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INDICE

 

CAPITOLO  9) LE TASSE E LE AGEVOLAZIONI FISCALI NELLA SEPARAZIONE


CAPITOLO  9) LE TASSE E LE AGEVOLAZIONI FISCALI NELLA SEPARAZIONE

 


DEVO PAGARE LE TASSE SUGLI ASSEGNI CHE RICEVO PER IL CONTRIBUTO AL MIO MANTENIMENTO?

L’assegno per concorrere al mantenimento del coniuge è considerato un reddito di quest’ultimo dalla legge fiscale e pertanto il coniuge beneficiario (cioè chi riceve l’assegno) è tenuto a dichiarare tale reddito e a pagare le tasse su quel reddito. Infatti la cifra pagata a titolo di assegno per il mantenimento del coniuge è una risorsa che il beneficiario che la riceve volge alla cura dei propri personali interessi e pertanto rappresenta per lui un guadagno.


SE PAGO UN ASSEGNO PER CONCORRERE AL MANTENIMENTO DELL’ALTRO CONIUGE POSSO SCARICARLO DALL’IMPONIBILE?

Si, per il coniuge che paga un assegno all’altro tale corresponsione rappresenta una spesa che la legge fiscale consente di detrarre dall’imponibile.
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LA SEPARAZIONE SIMULATA

La combinazione delle due fattispecie esposte nei due paragrafi precedenti genera il fenomeno della c.d. separazione simulata: due coniugi si separano non perchè litigano ma per pagare meno tesse.
Facciamo un esempio semplificato.
Immaginiamo che ci sono due aliquote fiscali una al 25% per redditi fino a 50.000,00 € annui e una al 50% per redditi superiori a 50.000,00 € annui.

Il marito guadagna 100.000,00 € l’anno e la moglie è casalinga senza redditi. Il marito deve pagare le tasse in base alla massima aliquota e dunque perde il 50% dei propri guadagni in tasse. Egli allora si separa simulatamente dalla propria moglie alla quale paga un assegno di mantenimento di 50.000,00 € l’anno. In questo modo i coniugi dichiarano entrambi un guadagnano di 50.000,00 € (il marito guadagna 100.000,00 € ma si scarica i 50.000,00 € che da alla moglie dichiarando pertanto 50.000,00 € di guadagni mentre la moglie dichiara i 50.000,00 che riceve dal marito). Entrambi i coniugi pagheranno le tasse in base alla aliquota inferiore del 25% e non quella del 50%, con un risparmio di 25.000,00 € l’anno.
Questo è un esempio semplificato, in realtà le aliquote sono più di due e a scaglioni, ma la logica è la stessa: dividiamo i redditi dichiarati e applichiamo in questo modo l’aliquota inferiore, pagando molte meno tasse.
Tale soluzione è vietata dall’ordinamento ma è ovviante impossibile sapere se i coniugi si sono separati perchè litigano per davvero oppure no.
Questo insieme di circostanze genera il fenomeno della separazione simulata.

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CHI PAGA LE TASSE SUGLI ASSEGNI PER IL CONTRIBUTO AL MANTENIMENTO DEI FIGLI MINORENNI CHE PERCEPISCO IO COAFFIDATARIA?

Gli assegni per concorrere al mantenimento dei figli versati da un coniuge all’altro non vengono, per ovvi motivi, considerati come un reddito del beneficiario che è tenuto a volgere tali somme alla cura degli interessi della prole e non può usarli per se.
Pertanto la legge stabilisce che le tasse su tali assegni le paga ab origine il coniuge che guadagna tali somme che poi versa all’altro a titolo di assegno di mantenimento dei figli.

Dunque il beneficiario degli assegni per concorrere al mantenimento dei figli (colui che li riceve e li deve volgere alla cura degli interessi dei figli) riceve sempre una somma netta, sulla quale non deve pagare alcuna tassa.


CHI PAGA LE TASSE SUI TRASFERIMENTI IMMOBILIARI
CHE COMPONGONO I RAPPORTI PATRIMONIALI NELLA SEPARAZIONE?


Come abbiamo visto, è possibile accordarsi per comporre i rapporti patrimoniali della coppia nella separazione e nel divorzio mediante il trasferimento di proprietà piene o di quote di comproprietà su immobili.
l’art.lo 19 legge 6 marzo 1987 n. 74 stabilisce che Tutti gli atti, i documenti ed i provvedimenti relativi al procedimento di scioglimento del matrimonio o di cessazione degli effetti civili del matrimonio sono esenti dall'imposta di bollo, di registro e da ogni altra tassa.
La Corte di Cassazione, con sentenza n.2347/2001, ha ritenuto esteso alla separazione l’esenzione fiscale prevista per gli atti del divorzio anche con riferimento al trasferimento di proprietà immobiliari verso i figli se sono volte alla composizione dei rapporti patrimoniali della famiglia nella separazione.

