INDICE DEL CAPITOLO
COS’È
LA
SEPARAZIONE
DEI
CONIUGI
-
LA
CASA
FAMILIARE
-
IL
DIRITTO
DI
ASSEGNAZIONE
-
L’AFFIDAMENTO
DEI
FIGLI
-
L’ASSEGNO
DI
MANTENIMENTO
-
L’ASSEGNO
PER
IL
CONCORSO
AL
MANTENIMENTO
DEI
FIGLI
-
SEPARAZIONE
CON
ADDEBITO
-
SEPARAZIONE
DEI
BENI
E
REGIME
PATRIMONIALE
DELLA
FAMIGLIA
-
RIMBORSI
E
RESTITUZIONI
-
DIRITTI
SUCCESSORI
NELLA
SEPARAZIONE
-
LA
RICONCILIAZIONE
-
LE
TASSE
E
LE
AGEVOLAZIONI
FISCALI
-
MODIFICA
DELLE CONDIZIONI DI SEPARAZIONE
____________________________________________
QUANDO HO DIRITTO AGLI ALIMENTI?
Gli
“alimenti”
e
“l’assegno
di
mantenimento”
vengono
spesso
confusi,
ma
si
tratta
di
due
istituti
completamente differenti.
L’assegno
alimentare
(detto
in
gergo
“gli
alimenti”)
è
una
corresponsione
periodica
in
denaro
che
spetta
ad
alcune
categorie
di
parenti
elencate
nell’articolo
433
c.c.:
fratelli,
generi,
nuore,
suoceri
oltre
a
coniuge,
figli
etc.,
qualora
cadano
in
stato
di
indigenza
ed
è
posto
a
carico
di
altri
parenti
identificati
nello
stesso
articolo.
L’assegno
alimentare
è
di
bassa
entità
e
serve
a
consentire
la
sola
sussistenza
in
vita
del
parente
indigente.
Esso
è
disciplinato
dal
XIII
titolo
del
primo
libro
del
Codice
Civile,
non
dalla
legge
sulla
separazione
non
avendo
alcuna
inerenza con essa.
L’assegno
di
mantenimento
,
previsto
dalla
legge
sulla
separazione,
spetta
invece
al
coniuge
separato
ed
ai
figli
non
indipendenti
economicamente,
per
consentire
la
conservazione
del
tenore
di
vita
goduto
durante
la
convivenza matrimoniale, qualora non abbiano adeguati redditi propri.
L
’assegno
di
mantenimento
pertanto,
ha
un'altra
entità
rispetto
all’assegno
alimentare
(vedi
di
seguito),
ha
altri scopi ed è dovuto sulla base di differenti presupposti.
(La
Legge
sulla
separazione
fa
un
solo
riferimento
all’assegno
alimentare
prevedendo
l’ipotesi
di
un
coniuge
separato
con
addebito
e
pertanto
privo
del
diritto
all’assegno
di
mantenimento,
che
versi
in
stato
di
indigenza, al quale sono dovuti gli alimenti)
art. 156 c.c.coma III
.
QUANDO HO DIRITTO AD UN ASSEGNO DI MANTENIMENTO PER ME?
Nella
separazione
la
corresponsione
dell’assegno
di
mantenimento
spetta
al
coniuge
meno
abbiente
qualora
non abbia adeguati redditi propri
art. 156 c.c.
.
(
Nel
divorzio
la
corresponsione
di
un
assegno,
che
si
chiama
“divorzile”
,
spetta
al
coniuge
meno
abbiente
quando
questi
non
abbia
né
adeguati
redditi propri, né possa procurarseli per ragioni oggettive
art. 5 L 898/70
).
A QUANTO AMMONTA L’ASSEGNO DI MANTENIMENTO PER ME?
Lo
scopo
dell’istituto
dell’assegno
di
mantenimento
è
quello
di
consentire
al
coniuge
meno
abbiente
di
conservare
il
tenore
di
vita
goduto
in
costanza
di
matrimonio
“nei
limiti
che
derivano
dal
fatto
della
separazione”.
(Con
la
separazione
infatti
non
aumentano
i
redditi
ma
raddoppiano
quasi
le
spese:
prima
bastava
un
appartamento
per
l’intera
famiglia,
poi
ne
servono
due,
prima
bastava
una
linea
telefonica,
poi
due,
prima
bastava
un
allaccio
alla
rete
del
gas,
poi
ne
servono
due,
un
allaccio
alla
rete
elettrica,
poi
ne
servono
2
etc..
