INDICE DEL CAPITOLO
COS’È
LA
SEPARAZIONE
DEI
CONIUGI
-
LA
CASA
FAMILIARE
-
IL
DIRITTO
DI
ASSEGNAZIONE
-
L’AFFIDAMENTO
DEI
FIGLI
-
L’ASSEGNO
DI
MANTENIMENTO
-
L’ASSEGNO
PER
IL
CONCORSO
AL
MANTENIMENTO
DEI
FIGLI
-
SEPARAZIONE
CON
ADDEBITO
-
SEPARAZIONE
DEI
BENI
E
REGIME
PATRIMONIALE
DELLA
FAMIGLIA
-
RIMBORSI
E
RESTITUZIONI
-
DIRITTI
SUCCESSORI
NELLA
SEPARAZIONE
-
LA
RICONCILIAZIONE
-
LE
TASSE
E
LE
AGEVOLAZIONI
FISCALI
-
MODIFICA
DELLE CONDIZIONI DI SEPARAZIONE
CLICCA SUI LINK DELL’INDICE
_____________________________________________
COS’È LA RICONCILIAZIONE?
La
riconciliazione
è
la
decisione
di
proseguire
il
coniugio
presa
da
entrambi
i
coniugi
separati.
Si
producono
gli
effetti
legali
della
riconciliazione,
semplicemente
quando
entrambi
i
coniugi
legalmente
separati decidono
concordemente
di continuare il matrimonio.
La
decisione
di
proseguire
il
coniugio
può
essere
espressa
anche
per
facta
concludentia
cioè
con
un
comportamento
incompatibile
con
la
volontà
di
rimanere
separati,
(ad
esempio
tornando
a
vivere
insieme),
non
essendo
necessarie
comunicazioni
formali.
Nell’ordinamento
italiano
infatti
la
riconciliazione
è
fattuale:
perché
l’evento
della
riconciliazione
produca
i
suoi
effetti
giuridici,
è
sufficiente
il
solo
fatto
della
riconciliazione
e
non
è
necessario
compiere
alcuna
attività
presso
i
Pubblici
Uffici.
(art.lo
157
c.c.)
l
eggi
qui
l’intero art.lo 157 c.c.
.
QUALI SONO GLI EFFETTI GIURIDICI DELLA RICONCILIAZIONE?
La
riconciliazione
ha
l’effetto
di
annullare
la
condizione
giuridica
della
separazione
l
eggi
qui
l’intero
art.lo
157
c.c.
,
dopo
che
questa
sia
stata
disposta
dal
tribunale
o
sia
stata
conseguita
attraverso
la
procedura
c.d.
di
separazione con negoziazione assistita o con procedura davanti al sindaco. (art.lo 157 c.c.).
Se
la
riconciliazione
interviene
in
corso
di
causa,
ha
l’effetto
di
comportare
l’abbandono
della
domanda
giudiziale
di
separazione
e
dunque
l’estinzione
(cioè
la
cessazione)
immediata
della
causa.
(art.lo
154
c.c.)
l
eggi qui l’intero art.lo 154 c.c.
QUANDO POSSO CONSIDERARMI RICONCILIATA?
Poiché
la
riconciliazione
è
fattuale
ed
ha
una
consistenza
psicologica
che
può
essere
espressa,
come
detto,
anche
per
facta
concludentia
(cioè
con
atteggiamenti
significativi
della
volontà
di
proseguire
il
matrimonio)
e
non
solo
con
dichiarazioni
verbali
o
scritte,
è
necessario
porre
attenzione
ai
propri
atteggiamenti
successivi
alla
separazione
se
non
si
vuole
provocare
l’annullamento
della
separazione
stessa
ove questo non sia voluto.
La
giurisprudenza
è
orientata
nel
senso
di
ritenere
che
passare
semplicemente
un
week-end
insieme
all’altro
coniuge
o
cenare
insieme
all’altro
coniuge,
qualche
volta,
senza
esprimere
l’intenzione
di
proseguire
il
coniugio,
non
è
condotta
idonea
a
determinare
il
verificarsi
della
riconciliazione.
Tornare
a
vivere
insieme
stabilmente
invece
è
considerato
riconciliazione.
Anche
una
breve
convivenza,
se
accompagnata
da
dichiarazioni esplicite della volontà comune di proseguire il coniugio è considerato riconciliazione.
POSSO CHIEDERE IL DIVORZIO SE MI SONO RICONCILIATA CON L’ALTRO CONIUGE MA POI CI SIAMO
ALLONTANATI DI NUOVO?
