Poiché
durante
il
matrimonio
i
coniugi
sono
obbligati
alla
convivenza
(art.lo
143
c.c.),
è
necessaria
la
separazione
per
potersi
allontanare
legittimamente
dall’altro coniuge.
Se
ci
si
allontana
senza
avere
eseguito
la
separazione,
si
commette
un
c.d.
illecito
civile
(il
relativo
reato
penale
è
stato
abrogato)
punito
con
l’addebito
che
provoca
la
perdita
dei
diritti
successori
sussistenti
nei
confronti
dell’altro
coniuge
e
la
perdita
del
diritto
a
ricevere
dallo
stesso
un
assegno
di
mantenimento.
La
separazione
fondata
sul
consenso
,
cioè
possibile
solo
ove
ci
sia
un
accordo
di
entrambi
i
coniugi,
è
di
5
tipi
:
1)
la
separazione
di
fatto
.
È
un
tipo
di
separazione
personale
dei
coniugi
fondata
sul
consenso
reciproco
ad
allontanarsi
l’uno
dall’altro
per
un
periodo
di
tempo.
Tale
consenso
non
deve
essere
comunicato
ad
alcun
terzo per perfezionarsi.
La
separazione
di
fatto,
a
differenza
delle
altre
4
indicate
nei
successivi
punti,
non
fa
decorrere
i
termini
per
chiedere
il
divorzio,
pertanto
i
coniugi
non
possono
divorziare
nemmeno
dopo
10
anni
di
separazione di fatto.
Non
sono
previsti
assegni
di
mantenimento,
né
affidamento
della
prole
o
assegnazione
della
casa
coniugale.
La
disciplina
dei
rapporti
personali
e
patrimoniali
è
quella
dettata
per il matrimonio.
È
sempre
bene
scambiarsi
una
dichiarazione
scritta
per
poter
provare
la
sussistenza
d
e
l
l
’
a
c
c
o
r
d
o
s
u
l
l
’
a
l
l
o
n
t
a
n
a
m
e
n
t
o
,
altrimenti
in
un
successivo
giudizio
contenzioso
l’altro
coniuge
potrebbe
sostenere
che
non
c’era
l’accordo
sull’allontanamento
e
chiedere
che
sia
disposto,
per
questo
motivo,
l’addebito
della
separazione
nei confronti dell’altro.
2.
La
separazione
consensuale
su
istanza
di
parte
.
E’
una
procedura
che
si
svolge
in
Tribunale.
E’
iniziata
da
uno
solo
dei
coniugi
(art.
711
comma
2
c.p.c.)
in
assenza
dell’accordo
sulla
disciplina
dei
rapporti,
con
l’invito
all’altro
coniuge
di
presentarsi
in
tribunale,
all’udienza
da
questo
fissata,
per
tentare
di
trovare
ivi
un
accordo
con
l’ausilio
del
giudice.
Questo
istituto
è
scarsamente
utilizzato.
La
separazione
è
un
diritto
che
può
essere
esercitato
indipendentemente
dal
consenso dell’altro coniuge.
La
separazione
giudiziale
è
lo
strumento
che
consente
al
cittadino
di
separarsi
contro
la
volontà
dell’altro coniuge
.
A
dettare
la
disciplina
dei
rapporti
patrimoniali
e
personali
della
coppia,
in
questa
ipotesi
in
cui
manca
l’accordo
dei
coniugi,
è
il
giudice.
I
coniugi
sono
obbligati
al
rispetto
della
disciplina
dettata
dal
giudice.
In
costanza
di
matrimonio
la
legge
stabilisce
solo
in
via
generica
che
i
coniugi
devono
contribuire
ai
bisogni
della
famiglia,
mentre
la
disciplina
p
a
r
t
i
c
o
l
a
r
e
g
g
i
a
t
a
quotidiana
dei
rapporti
della
coppia
è
frutto
di
un
accordo
tra
i
coniugi
stessi
che si rinnova ogni giorno.
Lo
scopo
di
una
disciplina
particolareggiata,
decisa
dal
giudice,
che
detta
regole
che
disciplinano
la
quotidianità
(es.
“il
marito
terrà
con
se
la
prole
dalle
ore”
)
e
che
i
coniugi
sono
obbligati
a
rispettare,
è
quello
di
sollevarli
dalla
necessità
di
trovare
quotidianamente
un
accordo
per
la
determinazione
dei
propri
rapporti,
in
un
momento
in
cui,
per
il
fatto
delle
liti,
non
sono
più
in
grado
di
farlo.
Poiché
il
giudice
non
conosce
i
coniugi,
per
poter
dettare
una
disciplina
che
regoli
correttamente
la
vita
degli
stessi,
deve
apprendere
le
loro
caratteristiche
reddituali
e
comportamentali.
Perché
ciò
possa
avvenire
è
prevista
una
fase
della
procedura
di
separazione
giudiziale
che
si
chiama
istruttoria
,
durante
la
quale
vengono
acquisiti,
per
l’appunto,
i
dati
che
consentono
al
giudice
di
emettere
una
sentenza ponderata.
L’istruttoria
può
essere
articolata
e
lunga
(Si
pensi
ad
esempio
all’ipotesi
che
ciascuno
dei
coniugi
si
contenda
l’affidamento
esclusivo
dei
figli
sostenendo
che
l’altro
coniuge
li
trascura
o
maltratta
e
per
dimostrarlo
chiede
di
ascoltare
più
testimoni,
cosa
che
avverrà
in
più
udienze
che
possono
essere
fissate
a
distanza
di
mesi
l’una
dall’altra.
Oppure che sia
NORMATIVA
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Con
il
divorzio
viene
sciolto
il
vincolo coniugale.