L’assegno
di
mantenimento
pertanto
non
consentirà
di
conservare
esattamente
il
tenore
di
vita
goduto
in
costanza di matrimonio).
La
Legge
non
determina
specificamente
l’ammontare
dell’assegno
di
mantenimento,
cioè
non
stabilisce
che
esso
debba
ad
es.
essere
pari
ai
2
terzi
o
alla
metà
dello
stipendio
del
coniuge
più
abbiente
o
ad
un
terzo
etc.
Sarebbe
infatti
impossibile
realizzare
la
conservazione
delle
condizioni
patrimoniali
del
matrimonio
(seppur
nei
limiti detti) perequando le risorse dei coniugi, con dei calcoli aritmetici predeterminati.
Per
perequare
le
risorse
della
famiglia
e
consentire
al
coniuge
meno
abbiente
di
conservare
il
tenore
di
vita
goduto
in
costanza
di
matrimonio
è
infatti
necessario
prendere
in
considerazione
la
ricchezza
complessiva
della
coppia.
Se
ad
es.
la
moglie
è
casalinga
ma
ha
10
milioni
in
banca
e
il
marito
guadagna
1000
€
al
mese
e
ha
100
€
e
sul
proprio
conto
bancario,
è
la
moglie
a
dover
pagare
un
assegno
al
marito
avendo
la
stessa
più
risorse
del
marito, anche se non percepisce uno stipendio.
E’
inoltre
previsto
che
debba
essere
computata
anche
la
cosiddetta
“ricchezza
potenziale”
cioè
quella
che
anche
solo
potenzialmente
è
nella
disponibilità
dei
coniugi.
Ad
es.
se
il
marito
è
disoccupato
ma
proprietario
di
10
appartamenti
che
tiene
sfitti
e
la
moglie
è
disoccupata
nullatenente,
il
marito
non
può
presentarsi
dal
giudice
e
dire
che
ha
sì
10
appartamenti
ma
siccome
li
tiene
sfitti
allora
non
può
pagare
un
assegno
alla
moglie
perché
non
ha
redditi.
In
questo
caso
il
giudice
incaricherebbe
un
perito
di
valutare
a
che
prezzo
potrebbero
essere
locati
tutti
gli
appartamenti
e
condannerebbe
poi
il
marito
a
pagare
un
assegno
sulla
base
di
tale
determinazione,
cioè
sulla
base
della
cosiddetta
ricchezza
potenziale
,
a
nulla
rilevando
la
circostanza
che
gli
appartamenti
non
sono
in
quel
momento
effettivamente
messi
a
frutto.
Se
il
proprietario
non
corre
a
locare
i
propri
appartamenti
per
ricavare
quanto
occorre
per
pagare
gli
assegni,
la
legge
prevede
che,
su
istanza
della
moglie
creditrice,
tali
appartamenti
vengano
venuti
dal
tribunale
alle
aste
pubbliche,
trasformati
in
denaro
e
il
denaro
così
ottenuto
versato
al
coniuge
beneficiario,
nell’esempio
la
moglie,
nella
misura
degli
assegni
dovuti.
(Vedi
prossimi
paragrafi
).
L’assegno
di
mantenimento
per
il
coniuge
meno
abbiente,
a
differenza
di
quello
per
il
mantenimento
dei
figli
,
non
è
obbligatorio
e
può
essere
rinunciato
dall’avente
diritto.
Nella
separazione
consensuale
pertanto
il
coniuge
meno
abbiente,
che
per
questo
in
astratto
ha
diritto
di
ricevere
un
assegno,
può
scegliere
di
non
prevedere
un
assegno
per
se
nelle
pattuizioni
convenute
con
l’altro
coniuge
che
regolano
i
propri
rapporti
patrimoniali.
Nella
separazione
giudiziale
il
coniuge
meno
abbiente
può
scegliere
di
non
chiedere
al
giudice
di
disporre un assegno di mantenimento per se.
Essendo
l’assegno
di
mantenimento
del
coniuge
un
diritto
disponibile
e
rinunciabile,
il
coniuge
meno
abbiente
può
scegliere
di
non
averlo,
oppure
di
averne
uno
di
misura
inferiore
a
quella
che
gli
spetterebbe.
