INDICE DEL CAPITOLO
LA SEPARAZIONE GIUDIZIALE - LA FASE DI URGENZA - LA FASE ISTRUTTORIA - LA SENTENZA
Il presente capitolo è focalizzato sulla procedura di separazione giudiziale. Per avere maggiori
informazioni di tipo generico sull’istituto della separazione, sulle regole comuni alla separazione
consensuale e giudiziale, sulle sue caratteristiche funzioni e peculiarità ti suggeriamo di leggere i
capitoli precedenti che trovi
COS’È LA SEPARAZIONE GIUDIZIALE?
La
separazione
giudiziale
è
la
procedura
che
consente
ad
un
coniuge
di
separarsi
contro
la
volontà
dell’altro.
É
utilizzabile
nel
caso
in
cui
l’altro
coniuge
non
vuole
separarsi
o
non
vi
è
alcun
accordo
sulla
disciplina dei rapporti personali e patrimoniali successivi alla separazione.
La
separazione
coniugale
è
infatti
un
dritto
che
un
coniuge
può
esercitare
anche
contro
la
volontà
dell’altro
e
la
separazione
giudiziale
è
lo
specifico
strumento
previsto
dall’ordinamento
per
esercitare
tale
diritto.
Con questo procedimento, che si svolge in tribunale,
il giudice, su domanda di un coniuge
:
1
.
dispone la separazione (contro la volontà dell’altro coniuge) e
2
.
detta
egli
stesso
d’imperio
la
disciplina
dei
rapporti
della
famiglia
successivi
alla
separazione
(al
posto dei coniugi che su tale disciplina non si sono accordati).
A COSA SERVE LA DISCIPLINA DEI RAPPORTI DELLA COPPIA DETTATA D’IMPERIO DAL GIUDICE?
La
disciplina
cogente
(cioè
che
i
separati
sono
obbligati
a
rispettare,
sotto
pena
di
severe
sanzioni
)
dei
rapporti
personali
e
patrimoniali
dei
coniugi
(ad
es.
chi
paga,
cosa,
con
chi
stanno
i
figli,
quando)
serve
a
sollevarli
dalla
necessità
di
trovare
un
accordo
quotidiano
su
detti
rapporti
nel
momento
in
cui,
per il fatto delle liti, non sono più in grado di farlo.
Ad
ognuno
dei
coniugi
basterà
pretendere
il
rispetto
della
disciplina
stabilita
dal
giudice,
se
necessario giudizialmente, per evitare il proseguimento di liti e iscussioni.
QUANTE PROCEDURE SONO PREVISTE DALL’ORDINAMENTO PER OTTENERE LO STATUS DI
SEPARATA/O, SE MANCA L’ACCORDO CON L’ALTRO CONIUGE?
A
differenza
delle
procedure
di
separazione
consensuale,
che
sono
5
,
è
previsto
dall’ordinamento
un
solo tipo
di procedura per potersi separare senza il consenso dell’altro coniuge: la separazione giudiziale.
E’ NECESSARIO ANDARE IN TRIBUNALE PER LA SEPARAZIONE GIUDIZIALE?
Sì.
A
differenza
di
alcune
procedure
di
tipo
consensuale
che
prevedono
la
possibilità
di
realizzare
lo
status
di
separata/o
recandosi
semplicemente
presso
il
proprio
avvocato,
senza
mai
andare
in
tribunale,
la
procedura
di
separazione
giudiziale,
essendo
disegnata
perché
sia
un
giudice
a
decidere
il
fatto
della
separazione
e
la
disciplina
dei
rapporti
della
coppia,
comporta
la
necessità
che
l’intera
procedura
si
svolga
necessariamente in tribunale.
POSSO ANDARE IN TRIBUNALE ED ESEGUIRE LA SEPARAZIONE GIUDIZIALE DA SOLA/O, SENZA
IL MINISTERO DI UN AVVOCATO?