Se
i
separati
sono
ancora
marito
e
moglie,
i
divorziati non lo sono più.
Per
poter
divorziare
occorre
che
i
coniugi
siano
separati
ininterrottamente
(senza
alcuna
riconciliazione
intervenuta
medio
tempore)
da
6
mesi
se
la
separazione
è
stata
di
rito
consensuale
oppure
da
un
anno
se
la
separazione
è
stata
di
rito
giudiziale.
Il
termine
dei
6
mesi
o
12,
nei
due
casi,
decorre
dal
giorno
dell’incontro
dei
coniugi
con
il
presidente
del
Tribunale
o
un
suo
delegato
cioè
dalla
c.d.
udienza
presidenziale
nell’ambito
della
procedura
di
separazione
consensuale
o
giudiziale.
(In
entrambe
le
procedure
di
separazione
l’udienza
presidenziale
si
verifica
dopo
pochi
mesi
dalla
proposizione
della
domanda,
“entro
90
giorni
dal
deposito
del
ricorso”
stabilisce
la
legge,
ma
questo
termine
non
viene
sempre rispettato).
Nel
divorzio
congiunto,
come
nella
separazione
consensuale,
i
coniugi
separati
possono
avanzare
insieme
una
domanda
di
divorzio,
sulla
base
di
un
loro
accordo
che
determini
i
propri
rapporti
patrimoniali
e
personali
successivi
al
divorzio.
Come
nella
separazione
consensuale
il
Tribunale
verifica
la
corrispondenza
delle
condizioni
scelte
dai
coniugi
all’interesse
dei
figli
e
ove
riconosce
che
questa
sussiste
emette
sentenza
di
divorzio
conforme
alle
pattuizioni dei coniugi.
Tuttavia
c’è
una
differenza
sostanziale
tra
il
divorzio
a
domanda
congiunta
e
la
separazione
consensuale.
Nella
separazione
consensuale,
se
il
Tribunale
ravvisa
che
le
pattuizioni
proposte
dai
coniugi
non
sono
idonee
alla
cura
degli
interessi
dei
figli,
può
rifiutare
di
omologare
la
separazione
ed
estinguere
il
procedimento,
(lasciando
i
coniugi
privi
della
condizione
giuridica
della
separazione
che
avevano
cercato
di
ottenere),
ma
non
può
decidere
esso
stesso
d’imperio
una
disciplina
differente
rispetto
a
quella
proposta dai coniugi.
Pertanto
i
coniugi
che
iniziano
una
separazione
consensuale
potranno
non
ottenere
la
condizione
di
separati,
come
se
non
avessero
nemmeno
iniziato
il
procedimento,
se
il
tribunale
rifiuta
di
omologare
le
pattuizioni,
ma
non
si
troveranno
vincolati
ad
una
disciplina
differente
rispetto
a quella proposta.
Divorziare
è
un
diritto
che
un
coniuge
può
esercitare
anche
contro la volontà dell’altro.
La
procedura
di
divorzio
contenzioso
è
lo
strumento
che
l’ordinamento
ha
predisposto
per
consentire
al
cittadino
di
divorziare
contro
la volontà dell’altro coniuge.
Dopo
6
mesi
di
separazione
consensuale
o
12
di
giudiziale
un
coniuge
può
incardinare
una
procedura
di
divorzio
contenzioso,
contro
la volontà dell’altro.
Nel
divorzio
contenzioso
è
il
giudice
a
statuire
non
solo
il
fatto
del
divorzio
cioè
la
cessazione
del
matrimonio,
ma
anche
la
disciplina
dei
rapporti
patrimoniali
e
personali
successivi
al
divorzio
sulla
quale
i
coniugi
non
sono
riusciti ad accordarsi.
La
sentenza
“preliminare”
che
stabilisce
il
solo
fatto
del
divorzio
(c.d.
sentenza
parziale
sullo
status)
e
che
consente
agli
ex
coniugi
di
risposarsi,
(dopo
il
passaggio
in
giudicato
della
stessa),
viene
emessa
rapidamente,
dopo
pochi
mesi
dalla
proposizione
della
domanda.
Il
giudizio
di
divorzio
contenzioso
poi
prosegue
con
la
fase
istruttoria
che
può
durare
anni,
perché,
similmente
alla
separazione
giudiziale,
essendo
un
giudice
a
dover
decidere
la
disciplina
dei
rapporti
della
coppia
al
posto
della
coppia,
non
conoscendo
i
coniugi,
ha
bisogno
di
acquisire
i
dati
necessari
a
consentire
una
corretta
espressione
di
tale
disciplina.
La
fase
di
acquisizione
di
questi
dati
che
si
chiama
istruttoria
può
essere
lunga
per
i
motivi
spiegati
nella
colonna
“separazione
giudiziale”.
La
procedura
di
divorzio
è
una
procedura
distinta
da
quella
di
separazione,
non
è
il
completamento
di
quella
di
separazione
e
poiché
la
procedura
di
divorzio
ha
regole
specifiche
e
differenti
rispetto
a
quelle
della
separazione,
la
disciplina
della
separazione
non
viene
mantenuta
necessariamente
nel divorzio.
Nella
procedura
di
divorzio
vengono
infatti
prese
decisioni
nuove
sia
con
riferimento
all’affidamento
della
prole
sia
con
riferimento
alla
misura
degli
assegni.
Ciò
che
cambia,
fondamentalmente,
rispetto
alla
separazione
è
il
fatto
della
cessazione
del
matrimonio,
che
produce,
se
non
l’assoluta
estinzione
dei
legami
che
vi
furono
durante
il
matrimonio
tra
gli
ex
coniugi,
un
affievolimento
importante dei legami stessi.
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