Per
contro
il
coniuge
più
abbiente
è
libero
di
offrire
un
assegno
generoso
superiore
a
quello
che
spetterebbe
all’altro
in
base
alla
legge,
cioè
in
misura
tale
da
consentirgli
i
conservare
il
tenore
di
vita
goduto
in
constanza
di
matrimonio,
seppur
nei
limiti
che
derivano
dal
fatto
della
separazione
(vedi
inizio
del
presente
paragrafo).
Tali
regole
infatti
sono
previste
per
il
caso
di
una
mancanza
di
accordo
dei
coniugi
sulla
misura
dell’assegno,
che
in
caso di accordo può essere fissato dai coniugi stessi in una misura di una qualunque entità.
CHE SUCCEDE SE L’OBBLIGATO (COLUI CHE È TENUTO A PAGARE UN ASSEGNO DI MANTENIMENTO) NON
PAGA L’ASSEGNO STABILITO?
Non
pagare
un
assegno
di
mantenimento
integra
fattispecie
di
reati
penali
e
illeciti
civili.
Per
quanto
riguarda
il
diritto
civile,
se
un
coniuge
obbligato
al
pagamento
rimane
inadempiente,
l’altro
può
pignorare
tutti
i
suoi
beni
presenti
e
futuri,
farli
vendere
alle
aste
pubbliche,
sotto
il
controllo
del
tribunale
e
soddisfare
così
il
suo
credito.
Se
l’obbligato
alla
corresponsione
dell’assegno
ha
uno
stipendio
può
essere
chiesta
la
c.d.
“distrazione
alla
fonte”
cioè
un
ordine
dato
dal
giudice
al
datore
di
lavoro
dell’obbligato
di
pagare
immediatamente
al
coniuge
beneficiario dell’assegno la somma dovuta.
Vedi più estesamente QUI
CHE SUCCEDE SE L’OBBLIGATO NON HA PAGATO L’ASSEGNO DI MANTENIMENTO PER MOLTO TEMPO?
POSSO CHIEDERGLI IL PAGAMENTO DEGLI ARRETRATI OGGI?
L’assegno di mantenimento è soggetto a prescrizione come qualunque diritto di credito.
“Soggetto
a
prescrizione”
significa
che
non
può
essere
più
preteso
se
è
scaduto
uno
specifico
termine
previsto
dalla legge. Detti termini previsti dalla legge sono i seguenti:
1
.
I
diritti
di
credito
ordinari
fondati
su
sentenza
si
prescrivono
in
10
anni
(art.
2946
c.c.)
dal
momento
in
cui
sono sorti.
2
.
I
diritti
che
prevedono
un
pagamento
periodico
si
prescrivono
in
5
anni
(art.
2948
c.c.)
dal
momento
in
cui
sono sorti.
Il
diritto
a
ricevere
un
assegno
di
mantenimento
ha
entrambe
queste
caratteristiche:
esso
è
infatti
sia
fondato su sentenza, sia consistente nel diritto a ricevere un pagamento periodico.
In
passato
la
Suprema
Corte
aveva
stabilito
la
prescrizione
decennale
del
diritto
a
ricevere
un
assegno
di
mantenimento
considerando
prevalente
la
caratteristica
dell’essere
tale
diritto
fondato
su
sentenza
e
ritenendo
irrilevanti le specifiche modalità di pagamento stabilite in essa.
In
pronunciamenti
successivi,
mutando
il
proprio
orientamento,
la
stessa
Corte
ha
ritenuto
invece
prevalente
la
caratteristica
della
periodicità
del
pagamento
degli
assegni
di
mantenimento,
con
conseguente
applicazione della prescrizione quinquennale.
Pur
non
essendo
i
giudici
tenuti
a
sposare
l’orientamento
della
Suprema
Corte
(
vedi
qui
perché
),
la
maggioranza
di
essi
ne
segue
le
indicazioni.
Pertanto
se,
come
è
probabile,
il
giudice
di
merito
al
quale
viene
chiesto
di
disporre
il
pagamento
coattivo
degli
assegni
“arretrati”
non
corrisposti,
nei
modi
indicati
nel
paragrafo
precedente,
segue
l’attuale
orientamento
interpretativo
della
Suprema
Corte,
si
può
ottenere
il
pagamento
coattivo
di
detti
assegni,
solo
se
risalenti
a
non
più
di
5
anni.
