comproprietario ordinario non potesse disporre del bene se non accordandosi
con l’altro o gli altri comproprietari, quel bene potrebbe diventare di fatto
inutilizzabile e non potrebbe entrare nel mercato e concorrere con gli scambi
commerciali alla creazione di ricchezza soddisfacendo così la funzione della
proprietà prevista dalla Costituzione.
SE IO C’HO MESSO SOLDI MIEI PER COMPERARE COSE CHE PER
IL FATTO DELLA COMUNIONE SONO ORA ANCHE DELL’ALTRO CONIUGE, LI POSSO RIAVERE?
L’art.lo 192 c.c. stabilisce che “ciascuno dei coniugi
può richiedere la restituzione delle somme prelevate dal patrimonio personale
[179] ed impiegate in spese ed investimenti del patrimonio comune. (Non i
redditi da lavoro che non derivano dal “patrimonio personale” e che se non
consumati finiscono nella “communo de residuo” e vanno divisi in parti uguali
art.lo 177, 178 c.c. e 194 c.c.).
Tuttavia in questi casi c’è in genere un problema
probatorio. In assenza di un documento che provi il contrario, si presuppone che
i soldi offerti da un coniuge per la formazione del patrimonio dell’altro
abbiano formato oggetto di una donazione indiretta non ripetibile (dal latino
repeto = chiedo indietro). Se si può dimostrare che mancava la volontà del
donante di offrire per spirito di liberalità tali somme, queste possono essere
chieste in restituzione.
Simmetricamente “Ciascuno dei coniugi è tenuto a rimborsare alla comunione le somme prelevate dal patrimonio comune per fini diversi dall'adempimento delle obbligazioni previste dall'articolo 186” (spese necessarie per il mantenimento della famiglia).
Quindi se un coniuge ha
prelevato dal patrimonio comune delle somme per soddisfare propri voluttuari
desideri è tenuto a restituire tali somme alla comunione.
I rimborsi e le restituzioni si effettuano al momento
dello scioglimento della comunione. leggi qui l’intero art.lo 192 c.c.
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