No.
come
detto,
la
riconciliazione
ha
l’effetto
di
annullare
la
separazione,
mentre
la
separazione
ininterrotta
per
almeno
6
mesi
o
un
anno
(vedi
sopra)
è
condizione
essenziale
per
poter
incardinare
una
qualunque procedura di divorzio.
Facciamo
un
esempio:
Tizio
e
Caia
si
separano
consensualmente
in
Tribunale.
Dopo
due
mesi
si
riconciliano.
Passano
altri
4
mesi
e
dunque
6
dal
momento
della
separazione
e
Tizio
decide
di
divorziare
perché
si
è
invaghito
di
un
altra
donna.
La
moglie
Caia
può
impedire
che
Tizio
divorzi
chiedendo
al
giudice
di
ascoltare,
quali
testimoni,
degli
amici
con
i
quali
la
coppia
ha
cenato
dopo
la
riconciliazione
ed
ai
quali
ha
espresso
la
volontà
di
continuare
il
coniugio.
Il
giudice,
in
questo
caso,
ascoltati
i
testimoni,
conseguita
la
prova
che
sia
effettivamente
intervenuta
riconciliazione,
dichiarerebbe
la
domanda
di
divorzio
di
Tizio
improcedibile
per
mancanza
del
requisito
essenziale
della
separazione.
Nell’esempio
infatti,
siccome
la
riconciliazione
ha
annullato
la
separazione,
questa
non
sussiste
più,
pertanto
la
domanda
di
divorzio
non
è
più
procedibile,
non
essendo
possibile
divorziare
se
non
a
seguito
del
decorso
dei
termini
sopra
ricordati
durante
i
quali
deve
conservarsi
la
condizione
ininterrotta
di
separazione.
Se
Tizio
vuole
divorziare,
deve
proporre
un’altra
domanda
di
separazione,
aspettare
altri
6
mesi
(o
un
anno
se
ha
utilizzato
la
procedura
di
separazione giudiziale) e solo dopo potrà chiedere il divorzio.
Riassumendo:
siccome
la
riconciliazione
è
fattuale,
cioè
produce
i
suoi
effetti
solo
per
il
fatto
che
la
coppia
decide,
dopo
la
separazione,
di
proseguire
il
coniugio,
anche
senza
alcuna
dichiarazione
ufficiale
da
effettuare
presso
Uffici
Pubblici,
se
si
ha
fretta
di
divorziare
contro
la
volontà
dell’altro
coniuge
è
necessario
porre
attenzione
ad
evitare
condotte
o
effettuare
dichiarazioni
che
potrebbero
consentire
all’altro
di
provare
il
fatto
di
un’intervenuta
riconciliazione.
Infatti
questa
può
essere
eccepita
in
giudizio
da
uno
dei
due
coniugi
per
paralizzare
la
domanda
di
divorzio
proposta
dall’altro,
costringendo
quest’ultimo,
come
detto,
a
chiedere
nuovamente
la
separazione
ed
aspettare
altri
6
mesi
o
un
anno
a
seconda
del
tipo
di
separazione.
Dunque
c’è
il
rischio
di
dover
aspettare
2
anni
successivamente
alla
separazione
per
poter
divorziare,
solo
che
l’altro
coniuge
non
voglia
farlo
e
possa
provare
il
fatto
della
intervenuta
riconciliazione
in
un
qualunque
tempo
successivo alla prima separazione.
Oggi,
con
la
novella
del
2015
che
ha
ridotto
il
periodo
di
“attesa”
per
poter
chiedere
il
divorzio
da
3
anni
a
6
mesi,
(se
la
separazione
è
stata
di
rito
consensuale
ed
1
anno
se
la
separazione
è
stata
di
rito
giudiziale),
tale
problema è stato largamente ridimensionato.
POSSO RICONCILIARMI DOPO IL DIVORZIO?
No.
La
riconciliazione
annulla
gli
effetti
della
separazione
che
è
condizione
che
la
coppia
conosce
all’interno
del
matrimonio.
I
separati
infatti
sono
ancora
marito
e
moglie
e
la
separazione
è
una
condizione
giuridica
sovrapposta
ad
un
matrimonio
sottostante
che
si
conserva.
Pertanto
se
la
separazione
viene
annullata
da
una
riconciliazione,
la
coppia
si
ritrova
nel
previgente
status
di
coppia
sposata
e
non
separata
perché
il
matrimonio
non
è
mai
cessato.
Con
il
divorzio
invece
si
scioglie
il
vincolo
coniugale
e
la
coppia
cessa
di
essere
sposata.
Con
il
divorzio,
il
matrimonio
non
c’è
più
e
una
riconciliazione
successiva
al
divorzio
non
rimuove
una
condizione
giuridica
sovrapposta
ad
un
matrimonio
sottostante
(che
non
esiste
più)
ma
produce
gli
effetti
di
un
nuovo
fidanzamento
di
una
coppia
non
sposata.