No. La legge prevede che il coniuge che intenda separarsi con la procedura di separazione giudiziale debba
necessariamente incaricare un avvocato.
POSSIAMO DARE MANDATO AD UN SOLO AVVOCATO PER ENTRAMBI, PER CONTENERE I COSTI?
No.
La
legge
impone
che
un
coniuge,
se
intende
iniziare
la
procedura
di
separazione
giudiziale,
debba
incaricare
un
proprio
esclusivo
avvocato
e
l’altro
coniuge,
se
intende
esercitare
la
propria
difesa,
ne
debba
incaricare necessariamente uno differente.
COME FUNZIONA LA PROCEDURA DI SEPARAZIONE GIUDIZIALE?
Chi
vuole
separarsi
contro
la
volontà
dell’altro
coniuge
o
se
manca
con
questi
un
accordo
sulla
disciplina
dei
rapporti
successiva
alla
separazione
(ad
es.
manca
l’accordo
sulla
misura
degli
assegni
di
mantenimento
o
sui
tempi
di
permanenza
dei
figli
con
l’uno
e
l’altro
dei
genitori)
si
rivolge
ad
un
avvocato
il
quale
scrive
una
lettera
all’altro
coniuge
con
invito
ad
essere
contattato
(personalmente
o
per
il
tramite
di
un
legale
di
sua
fiducia)
e
l’avviso
che
in
difetto,
verrà
iniziata
una
procedura
di
separazione
giudiziale.
Una
volta
che
l’altro
coniuge
o
il
suo
avvocato
hanno
preso
contatti,
vengono
eseguite
delle
negoziazioni
nel
tentativo
di
trovare
un
accordo
che
consenta
ai
coniugi
di
accedere
ad
una
procedura
di
separazione
consensuale.
Gli
avvocati
infatti,
anche
se
incaricati
di
iniziare
un
procedura
di
separazione
giudiziale,
sono
deontologicamente
tenuti
a
verificare
se
è
comunque
possibile
evitare
ai
coniugi
i
costi
e
i
tempi
di
una
procedura
contenziosa
ed
ottenere
lo
stesso
risultato:
un
disciplina
dei
rapporti
della
coppia
che
soddisfi
i
propri
clienti,
fruendo
della
più
breve
ed
economica
procedura
di
separazione
consensuale.
Se
le
trattative
non
danno
buon
esito,
l’avvocato
incaricato
procede
a
redigere
un
ricorso
per
separazione
giudiziale
nel
quale
espone
i
fatti
per
cui
viene
chiesta
la
separazione:
la
c.d.
causa
petendi
,
con
l’indicazione
della
disciplina
dei
rapporti
della
coppia
che
si
chiede
al
giudice
di
disporre
nella
sentenza:
il
c.d.
petitum
.
Il
ricorso
si
deposita
in
tribunale,
la
causa
viene
attribuita
ad
un
giudice,
egli
fissa
l’udienza
di
prima
comparizione
delle
parti
e
ordina
al
ricorrente
(il
coniuge
che
ha
fatto
il
ricorso)
di
notificare
al
convento
(cioè
all’altro
coniuge
chiamato
in
tribunale)
il
ricorso
stesso
e
il
decreto
del
giudice
con
il
quale,
come
appena
detto,
quest’ultimo
ha
fissato
l’udienza
di
prima
comparizione:
la
c.d.
udienza
presidenziale
,
alla
quale i coniugi sono entrambi convocati.
COSA SUCCEDE SE L’ALTRO CONIUGE, CHE HA RICEVUTO LA NOTIFICA DEL RICORSO, NON SI
PRESENTA NEMMENO IN TRIBUNALE ?
Il
coniuge
convenuto,
al
quale
sia
stato
regolarmente
notificato
il
ricorso
(ed
il
pedissequo
decreto,
leggi
sopra)
non
è
obbligato
costituirsi
(cioè
ad
assumere
un
avvocato
che
eserciti
la
sua
difesa
in
tribunale).