(Ad
es.
avanzando
domanda
nel
mese
di
febbraio
2015
si
può
ottenere
il
pagamento
coattivo
degli
assegni
dovuti
e
non
pagati
dal
febbraio
2010,
ma
non
quelli
precedenti. Quelli procedenti sono considerati prescritti).
Naturalmente
si
può
ottenere
il
pagamento
coattivo
di
un
assegno
risalente
anche
ad
es.
a
9
anni
se
il
giudice
adito
sposa
invece
l’orientamento
previgente
della
Suprema
Corte
o
se
la
parte
contro
la
quale
la
domanda
di
pagamento
viene
avanzata
non
eccepisce
la
prescrizione
di
tale
credito
in
prima
udienza.
Pertanto
è
sempre
consigliabile
domandare
al
giudice
di
disporre
il
pagamento
coattivo
degli
assegni
non
pagati
risalenti
anche a 10 anni prima.
COME FACCIO A NON PERDERE PER PRESCRIZIONE IL DIRITTO AGLI ASSEGNI ARRETRATI NON PAGATI SE AL
MOMENTO NON HO I SOLDI PER INIZIARE UNA PROCEDURA GIUDIZIALE?
Anche
in
assenza
di
azione
giudiziale
è
possibile
interrompere
il
decorso
del
termine
prescrizionale
semplicemente
chiedendo
per
iscritto
il
pagamento
degli
assegni
arretrati.
Una
richiesta
di
pagamento
(nella
quale
devono
essere
specificati
gli
assegni
arretrati
non
pagati)
fatta
per
iscritto,
ad
es.
con
raccomandata,
ha
l’effetto
giuridico
di
interrompere
la
prescrizione
(art.
1219
c.c.).
Dal
momento
della
ricezione
della
lettera
da
parte
dell’obbligato,
comincia
a
decorrere
un
nuovo
termine
prescrizionale
della
stessa
misura
(art.
2943
c.c.).
Pertanto
ad
es.
se
la
beneficiaria
si
ricorda
di
mandare
detta
raccomandata
ogni
4
anni
e
11
mesi
(conservando
la
ricevuta di ritorno), può mantenere il diritto a ricevere gli assegni arretrati non pagati sine die.
QUANDO L’ASSEGNO DI MANTENIMENTO È SOGGETTO ALL’AUMENTO ISTAT?
La
legge
sulla
separazione
non
prevede
espressamente
l’obbligo
dell’applicazione
dell’aumento
ISTAT
agli
assegni
di
mantenimento
del
coniuge
separato.
L’
art.
156
c.c.
che
definisce
l’istituto
dell’assegno
di
mantenimento non fa infatti menzione di tale obbligo.
Ciò
differenzia
l’assegno
di
mantenimento
del
coniuge
separato
sia
dall’
assegno
divorzile
(l’
art.
5,
comma
7
della
legge
898/1970
sul
divorzio
stabilisce
espressamente
l’obbligo
della
previsione
in
sentenza
dell’adeguamento
dell’assegno
divorzile
al
costo
della
vita)
sia
dalla
legge
sul
mantenimento
della
prole
che
prevede
espressamente
(
Art.
337
Ter
)
che
detto
assegno
“è
automaticamente
adeguato
agli
indici
ISTAT
in
difetto
di
altro parametro indicato dalle parti o dal giudice”
.
La
descritta
differenza
è
dalla
pratica
giurisprudenziale
sostanzialmente
annullata:
i
giudici
prevedono
sempre
in
sentenza
l’obbligatorietà
dell’aggiornamento
ISTAT
anche
dell’assegno
di
mantenimento
del
coniuge
separato,
per
adeguarlo
al
costo
della
vita.
Se
così
non
facessero,
dopo
alcuni
anni
la
svalutazione
monetaria
creerebbe
uno
sbilanciamento
dei
rapporti
patrimoniali
regolati
dall’assegno
che
legittimerebbe
la
parte
beneficiaria
della
corresponsione
dello
stesso
a
chiedere
una
modificazione
dell’entità
dell’assegno
anche
solo
per questo motivo.
