INDICE DEL CAPITOLO
COS’È
LA
SEPARAZIONE
DEI
CONIUGI
-
LA
CASA
FAMILIARE
-
IL
DIRITTO
DI
ASSEGNAZIONE
-
L’AFFIDAMENTO
DEI
FIGLI
-
L’ASSEGNO
DI
MANTENIMENTO
-
L’ASSEGNO
PER
IL
CONCORSO
AL
MANTENIMENTO
DEI
FIGLI
-
LA
SEPARAZIONE
CON
ADDEBITO
-
SEPARAZIONE
DEI
BENI
E
REGIME
PATRIMONIALE
DELLA
FAMIGLIA
-
RIMBORSI
E
RESTITUZIONI
-
DIRITTI
SUCCESSORI
NELLA
SEPARAZIONE
-
LA
RICONCILIAZIONE
-
LE
TASSE
E
LE
AGEVOLAZIONI
FISCALI
-
MODIFICA DELLE CONDIZIONI DI SEPARAZIONE
____________________________________________
QUANDO HO DIRITTO AD UN ASSEGNO DI MANTENIMENTO PER I MIEI FIGLI?
A
differenza
dell’
assegno
di
mantenimento
per
il
coniuge
che
riguarda
diritti
disponibili
e
può
essere
rinunciato
dalle
parti,
l’assegno
di
mantenimento
per
i
figli
è
un
diritto
in
disponibile
e
non
può
essere
rinunciato per patto tra i genitori.
La
disciplina
dell’assegno
per
concorrere
al
mantenimento
della
prole
è
rimessa
a
disposizioni
di
legge
non
derogabili
che
prevedono
l’obbligo
di
perequare
le
risorse
dei
genitori
allo
scopo
di
metterli
sempre
in
condizioni di mantenere la prole nel caso si separino.
Pertanto,
ove
occorra
perequare
le
risorse
dei
coniugi
per
gli
scopi
detti,
un
assegno
per
concorrere
al
mantenimento
della
prole
deve
essere
necessariamente
previsto
nelle
pattuizioni
con
le
quali
i
coniugi
stessi
regolano
i
propri
rapporti
nella
separazione
consensuale
e
viene
sempre
disposto
dal
giudice
nella
separazione giudiziale.
Come
si
dirà
più
estesamente
nel
successivo
paragrafo,
per
verificare
che
i
coniugi
abbiano
rispettato
quest’obbligo,
in
tutte
le
procedure
di
separazione
consensuale
le
pattuizioni
con
cui
i
coniugi
hanno
stabilito
la
misura
delle
risorse
patrimoniali
che
devono
essere
volte
al
mantenimento
dei
figli
dopo
la
separazione,
vengono
esaminate
da
un
giudice.
Se
il
giudice
non
le
ritiene
sufficienti
(avuto
riguardo
alle
risorse
della
famiglia),
nessuna
delle
procedure
di
separazione
consensuale
può
perfezionarsi,
(mentre
nella
separazione giudiziale è il giudice stesso a decidere sull’assegno).
Riassumendo:
A
.
l’assegno per i figli deve essere obbligatoriamente previsto se occorre perequare le risorse dei genitori,
B
.
non è obbligatorio se non occorre perequare le risorse dei genitori.
La
necessità
di
perequare
le
risorse
dei
genitori
sussiste
ed
è
pertanto
obbligatorio
prevedere
un
assegno di mantenimento per i figli
:
1
.
ove vi siano differenze tra le risorse
(ricchezza potenziale)
dei due genitori e/o
2
.
se il tempo di permanenza della prole con ciascun genitore crea una sperequazione di dette risorse.
Ad
es.
1)
Se
due
genitori
con
le
stesse
risorse
si
separano
e
prevedono
che
la
parole
passi
il
70%
del
tempo
con
la
madre
e
il
30%
del
tempo
con
il
padre,
è
obbligatorio
prevedere,
negli
accordi
per
la
separazione
consensuale,
che
il
marito
versi
alla
moglie
un
assegno
allo
scopo
di
fornire
alla
stessa
le
risorse
necessarie
a
consentirle
di
mantenere
la
prole
nel
(maggior)
tempo
di
permanenza
dei
figli
presso
di
lei.
2)
Se
il
tempo
di
permanenza
della
prole
è
al
50%
presso
entrambe
i
genitori,
ma
un
genitore
ha
risorse
maggiori,
deve
essere
previsto
un
assegno
a
favore
dell’altro
per
il
mantenimento
della
prole
nei
tempi
di
permanenza
della
stessa
presso quest’ultimo.
La
necessità
di
perequare
le
risorse
dei
genitori
non
sussiste
e
non
è
necessario
prevedere
un
assegno di mantenimento per i figli
:
Ad
es.