Se
non
lo
fa,
in
sua
contumacia
se
non
costituito,
o
in
sua
assenza
se
costituito
ma
non
presente,
viene
comunque
eseguita
la
procedura
ed
all’esito
della
stessa
viene
emessa
una
sentenza
che
detto coniuge dovrà rispettare sotto pera di
severe sanzioni
.
QUALI DOCUMENTI DEVO PORTARE ALL’AVVOCATO PER INIZIARE LA SEPARAZIONE
GIUDIZIALE?
I c.d.
“certificati di rito”
che devono essere allegati alla domanda sono:
1
.
il certificato di residenza della moglie
2
.
il certificato di residenza del marito
3
.
il certificato di stato di famiglia della moglie
4
.
il certificato di stato di famiglia del marito
5
.
l’estratto dell’atto di matrimonio.
(tali
documenti
non
devono
necessariamente
essere
portarli
all’avvocato
perché
lo
stesso
può
procurarseli
autonomamente).
6
.
le ultime dichiarazioni dei redditi
Per
consentire
al
giudice
di
disciplinare
i
rapporti
patrimoniali
della
coppia,
cioè
di
determinare
la
misura
degli
assegni,
è
obbligatorio
leggi
l’art.lo
706
comma
3
c.p.c.
per
entrambe
le
parti,
depositare
le
ultime
dichiarazioni dei redditi che vanno portate in copia all’avvocato.
_____________________________________
La separazione giudiziale è divisa in due fasi:
A
.
una prima fase detta
fase d’urgenza
e
B
.
una seconda fase detta la
fase istruttoria
A COSA SERVE LA FASE DI URGENZA E QUELLA ISTRUTTORIA?
Se
il
giudice
conoscesse
una
delle
parti
potrebbe
favorirla.
Pertanto
il
giudice
è
un
terzo
che
deve
non
conoscere
le
parti.
(Se
ha
rapporti
di
amicizia
con
una
di
loro
può
essere
ricusato
dall’altra
e
sostituito
con
altro giudice imparziale).
Se
il
giudice
non
conosce
le
parti,
non
conosce
nemmeno
il
motivo
della
loro
lite.
Per
conoscere
il
motivo
della
loro
lite
allo
scopo
di
dirimerla
in
base
alla
legge
con
una
sentenza
che
le
parti
sono
obbligate
a
rispettare,
l’ordinamento
prevede
che
le
cause
(
ordinarie)
comincino
con
una
fase,
detta
istruttoria
,
durante
la
quale
il
giudice
viene
a
conoscenza
dei
fatti
che
hanno
causato
la
lite
e
acquisisce
i
dati sulla base dei quali stabilirà quale delle due parti abbia ragione.
Tuttavia
l’istruttoria
può
durare
anni:
si
pensi
al
caso
in
cui
debba
essere
disposta
una
CTU
(cioè
una
Consulenza
Tecnica
d’Ufficio)
o
debbano
essere
ascoltati
molti
testimoni
in
differenti
udienze
fissate
a
mesi di distanza.
Orbene
è
evidente
che
se
ci
sono
due
coniugi
in
lite
nello
stesso
appartamento
non
possono
aspettare
anni
perché
venga
completata
la
fase
istruttoria
ed
emesso
un
provvedimento
che
disponga
la
separazione e impedisca il degenerare delle loro liti.
Pertanto
la
normativa
della
separazione
giudiziale
è
affidata
non
alle
leggi
ordinarie
ma
ad
una
legge
speciale
che
prevede
che
il
giudice
emetta
immediatamente
una
disciplina
cogente
(cioè
che
i
coniugi
sono obbligati a rispettare) prima dell’istruttoria e che l’istruttoria cominci dopo.
Detta
disciplina
è
emessa
all’esito
della
“primissima”
udienza,
che
è
tenuta
dal
presidente
del
tribunale o un suo delegato ed è per questo detta
“
udienza presidenziale”
.