SE NON HO CHIESTO L’AUMENTO ISTAT DELL’ASSEGNO, L’AUMENTO NON MI È DOVUTO?
L’aumento
ISTAT
dell’assegno
è
sempre
dovuto
anche
se
non
richiesto.
È
l’obbligato
alla
corresponsione
dell’assegno
che
deve
autonomamente
provvedere
ad
aggiornarlo.
Se
non
viene
richiesto
l’aggiornamento
ISTAT
dal
coniuge
beneficiario
e
l’assegno
non
viene
aggiornato
da
anni,
egli
può
sempre
chiedere
gli
arretrati,
con
il
limite prescrizionale indicato nei paragrafi precedenti.
PER QUANTO TEMPO L’ASSEGNO DI MANTENIMENTO PER IL CONIUGE DEVE ESSERE PAGATO?
L’assegno
di
mantenimento
è
un
diritto
di
credito
riconosciuto
al
coniuge
beneficiario
da
un
provvedimento
giurisdizionale
e
deve
essere
pagato
finché
quel
provvedimento
non
viene
rimosso
da
un
altro
provvedimento
giurisdizionale.
Il
cittadino
non
può
smettere
di
pagare
l’assegno
con
propria
spontanea
decisione
ma
può
domandare
al
giudice
la
rimozione
dell’obbligo
quando
sorgono
le
condizioni
previste
dalla
legge
che
consentono
di ottenere detta rimozione.
Per
il
tempo
nel
quale
perdurano
le
condizioni
che
ne
hanno
fondato
e
giustificato
la
disposizione
da
parte
del
giudice
o
da
parte
dei
coniugi
stessi
nelle
pattuizioni
scritte
con
le
quali
hanno
regolato
i
propri
rapporti
patrimoniali
in
una
procedura
di
separazione
consensuale,
l’assegno
di
mantenimento
deve
essere
pagato.
Esso,
pertanto, potenzialmente, deve essere pagato anche per tutta la vita del coniuge beneficiario.
La
Legge
prevede
che
l’assegno
non
debba
essere
più
pagato
se
successivamente
all’emissione
del
provvedimento che dispone l’assegno
si verificano le seguenti circostanze:
1.
Il
beneficiario
consegue
adeguati
redditi
propri
o
un’adeguata
ricchezza
propria,
come
nel
caso
riceva
un’eredità
di
tal
misura
da
assicurargli
la
possibilità
di
conservare
autonomamente
il
tenore
di
vita
goduto
in
costanza
di
matrimonio.
(Come
detto,
occorre
sempre
un
provvedimento
del
tribunale
per
essere
sollevati
dall’obbligo
di
corresponsione.
Quando
il
beneficiario
consegue
adeguati
redditi
propri
o
un
adeguata
ricchezza
propria,
l’obbligato
può
chiedere
al
tribunale la rimozione dell’obbligo di pagare l’assegno).
2.
L’obbligato
perde
i
propri
redditi
non
per
fatto
proprio,
(cioè
ad
es.
se
viene
licenziato
non
per
sua
colpa,
mentre
si
conserva
l’obbligo
di
corresponsione
dell’assegno
se
l’obbligato
si
licenzia
volontariamente).
Anche
in
questo
caso
occorre
una
decisione
del
tribunale per rimuovere il titolo che è fonte dell’obbligo di pagare l’assegno.
3.
La
coppia
separata
divorzia.
(in
questo
caso
l’obbligo
di
corrispondere
l’
assegno
di
mantenimento
cessa,
ma
può
sorgere
l’obbligo
di
pagare
l’
assegno
divorzile
.
Il
riconoscimento
del
diritto
ad
un
assegno
divorzile
è
subordinato
alla
presenza
di
presupposti
diversi
e
più
stringenti
rispetto
a
quelli
che
giustificano
l’obbligo
di
pagare
l’assegno
di
mantenimento
nella
separazione.
Inoltre
nel
divorzio,
ma
non
nella
separazione,
l’assegno
periodico
può
essere
sostituito
con
l’
assegno
divorzile
pagato
in
un
unica
soluzione
.
L’assegno
divorzile
non
è
più dovuto se il coniuge divorziato si risposa.
4.
La/il
beneficiaria/o
(cioè
il
coniuge
che
ha
diritto
di
ricevere
l’assegno),
inizia
una
stabile
convivenza
more uxorio
con altra persona. (ciò
sulla base di un orientamento giurisprudenziale dominante
).