1)
Se
due
genitori
con
le
stesse
risorse
si
separano
e
prevedono
che
i
figli
passino
il
50%
del
tempo
con
un
genitore
e
il
restante
50%
con
l’altro.
2)
Se
la
prole
passerà
-sulla
base
delle
pattuizioni
con
le
quali
i
coniugi
regolano
i
propri
rapporti
nella
separazione
consensuale-
il
70%
del
tempo
con
il
genitore
che
ha
il
70%
delle
risorse
complessive
della
famiglia
e
il
restante
30%
del
tempo
con
l’altro
genitore
che
ha
il
30% di dette risorse. In questi casi si parla di
“mantenimento diretto della prole”.
In
realtà
la
soluzione
del
mantenimento
diretto
è
scarsamente
usata,
perché
al
di
fuori
del
caso
di
una
coppia
di
possidenti
benestanti,
in
genere,
il
motivo
per
cui
un
coniuge
ha
più
tempo
libero
e
può
pertanto
tenere
i
figli
per
un
periodo
maggiore
è
nel
fatto
che
non
lavora
o
lavora
part-time
ed
ha
pertanto
anche
meno redditi e necessità di un assegno per mantenere la prole quando si trova presso di sé.
____________________________
L’obbligo
di
prevedere
un
assegno
perequativo
per
i
figli,
sussistendo
una
sperequazione
delle
risorse,
spetta,
in
caso
di
separazione,
anche
se
i
genitori
non
sono
sposati
ma
sono
conviventi
more
uxorio
.
(Tale
obbligo
deriva
infatti
dal
fatto
della
genitorialità
e
trova
fonte
non
nella
normativa
sulla
separazione
ma
in
quella
differente
della
responsabilità
genitoriale
alla
quale
la
normativa sulla separazione rimanda).
___________________________________
C’è
un
eccezione
alla
regola
dell’obbligatorietà
dell’assegno
per
il
mantenimento
dei
figli
in
caso
di
sproporzione delle risorse dei genitori in relazione ai tempi di permanenza della prole con ciascun di loro:
1
.
l’assegno
non
è
dovuto
se
i
figli
stessi
abbiano
adeguati
redditi
propri.
Siccome
è
possibile
donare
o
testare
a
favore
non
solo
dei
minorenni
ma
anche
del
concepito,
alcuni
bambini
nascono
già
proprietari
di
appartamenti
-so
per
esperienza
professionale
personale,
anche
di
palazzine-.
Oppure
pensiamo
al
caso,
ancor
più
raro,
di
minorenni
che
hanno
successo
nella
cinematografia
o
nel
mondo
dello
sport
o
della
musica
conseguendo
guadagni
rilevanti.
In
questi
casi,
molto
rari,
il
giudice
può
prevedere
l’assenza
di
un
assegno
di
mantenimento
per
la
prole
se
i
genitori
si
separano.
I
genitori,
che
sono
ex
lege
amministratori
dei
beni
della
prole
fino
alla
maggiore
età
di
questa,
sono
obbligati
a
mettere
a
frutto i beni dei figli per volgere tali risorse alla loro cura ed istruzione.
NELLA CONSENSUALE DOBBIAMO PREVEDERE UN ASSEGNO CUMULATIVO PER TUTTI I FIGLI O UN
ASSEGNO DISTINTO PER CIASCUNO?
È
necessario
prevedere
un
assegno
distinto
per
ciascun
figlio,
anche
se
di
identica
entità.
Ciò
perché
gli
assegni
per
i
figli
sono
soggetti
a
possibile
revisione
separata
quando
le
esigenze
dei
figli
si
modificano
(ad
es.
quando
vanno
all’università
le
esigenze
di
alcuni
figli
aumentano
in
misura
maggiore
rispetto
a
quelle
di
altri
e
ciò
si
verifica
in
tempi
diversi;
quando
un
figlio
consegue
adeguati
redditi
propri,
perde
il
diritto
ad
essere
mantenuto
e
il
giudice
rimuove
solo
il
suo
assegno,
non
quello
degli
altri
figli,
che
è
necessario
pertanto che siano separatamente individuati).
A QUANTO AMMONTA L’ASSEGNO DI MANTENIMENTO PER I MIEI FIGLI?
La
Legge
non
determina
la
misura
dell’assegno
per
il
mantenimento
della
prole
in
modo
specifico
ricavabile con calcoli aritmetici.
La
determinazione
dell’entità
dell’assegno
per
il
mantenimento
del
figlio
(o
di
più
assegni
se
i
figli
sono
più
di
uno),
soggiace
alle
stesse
regole
che
determinano
l’entità
dell’assegno
per
il
coniuge
economicamente
più
debole
descritte
nel
capitolo
precedente.