É pertanto possibile inserire nelle pattuizioni che regolano i rapporti patrimoniali nella separazione consensuale e nelle procedure consensuali di divorzio il trasferimento di proprietà immobiliari volto alla composizione complessiva di tali rapporti per fruire della completa detassazione su detti trasferimenti.

Tale soluzione è vietata nella separazione davanti all’Ufficiale di Stato Civile ed è consentita in tutte le altre procedure di separazione di tipo consensuale.

Non è possibile chiedere la giudice di imporre d’imperio, nei giudizi di separazione giudiziale il trasferimento della proprietà di un immobile contro la volontà del coniuge proprietario per comporre i rapporti patrimoniali della coppia.

Riassumendo: le tasse su tali trasferimenti semplicemente non devono esse pagate, ma è necessario titolare preventivamente tali trasferimenti negli atti della separazione consensuale come “componimento dei rapporti patrimoniali della coppia nella separazione” altrimenti il notaio che eseguirà tali trasferimenti non potrà invocare l’applicazione dell’ art.lo 19 legge 6 marzo 1987 n. 74. per ottenere lo sgravio.


CHI HA DIRITTO DI INCASSARE GLI ASSEGNI FAMILIARI?

Gli assegni familiari devono essere versati al 50% al coniuge coaffidatario della prole (in caso di affido condiviso) e al 100% al coniuge affidatario esclusivo della prole.
Pertanto se a percepirli è l’altro coniuge questi li dovrà versare, nelle misure indicate, all’altro genitore.


Quanto segue, con riferimento alla dichiarazione dei redditi ed alle possibili detrazioni e deduzioni sono informazioni sommarie ed orientative non occupandosi lo Studio Legale della redazione della dichiarazione dei redditi, che è materia di specifica competenza professionale dei Dottori Commercialisti.


LE DETRAZIONI PER I FAMILIARI A CARICO

(sono tali i familiari conviventi che guadagnano meno di € 2.840,51 lordi. I figli e il coniuge separato che si trovino nella detta condizione anche se non conviventi; il coniuge divorziato non può essere considerato familiare a carico).
La detrazione per i figli, in costanza di matrimonio, compete al 50% a ciascun genitore.

In caso di separazione legale o di scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio la detrazione può spettare: o nella misura del 50% per ciascuno dei genitori o nella misura del 100% al genitore che presenti il reddito complessivo di ammontare più elevato, se i coniugi si sono accordati prevedendo una di queste due soluzioni nell’atto di separazione o di divorzio di natura consensuale.

Se genitori non si sono accordati, le detrazioni spettano:

1. nella misura del 100% al genitore affidatario esclusivo della prole;
2. nella misura del 50% per ciascuno dei genitori affidatari in caso di affidamento condiviso;

Se l’affidatario o il coaffidatario abbia un reddito tale da non consentirgli di usufruire in tutto o in parte della detrazione spettantegli per i figli a carico, la detrazione medesima è attribuita per intero (100%) all’altro genitore, il quale è obbligato a riversare al primo il 50% della detrazione stessa, in caso di affido condiviso e il 100% in caso di affido esclusivo.
É salvo il diverso accordo intervenuto fra i genitori medesimi (Circolare n.34/E del 04 aprile 2008).


LE SPESE SOSTENUTE PER I FIGLI

Le detrazioni per le spese mediche, di istruzione, assicurazioni, ecc. sostenute nell’interesse dei figli competono al genitore di cui essi risultano a carico ai fini Irpef.
I coniugi possono decidere di far dedurre le spese al genitore che le ha effettivamente sostenute.


CONTRIBUTO CASA

Sono deducibili le somme corrisposte per il pagamento del canone di locazione e condominiali dell’immobile del coniuge separato (Circolare 17/2015 Agenzia delle Entrate)


ACCOLLO DEL MUTUO DEL CONIUGE SEPARATO

Sono deducibili le somme corrisposte per l’estinzione mediante accollo del mutuo dell’ex coniuge, purché di ammontare pari all’assegno di mantenimento stabilito dal Giudice. (Corte di Cassazione, Ordinanza n. 6794 del 2 aprile 2015).



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