5.
Il
coniuge
più
abbiente
fa
annullare
presso
la
Sacra
Rota
il
proprio
matrimonio
e
poi
fa
delibare
la
sentenza
di
annullamento
del
proprio
matrimonio
da
un
tribunale
italiano.
In
questo
caso
il
matrimonio
viene
annullato
ab
origine
ed
è
come
se
non
fosse
mai
avvenuto
,
pertanto
una
volta
recepita
da
un
tribunale
italiano
la
sentenza
di
annullamento
emessa
dal
tribunale
ecclesiastico,
non
può
più
essere
applicata
la
disciplina
che
obbliga
il
coniuge
(cioè
colui
che
è
sposato)
o
l’ex
coniuge
(
cioè
colui
che
è
stato
sposato
)
a
pagare
un
assegno
di
mantenimento
(se
ancora
separato)
o
divorzile
(se
divorziato)
all’altro
coniuge.
In
questo
caso
infatti,
come
appena
detto,
il
matrimonio
annullato
ab
origine
si
considera
come
mai
avvenuto
mentre
la
disciplina
della
separazione e quella del divorzio poggiano entrambe sul presupposto che ci sia o ci sia stato un matrimonio.
E’
salvo,
anche
nel
caso
di
cui
al
presente
punto
6,
ovviamente,
l’obbligo
di
pagare
assegni
per
concorrere
al
mantenimento
dei
figli.
Tale
obbligo infatti non trova fonte nel fatto del matrimonio ma nel fatto della genitorialità
Art.li 337 bis e seguenti
.
6.
L’obbligato
chiede
ed
ottiene
una
sentenza
che
statuisce
l’invalidità
del
matrimonio
secondo
il
diritto
italiano
,
ricorrendone
i
presupposti:
per
impedimenti
(cioè
il
matrimonio
è
stato
celebrato
in
mancanza
dei
requisiti
richiesti
dalla
Legge
per
la
sua
celebrazione
(artt.li
84-89
c.c.);
consenso
estorto
con
violenza
(art.
122
c.c.);
errore
sulla
persona
o
sulla
qualità
della
persona
(art.
122
c.c.);
matrimonio
simulato
(art.
123
c.c.).
in
questo
caso
se
la
sentenza
accerta
l’invalidità
del
matrimonio,
il
matrimonio
si
considera
come
mai
celebrato.
Non
essendoci
mai
stato
un
matrimonio
valido
non
ci
sono
nemmeno
i
presupposti
per
la
conservazione
dell’obbligo
di
pagare
un
assegno
di
mantenimento.
Tale
obbligo
può
sorgere
infatti
solo
a
seguito
di
un
matrimonio
valido.
Una
volta
dichiarato
invalido
il
matrimonio,
l’obbligato
viene
per
l’effetto
immediatamente
sollevato
da
qualunque
obbligo
di
pagare
un
assegno
di
mantenimento.
E’
salvo,
anche
nel
caso
di
cui
al
predente
punto
7,
ovviamente,
l’obbligo
di
pagare
assegni
per
concorrere
al
mantenimento
dei
figli.
Tale
obbligo
infatti non trova fonte nel fatto del matrimonio ma nel fatto della genitorialità
Art.li 337 bis e seguenti
.
7.
Muore
il
coniuge
beneficiario,
non
essendo
ereditabile
dai
suoi
congiunti
il
diritto
a
ricevere
l’assegno
di
mantenimento del de cuius.
8.
Muore
il
coniuge
obbligato
(Se
muore
l’obbligato
al
pagamento
dell’assegno,
questo
non
è
più
dovuto
dagli
altri
eredi
del
coniuge
obbligato
al
coniuge
beneficiario.
Avendo
il
coniuge
beneficiario
separato
senza
addebito
la
qualità
di
erede
legittimario,
egli
eredita
necessariamente
parte
delle
sostanze
del
de
cuius.
Se
invece
il
coniuge
era
separato
con
addebito
e
pertanto
non
ha
ereditato
alcunché,
né
poteva
ricevere
un
assegno
di
mantenimento,
con
la
morte
dell’altro
coniuge,
qualora
il
separato
con
addebito
si
trovava
in
stato
di
indigenza
e
riceveva
un
assegno
alimentare
,
può
continuare
a
godere
di
tale
assegno
che
assume
il
nome
di
“assegno
vitalizio”
a
carico
dell’eredità
art.