La
disciplina
cogente
emessa
nell’udienza
presidenziale
è
contenuta
in
un
primo
provvedimento
detto
ordinanza
provvisoria
o
ordinanza
presidenziale
(perché
la
emette
il
presidente
del
tribunale)
a
cognizione
sommaria
cioè
senza
una
conoscenza
approfondita
dei
fatti
di
causa,
secondo
il
prudente
apprezzamento
del
giudice,
sulla
base
del
solo
interrogatorio
delle
parti
eseguito
lo
stesso
giorno
dell’udienza presidenziale e delle sole prove disponibili in quel momento.
Come
detto,
la
normativa
che
disciplina
questa
prima
fase
è
voluta
dalla
necessità
di
separare
la
coppia
che
litiga
nello
stesso
appartamento,
ut
ne
cives
ad
arma
ruant,
il
più
rapidamente
possibile,
anche
al
costo
di
emettere
un
provvedimento
(l’ordinanza
provvisoria)
poco
ponderato.
Pertanto
questa
prima
fase
della
procedura
di
separazione
giudiziale
è
chiamata
fase
d’urgenza,
essendo
l’urgenza
lo
scopo
fondamentale
perseguito
dal
legislatore
in
questa
prima
parte
della
procedura
speciale
di
separazione
giudiziale.
Come
detto,
poiché
l’ordinanza
provvisoria
a
cognizione
sommaria
è
emessa
prima
dell’istruttoria
e
dunque
senza
aver
fatto
l’istruttoria,
può
essere
parzialmente
o
completamente
erronea:
il
giudice
ha
dovuto
decidere
in
fretta,
senza
avere
dati
completi.
Per
questo
motivo
la
Legge
prevede
che
detta
ordinanza
provvisoria
sia
destinata
a
disciplinare
solo
provvisoriamente
i
rapporti
della
coppia
(in
ciò
sta
il
nome
di
tale
atto)
e
ad
essere
sempre
sostituita
dalla
sentenza
finale,
emessa
quest’ultima
invece
all’esito
dell’istruttoria,
sulla
base
di
un
approfondito
esame
dei
fatti
di
causa
eseguito
durante
tale
seconda fase.
La
fase
di
urgenza
si
conclude
con
l’emissione
della
detta
ordinanza
provvisoria.
Poi
comincia
la
seconda fase detta
istruttoria
presso un nuovo giudice detto
giudice istruttore
.
QUANTO TEMPO OCCORRE PER OTTENERE L’ ORDINANZA PROVVISORIA?
L’ordinanza
provvisoria
deve
essere
emessa
all’esito
dell’udienza
presidenziale.
Quasi
sempre
viene
scritta
immediatamente
alla
fine
dell’udienza
stessa.
Può
accedere
che
il
giudice
si
riservi
e
che
sciolga
la
riserva
nei
7-30
giorni
successivi.
L’udienza
deve
avvenire
per
legge
entro
90
giorni
dalla
proposizione
della
domanda
leggi
l’art.lo
706
commma
3
c.p.c.
(tali
termini
stabiliti
dalla
legge
spesso
non
vengono
rispettati
dai tribunali che fissano l’udienza di prima comparizione ben oltre i 90 giorni dal deposito del ricorso).
ALL’UDIENZA PRESIDENZIALE POSSO MANDARE IL MIO AVVOCATO O DEVO ANDARE IO
PERSONALMENTE?
La
legge
stabilisce
che
all’udienza
presidenziale
i
coniugi
si
presentino
personalmente
davanti
al
giudice
leggi
l’art.lo
707
c.p.c.
,
pertanto
il
proprio
avvocato
non
potrà
presentarsi
e
tenere
tale
udienza
da
solo.