Gli
ex
coniugi
divorziati,
se
lo
desiderano,
possono nuovamente sposarsi presso gli Uffici Comunali.
SE MI RICONCILIO HO ANCORA DIRITTO AGLI ASSEGNI DI MANTENIMENTO
STABILITI NELLA SEPARAZIONE?
No.
Dopo
la
riconciliazione
non
si
ha
più
diritto
agli
assegni
di
mantenimento
perchè
l’annullamento
degli
effetti
della
separazione,
provocato
dalla
riconciliazione,
(art.lo
157
c.c.)
rende
inefficace
il
provvedimento
che disponeva l’erogazione obbligatoria di tali assegni.
Questo
non
vuol
dire
che
il
coniuge
meno
abbiente,
con
la
riconciliazione,
perde
il
diritto
di
ricevere
dall’altro un contributo per il proprio mantenimento.
Entrambi
i
coniugi,
in
costanza
di
matrimonio
sono
obbligati
a
contribuire,
in
ragione
delle
proprie
sostanze,
ai
bisogni
della
famiglia.
art.lo
143
c.c.
La
legge
stabilisce
questo
in
modo
generico,
lasciando
poi
ai
coniugi stessi l’onere di trovare un accordo quotidiano sulla esatta misura del contributo dovuto da ciascuno
Quando
una
coppia
di
coniugi
litiga
e
decide
di
separarsi,
si
presuppone
che
non
sia
più
in
grado
di
trovare
un
accordo
quotidiano
sulla
misura
del
contributo
di
ciascuno
al
mantenimento
della
famiglia.
Pertanto,
con
la
separazione,
la
determinazione
di
tale
contributo
viene
stabilita
da
un
atto
cogente
(il
verbale
omologato,
la
sentenza,
l’accordo
autorizzato,
che
la
coppia
è
tenuta
a
rispettare
sotto
pena
di
severe
sanzioni),
la
cui
funzione
è
proprio
quella
di
sollevare
i
coniugi
dall’onere
di
accordarsi
quotidianamente
sulla
distribuzione
delle
risorse
della
famiglia,
in
un
momento
in
cui,
per
il
fatto
delle
liti
che
li
hanno
indotti
a
separarsi, non sono più in grado di farlo.
Gli
assegni
di
mantenimento
sono
dunque
una
determinazione
specifica
aritmetica
del
contributo
che
il
coniuge
più
abbiente
deve
conferire
all’altro
per
il
mantenimento
della
famiglia,
contenuta
in
un
provvedimento
che
serve
a
sollevare
la
coppia
dalla
necessità
di
determinare
con
un
accordo
tale
misura,
quando non è in grado di farlo
.
Se
avviene
una
riconciliazione,
cioè
la
cessazione
delle
liti
e
il
ripristino
della
convivenza,
si
presuppone
che
la
coppia
abbia
riacquistato
la
capacità
di
determinare
con
un
accordo
quotidiano
la
misura
del
contributo
di
ciascuno
alla
soddisfazione
dei
bisogni
della
famiglia.
Pertanto
la
disciplina
cogente
della
separazione,
disposta
dal
tribunale
per
i
motivi
sopra
descritti,
con
la
riconciliazione
ha
esaurito
la
sua
funzione
e
cessa
di
avere
efficacia. Essa non è più fonte di obbligazioni per i coniugi
(
art.lo 157 c.c.)
.
La
fonte
giuridica
dell’obbligo
di
mantenere
la
famiglia
torna
ad
essere
la
legge
sul
matrimonio
che
rimette
alla
coppia
stessa
l’onere
di
trovare
un
accordo
quotidiano
sulla
distribuzione
delle
risorse
necessarie
alla
soddisfazione dei bisogni della famiglia.
Dal
momento
della
riconciliazione
sarà
pertanto
la
coppia
stessa
a
determinare
detta
misura,
come
faceva
prima
della
separazione
e
non
potrà
essere
più
preteso
il
pagamento
degli
assegni
previsti
dalla
disciplina
dei
rapporti
patrimoniali
stabiliti
dal
provvedimento
che
disponeva
la
separazione,
perchè
divenuto
inefficace
(
art.lo
157 c.c.)
.
Se
dopo
la
riconciliazione
la
coppia
litiga
di
nuovo,
può
separarsi
nuovamente
con
procedura
consensuale
o
giudiziale
e
ottenere
di
nuovo
una
disciplina
cogente
dei
propri
rapporti
che
preveda,
ricorrendone
i
presupposti,
assegni di mantenimento specificamente determinati nel loro ammontare e da pagarsi obbligatoriamente.
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