548 c.c.
.
POSSO CHIEDERE LA MODIFICA DELL’ASSEGNO DI MANTENIMENTO?
Bisogna distinguere a seconda che:
1
.
l’assegno di mantenimento sia stato disposto da una sentenza in un giudizio di
separazione giudiziale
o
2
.
l’assegno
di
mantenimento
sia
stato
disposto
da
un
decreto
di
omologa
o
altro
provvedimento
equivalente
all’esito di una procedura di
separazione consensuale
.
1)
Se
l’assegno
di
mantenimento
è
stato
disposto
da
un
giudice
in
un
giudizio
contenzioso
(cioè
di
separazione
giudiziale)
di
primo
grado
e
dunque
in
Tribunale,
si
può
chiedere
alla
Corte
di
Appello
(giudizio
di
secondo
grado)
di
modificarlo,
entro
i
termini
previsti
dalla
legge
(30
gg.
se
la
sentenza
del
tribunale
viene
notificata
dalla
controparte
o
6
mesi
se
non
viene
notificata),
dimostrando
che
i
giudici
del
primo
grado
ne
hanno
erroneamente
determinato
l’entità.
Si
può
anche
chiedere,
rincorrendone
i
presupposti,
nei
termini
di
legge
(venti
giorni
dalla
notificazione
della
sentenza
della
Corte
di
Appello),
alla
Corte
di
Cassazione
di
cassare
cioè
annullare la decisione della Corte di Appello e di disporre un nuovo giudizio.
Quando
tutte
queste
procedure
sono
state
esperite,
oppure
sono
decorsi
i
termini
per
impugnare
la
sentenza
(del
Tribunale
o
della
Corte
di
Appello)
senza
che
questa
sia
stata
impugnata,
non
si
può
più
chiedere
ad
alcun
organo
giurisdizionale
di
modificare
tale
decisione.
Si
dice
allora
che
la
sentenza
(l’ultima)
è
passata
in
giudicato
.
L’ordinamento
prevede
questo
limite
per
evitare
la
cosiddetta
“incertezza
del
diritto”,
cioè
una
condizione
nella
quale
pendono
per
un
tempo
infinito
giudizi
per
la
determinazione
dell’assegno
senza
che
questo sia mai definitivamente determinato.
Una
volta
che
la
sentenza,
che
determina
l’assegno,
è
passata
in
giudicato
,
è
ancora
possibile
chiedere
al
Tribunale
che
l’assegno
sia
modificato
(e
ciò
un
numero
illimitato
di
volte),
ma
solo
se
successivamente
all’ultimo
provvedimento
che
lo
determina,
siano
intervenute
modificazioni
dei
rapporti
patrimoniali,
(ad
es.
un
coniuge
ha
ricevuto
una
promozione
e
guadagna
molto
più
di
prima,
o
ha
perso
il
lavoro
non
per
sua
colpa
e
guadagna
molto
meno di prima).
Una
volta
che
la
sentenza
è
passata
in
giudicato
non
è
invece
possibile,
come
detto,
chiedere
l’aumento
o
la
diminuzione
dell’assegno
in
assenza
di
modificazioni
di
rapporti
patrimoniali
intervenute
successivamente
all’ultimo provvedimento.
Inoltre,
se
le
modificazioni
intervenute
sono
peggiorative
per
l’obbligato
alla
corresponsione
dell’assegno,
(ad
es.
ha
perso
il
lavoro),
egli
può
chiedere
la
riduzione
della
misura
dell’assegno
o
la
completa
rimozione
dell’obbligo di pagarlo solo se dette modificazioni sono avvenute in modo indipendente dalla propria volontà.
Non
è
invece
possibile
provocare
una
diminuzione
dei
propri
redditi
per
fatto
proprio
e
su
questa
base
chiedere
la
diminuzione
degli
assegni:
(ad
es.
se
si
è
obbligati
a
pagare
l’assegno
non
è
possibile
licenziarsi
e
chiedere
su
questa
base
la
riduzione
o
l’eliminazione
dell’assegno,
magari
per
fare
un
dispetto
all’altro
coniuge.