Se
la
parte
non
può
presentarsi
in
modo
scusabile,
(ad
es.
aveva
lo
stesso
giorno
un
urgente
visita
medica)
esibendo
documentazione
idonea
a
provare
tali
circostanze,
può
essere
chiesto
ed
ottenuto
un
rinvio
della
stessa udienza ad altra data.
E’
necessaria
la
presenza
personale
delle
parti
solo
in
occasione
dell’udienza
presidenziale,
mentre
in
tutte
le
altre
udienze
le
parti
(o
una
di
loro)
possono
non
essere
presenti,
salvo
il
caso
che
il
Giudice
abbia
espressamente disposto la loro comparizione.
COSA CONTIENE L’ORDINANZA PROVVISORIA?
l’ordinanza
provvisoria
contiene
un
ordine
dato
ad
un
coniuge
di
allontanarsi
dalla
casa
coniugale
per
realizzare
il
fatto
della
separazione,
una
disciplina
completa
dei
rapporti
personali
(viene
definito
l’affidamento
dei
figli)
e
patrimoniali
(vengono
disposti
gli
assegni
di
mantenimento
per
il
coniuge
meno
abbiente e per la prole, viene
assegnata la casa coniugale
).
UNA VOLTA EMESSO L’ORDINANZA PROVVISORIA SONO SEPARATA/O?
La
separazione
della
coppia
viene
dichiarata
con
un
atto
differente
dall’ordinanza
provvisoria:
la
sentenza
parziale
sullo
status
,
quasi
sempre
emessa
entro
pochi
giorni
dall’ordinanza
provvisoria
con
la
quale il giudice autorizza i coniugi a vivere separati.
La
sentenza
parziale
sullo
status
viene
anche
detta
“sentenza
non
definitiva”
leggi
l’art.lo
709
bis
c.p.c.
perché
non
definisce
il
giudizio
definitivamente,
limitandosi
a
statuire
solo
sullo
status
dei
coniugi,
stabilendo
la
separazione
degli
stessi.
Il
giudizio
infatti,
dopo
l’emissione
di
detta
sentenza,
prosegue
con
l’istruttoria,
all’esito
della
quale
viene
emessa
la
sentenza
c.d.
“definitiva”
che
contiene
la
disciplina
ponderata dei rapporti della coppia.
Il
motivo
per
cui
è
possibile
emettere
una
sentenza
parziale
sullo
status
prima
dell’istruttoria
è
nel
fatto
che
tutto
ciò
che
deve
accertare
il
giudice
per
emettere
tale
sentenza
è
il
fatto
del
matrimonio
(la
cui
prova
già
risulta
agli
atti,
essendo
obbligatorio
depositare
l’estratto
dell’atto
di
matrimonio
contestualmente
alla
proposizione
della
domanda),
la
volontà
di
almeno
un
coniuge
di
separarsi,
l’intollerabilità
della
prosecuzione
della
convivenza,
che
verifica
con
l’interrogatorio
delle
parti
nell’udienza presidenziale.
SE L’ORDINANZA PROVVISORIA CONTIENE UNA DISCIPLINA CHE IO RITENGO LESIVA DEGLI
INTERESSI MIEI O DELLA PROLE POSSO IMPUGNARLO?
Si,
entro
il
termine
di
10
giorni
dalla
notificazione
del
provvedimento
che
dovesse
effettuare
la
controparte,
presso
il
differente
organo
giudiziario
della
Corte
di
Appello,
posso
effettuare
un
impugnazione che si chiama
reclamo immediato in Corte di Appello
.
leggi l’art.lo 708 commma 4 c.p.c,
.
La
corte
di
Appello
può
riformare
anche
totalmente
l’ordinanza
provvisoria,
emettendo
una
propria
ordinanza che si sostituisce d’imperio a quella emessa nella fase d’urgenza dal giudice del tribunale.
Il
giudizio
di
primo
grado,
dopo
la
decisione
della
Corte
di
Appello
sull’ordinanza
provvisoria,
prosegue in tribunale dove era cominciato ed è rimasto pendente durante il reclamo in Corte di Appello.
E’ IMPORTANTE IMPUGNARE L’ORDINANZA PROVVISORIA O NO,
VISTO CHE E’ PROVVISORIA E DESTINATA AD ESSERE SOSTITUITA DALLA SENTENZA?
Se
erronea
e
avversa
gli
interessi
della
parte
o
della
prole
è
meglio
impugnarla
subito,
perché
la
validità
dell’ordinanza
provvisoria
e
la
sua
disciplina,
che
i
coniugi
devono
osservare,
può
conservarsi
fino
alla sentenza, per tutta l’istruttoria a dunque
anche per anni
.
Il
giudice
istruttore
infatti,
in
assenza
di
una
modificazione
del
quadro
probatorio
dei
fatti
rappresentati
dalla
parti
in
fase
d’urgenza,
non
può
modificare,
per
un
ripensamento,
il
decreto
provvisorio
che
non
sia
stato
impugnato
in
Corte
di
Appello,
essendo
prevista
dalla
Legge
una
specifica
modalità di impugnazione di tale decisione.
SE IMPUGNO IN CORTE D’APPELLO L’ORDINANZA PROVVISORIA EMESSA DAL TRIBUNALE, POSSO
PORTARE NUOVE PROVE O RIFERIRE FATTI NUOVI CHE NON AVEVO SCRITTO NEL RICORSO
PRESENTATO AL GIUDICE DEL TRIBUNALE, PER CONVINCERE I GIUDICI DELLA CORTE DI APPELLO
DELLE MIE RAGIONI?
No.
Il
motivo
è
nel
fatto
che
un
principio
generale
dell’ordinamento
è
il
riconoscimento
al
cittadino
della
possibilità
di
impugnare
una
decisione
giurisdizionale
considerata
erronea
presso
altri
giudici,
come
garanzia contro gli errori giudiziari.
Se
in
Appello
chiedo
di
giudicare
fatti
nuovi
che
non
avevo
esposto
al
giudice
del
tribunale
e
pertanto
controparte
non
aveva
su
quelli
esercitato
alcuna
difesa
e
il
giudice
su
quelli
non
aveva
giudicato,
de
facto
chiedo
ai
giudici
della
Corte
di
Appello
di
giudicare
per
la
prima
volta
questi
nuovi
fatti.
Qualora
la
decisione
della
Corte
di
Appello
sia
erronea,
chi
subisce
le
conseguenze
di
tale
errore
non
può
più
appellare,
perché
non
è
prevista
dall’ordinamento
una
“Corte
di
Appello
della
Corte
di
Appello”
(la
Corte
di
Cassazione
non
è
un
organo
giurisdizionale
che
riesamina
il
merito)
e
si
avrebbe
pertanto
una
violazione del principio sopra enunciato.
L’ordinamento,
per
evitare
il
problema
descritto,
vieta
di
introdurre
nuovi
fatti
e
prove
a
conforto
degli
stessi
in
Corte
di
Appello
e
consente
solo
di
argomentare
ed
evidenziare
gli
errori
del
giudice
di
primo grado nel decidere, sugli stessi fatti e sulle stesse prove a lui offerte nella fase di urgenza.
COSA SUCCEDE DOPO LA FASE D’URGENZA?
Come
detto,
conclusa
la
fase
di
urgenza
comincia
la
fase
istruttoria
della
procedura
di
separazione
giudiziale
che
è
del
tutto
simile
a
quella
della
causa
ordinarie.
In
essa
verranno
acquisti
i
dati
che
consentiranno
al
giudice
di
emettere
una
sentenza
ponderata.
Si
potranno
ascoltare
testimoni,
chiedere
la
disposizione della CTU, l’esecuzione delle indagini della polizia tributaria, etc.
IL GIUDICE DEL TRIBUNALE, DURANTE L’ISTRUTTORIA, PUÒ MODIFICARE LA DECISIONE DELLA
CORTE D’APPELLO?