In
questo
caso
infatti
l’obbligo
di
corresponsione
si
conserverebbe
e
l’obbligato
ne
risponderebbe
con
tutti
i
suoi
beni
presenti
e
futuri,
cioè
si
indebiterebbe
nei
confronti
del
coniuge
beneficiario
(cioè
colui
che
riceve
l’assegno),
che
potrebbe
soddisfare
il
proprio
credito
facendo
vendere
alle
aste
pubbliche
tutti
i
beni
presenti
e
futuri
(art.
2740 c.c.) dell’
obbligato
(cioè colui che è obbligato a pagare l’assegno) e farsi assegnare il ricavato.
Se
invece
la
modificazione
in
peius
delle
condizioni
economiche
dell’obbligato
al
pagamento
dell’assegno
di
mantenimento
è
avvenuta
per
cause
a
lui
non
imputabili
(ad
es.
è
stato
licenziato
non
per
sua
colpa)
allora
può
chiedere
la
riduzione
dell’assegno
che
è
obbligato
a
pagare,
o
di
essere
sollevato
del
tutto
dall’obbligo
di
pagamento
dell’assegno
di
mantenimento
all’altro
coniuge.
Se
chi
ha
perso
il
lavoro
non
è
in
grado
di
assicurare
il
sostentamento
ai
propri
figli,
il
giudice
può
vincolare
gli
ascendenti
al
pagamento
degli
assegni
di
mantenimento
(art. 316 bis. c.c.).
2)
Se
l’assegno
di
mantenimento
è
stato
determinato
dalla
coppia
stessa
in
una
procedura
di
separazione
consensuale
ormai
conclusa,
non
può
essere
impugnato
in
corte
di
Appello
il
provvedimento
che
lo
dispone,
né
in
Corte
di
Cassazione,
né
può
essere
chiesto
da
uno
dei
coniugi,
successivamente,
al
giudice
di
disporre
d’imperio,
contro
la
volontà
dell’altro
coniuge,
una
modificazione
dell’assegno
semplicemente
perché
ci
ha
ripensato
o
lamenta
un’inadeguatezza
dell’assegno
deciso
di
comune
accordo.
L’ordinamento
stabilisce
che
se
un
coniuge
chiede
in
accordo
con
l’altro,
nell’ambito
di
una
procedura
di
separazione
consensuale,
uno
specifico
provvedimento,
(ad.
es.
di
pagare
un
assegno
di
mantenimento
pari
ad
€
x),
poi
non
può
agire
in
giudizio
contro
se stesso lamentando che è stato recepito, nel provvedimento del tribunale, proprio ciò che egli aveva chiesto.
E’
sempre
possibile
invece
per
un
coniuge
chiedere
una
modificazione
dell’assegno
anche
contro
la
volontà
dell’altro,
introducendo
un
giudizio
di
modifica
delle
condizioni
di
separazione
contenzioso
,
se
,
successivamente
alla
conclusione
della
procedura
di
separazione
sono
intervenute
modificazioni
dei
rapporti
patrimoniali
a
carico
della
coppia.
Tale
possibilità
è
soggetta
alle
stesse
regole
e
agli
stessi
limiti
sopra
indicati
nell’ultimo
capoverso
del punto 1 del presente paragrafo.
Se
la
coppia
si
accorda
per
modificare
l’assegno,
ricorrendone
i
presupposti
sopra
indicati,
è
possibile
introdurre
una
procedura
consensuale
a
domanda
congiunta
di
modificazione
delle
condizioni
di
separazione,
domandando
entrambi
i
coniugi
al
giudice
di
emettere
un
provvedimento
avente
ad
oggetto
le
modificazioni
dagli
stessi
convenute.
Il
giudice
accoglierà
la
domanda
di
modifica,
qualunque
essa
sia,
se
riguarda
l’assegno
per
il
coniuge,
mentre
se
la
domanda
riguarda
l’assegno
per
i
figli
la
accoglierà
solo
se
ritiene
tale
modificazione
necessaria, congrua e corrispondente agli interessi della prole.
© Copyright, Studio Legale Cunico. Tutti i diritti riservati. E’ vietata la riproduzione anche parziale senza il consenso dell’autore. Il presente sito è sottoposto a monitoraggio antiplagio.
Verrà perseguito ai sensi di Legge chi mostra copia anche parziale non autorizzata.