Si,
ma
solo
se,
successivamente
all’emissione
dell’ordinanza
della
Corte
di
Appello,
siano
intervenuti
fatti
nuovi
o
siano
state
acquisite
durante
l’istruttoria
prove
che
evidenziano
un’inadeguatezza
della
decisione
della
Corte
di
Appello
(che
è
presa
sulla
base
delle
sole
prove
disponibili
nella
fase
di
urgenza).
Altrimenti
è
efficacie
l’ordinanza
della
Corte
di
Appello
che
il
giudice
istruttore
non
può
modificare
se
la
ritiene semplicemente sbagliata.
IL GIUDICE DEL TRIBUNALE, DURANTE L’ISTRUTTORIA, PUÒ MODIFICARE LE PROPRIE DECISIONI
CON LE QUALI AVEVA MODIFICATO QUELLA DELLA CORTE DI APPELLO ?
se
gli
accertamenti
ulteriori
effettuati
durante
l’istruttoria
sono
modificativi
del
quadro
probatorio
disponibile
al
momento
in
cui
lo
stesso
giudice
ha
modificato
la
decisione
della
Corte
di
Appello
e
determinano
una
inadeguatezza
della
disciplina
contenuta
nel
proprio
provvedimento,
il
giudice
istruttore
può
modificare
la
propria
decisione
di
nuovo
e
un
numero
illimitato
di
volte,
in
qualunque
momento fino alla sentenza.
art.lo 709 c.p.c. ultimo comma
NEL DOMANDARE AL GIUDICE UNA MODIFICA DELL’ULTIMO PROVVEDIMENTO POSSO PORTARE
NUOVE PROVE O RIFERIRE FATTI NUOVI PER CONVINCERLO DELLE MIE RAGIONI,?
Nelle
cause
ordinarie
la
possibilità
di
proporre
nuove
prove
è
sottoposta
a
termini
c.d.
perentori,
oltre
i
quali
non
è
più
possibile
farlo,
perché
se
le
parti
avessero
la
facoltà
di
introdurre
nuove
prove
all’infinito
potrebbero
usare
questa
facoltà
per
scopi
dilatori
(cioè
per
ritardare
all’infinito
il
momento
dell’emissione
di
una
sentenza
che
temessero
sfavorevole
ai
loro
interessi).
Ugualmente
il
petitum
(cioè
il
provvedimento
richiesto
all’inizio
della
causa)
non
può
essere
modificato
(ma
solo
rinunciato
in
tutto
o
in
parte)
perché
se
fosse
possibile
modificarlo
durante
la
causa,
il
Tribunale
si
troverebbe
a
decidere
su
un
oggetto
virtualmente
indefinito
giacché
la
parte
che
si
rendesse
conto
di
avere
torto
potrebbe
posticipare
ad
libitum il momento della conclusione della causa, modificando il provvedimento richiesto all’infinito.
Nel
procedimento
speciale
di
separazione
invece
è
possibile
portare
nuove
prove
anche
dopo
la
scadenza
dei
termini
perentori
e
modificare
il
petitum
se
successivamente
all’inizio
della
causa
si
verificano
fatti
nuovi.
Ciò
in
quanto,
a
differenza
delle
cause
ordinare,
le
procedure
speciali
di
separazione
hanno
lo
scopo
di
disciplinare
situazioni
in
continuo
divenire.
(Ad
es.
se
nel
ricorso
iniziale
la
ricorrente
chiede
un
certo
assegno
di
mantenimento
e
il
marito
durante
la
causa
perde
il
lavoro
oppure
ha
una
promozione
e
guadagna
il
doppio,
non
ha
senso
proseguire
la
causa
vietando
alla
ricorrente
di
modificare
la
domanda
(cioè
il
petitum)
visto
che,
essendo
cambiati
i
presupposti,
una
determinazione
dell’assegno
fatta
sulla
base
delle
condizioni
che
avevano
i
coniugi
ad
inizio
causa
sarebbe
del
tutto
inadeguata
rispetto alla mutata situazione).
Come
detto,
la
facoltà
di
modificare
il
petitum
e
produrre
nuove
prove
a
conforto
dello
stesso
è
subordinata
all’ipotesi
che
nuovi
fatti
si
siano
verificati
successivamente
alla
proposizione
della
domanda
(avvenuta
all’inizio
della
causa).
Se
invece
nulla
è
cambiato
dall’inizio
della
causa
non
si
può
né
cambiare
il
petitum,
né
portare
nuove
prove
esattamente
come
nelle
cause
ordinarie.
Pertanto
è
importante
effettuare
un
lavoro
accurato
ed
esaustivo
nella
redazione
del
ricorso
introduttivo
della
procedura
giacché
è
in
realtà
raro
che
si
verifichino
eventi
della
vita
importanti
tali
da
modificare
gli
assetti
patrimoniali
della coppia durante il periodo relativamente breve (1 - 3 anni) dell’istruttoria.
QUANTO DURA LA FASE ISTRUTTORIA?
a
differenza
della
fase
d’urgenza
che
la
legge
stabilisce
che
si
debba
concludere
entro
90
giorni
dalla
proposizione
della
domanda,
leggi
l’art.lo
706
commma
3
c.p.c
,
la
durata
della
fase
istruttoria
non
è
determinata
dalla
legge
perché
potrebbe
essere
moto
breve
se
vi
è
la
necessità
di
effettuare
solo
accertamenti
limitati
o
molto
lunga
se
è
necessario
eseguire
estesi
accertamenti
(immaginiamo
se
occorre
una
CTU
cioè
una
consulenza
tecnica
d’ufficio
per
determinare
le
condizioni
psicologiche
dei
genitori
e
stabilire
il
tipo
di
affido
più
idoneo
alla
cura
degli
interessi
della
prole,
oppure
se
occorre
un’indagine
della
polizia
tributaria
per
verificare
i
reali
redditi
del
coniuge
più
abbiente
che
ad
es.
è
un
imprenditore
e
sussiste
l’ipotesi
di
dichiarazioni
fiscali
non
veritiere,
ipotesi
fondata
ad
es.
su
una
marcata
divergenza
tra
il
tenore
di
vita
sostenuto
e
i
redditi
dichiarati.
Oppure
se
occorre
ascoltare
più
testimoni,
ad
es.
sul
fatto
di
maltrattamenti
compiuti
in
famiglia
da
uno
dei
coniugi,
in
più
udienze
che
in
genere
vengono
fissate
a
distanza di mesi l’una dall’altra).
La fase istruttoria si conclude con una
sentenza
che definisce il giudizio.
POSSO FAR CESSARE LA CAUSA DI SEPARAZIONE GIUDIZIALE E SEPARARMI CONSENSUALMENTE SE
TROVO UN ACCORDO CON L’ALTRO CONIUGE?
Si.
E’
possibile
far
cessare
una
causa
di
separazione
giudiziale
in
qualunque
momento
se
sorge
un
accordo
tra
i
coniugi.
Ciò
non
solo
durante
la
fase
l’istruttoria
ma
anche
durante
la
primissima
fase
d’urgenza.
Questa
attività
si
chiama
mutamento
di
rito
che
trasforma
una
separazione
giudiziale
in
una
consensuale.
(Non
è
possibile
invece
trasformare
una
consensuale
in
una
giudiziale
se
viene
meno
l’accordo prima della conclusione della procedura di separazione).
COS’È LA SENTENZA DI SEPARAZIONE?
la
sentenza
è
un
provvedimento
emesso
dal
Tribunale
che
detta
una
disciplina
dettagliata
e
cogente
dei rapporti personali e patrimoniali dei coniugi separati che gli stessi sono tenuti a rispettare.
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