L’assegno
deve
essere
di
tal
misura
da
assicurare
alla
prole
la
conservazione
del
tenore
di
vita
goduto
durante
la
convivenza
matrimoniale
dei
genitori
e
adeguato
a
quello
della
famiglia
,
(seppur
con
i
limiti
e
nelle
modalità
indicate
nel
capitolo
precedente
sull’
assegno
di
mantenimento per il coniuge
).
Come
sopra
detto,
un
dato
che
incide
sulla
misura
degli
assegni
per
i
figli
è
il
tempo
che
gli
stessi
passeranno
con
un
genitore
e
con
l’altro
dopo
la
separazione
degli
stessi
.
È
evidente
che
andranno
assicurate
maggiori risorse a quel coniuge presso il quale i figli passeranno un tempo maggiore.
Si
deve
innanzitutto
computare
tutti
i
cespiti
patrimoniali
e
i
redditi
dei
genitori
inclusa
la
c.d.
ricchezza
potenziale
per
determinare
quanto
occorre
per
consentire
ai
figli
dei
separati
il
godimento
di
un
tenore
di
vita
coerente
con
le
risorse
complessive
della
famiglia.
Quindi
dividere
le
risorse
occorrenti
per
il
mantenimento
dei
figli
avuto
riguardo
al
tempo
di
permanenza
di
questi
presso
ciascuno
dei
genitori,
in
modo che dette risorse risultino con l’assegno perequate.
Ad
es.,
se
per
assicurare
alla
prole
il
mantenimento
del
tenore
di
vita
goduto
durante
la
convivenza
matrimoniale
dei
genitori
occorre
10
,
il
marito
guadagna
30,
la
moglie
è
casalinga
e
guadagna
0
e
il
tempo
di
permanenza
dei
figli
è
al
100
%
presso
la
moglie,
a
lei
dovrà
essere
erogato
dal
marito
un
assegno/i
per
il
concorso
al
mantenimento
dei
figli
pari
a
10.
Se
il
tempo
di
permanenza
dei
figli
presso
ciascuno
dei
genitori
è
di
pari
entità,
l’assegno
dovuto
alla
moglie,
nell’esempio
appena
esposto,
sarà
pari
a
5.
Se
entrambi
guadagnano 15 e il tempo di permanenza dei figli è di pari entità non sarà dovuto alcun assegno etc.
Come
sopra
detto,
per
“guadagni”
si
intendono
quelli
che
derivano
alla
coppia
non
solo
dai
redditi
ricavati
da
un
lavoro
professionale
ma
anche
quelli
che
derivano
dai
canoni
di
proprietà
locate
e
dalla
c.d.
ricchezza
potenziale
.
Trattandosi
l’assegno
di
mantenimento
per
i
figli
di
un
diritto
in
disponibile,
i
coniugi
sono
liberi
di
prevedere,
nelle
pattuizioni
che
gli
stessi
convengono
nell’ambito
di
una
procedura
di
separazione
consensuale,
solo
una
misura
dell’assegno
superiore
a
quella
determinata
dalla
legge
(secondo
i
criteri
generici
sopra
descritti)
o
la
misura
determinata
dalla
legge,
ma
non
possono
prevedere
una
misura
inferiore né possono rinunciare all’assegno per i figli.
In
tutte
le
procedure
di
separazione
consensuale
è
sempre
previsto
dalla
Legge
un
controllo
giurisdizionale
della
congruità
degli
assegni
previsti
dai
coniugi
per
concorrere
al
mantenimento
dei
figli,
cioè
è
sempre
previsto
che
un
giudice
controlli
che
le
pattuizioni
sugli
assegni
per
i
figli
che
i
coniugi
hanno
spontaneamente
negoziato,
siano
congrue
ed
idonee
alla
cura
degli
interessi
della
prole.
Se
i
separandi
nelle
loro
pattuizioni
prevedono
una
misura
degli
assegni
per
i
figli
che
viene
ritenuta
dal
giudice
non
congrua,
nessuna procedura di separazione consensuale può perfezionarsi.
Anche
nella
procedura
di
separazione
consensuale
con
negoziazione
assistita
,
nella
quale
non
è
previsto
che
i
coniugi
si
rechino
mai
in
Tribunale
per
incontrare
il
giudice,
è
fatto
obbligo
ai
loro
avvocati
di
depositare
le
pattuizioni
dei
coniugi
presso
la
Procura
della
Repubblica
presso
il
Tribunale
per
consentire
al
giudicante
di
verificare
la
congruità
della
misura
degli
assegni
per
i
figli
(oltre
ovviamente
all’idoneità
del
regime
di
affido),
potendo,
se
non
la
rinviene,
rifiutare
l’autorizzatone
alla
trascrizione
ed
impedire
il
perfezionamento della procedura.
Nelle
procedure
di
separazione
giudiziale
è
il
giudice
stesso
che
decide
al
posto
dei
coniugi
la
misura
degli
assegni
per
i
figli.
Trattandosi
di
diritti
in
disponibili,
come
detto,
la
misura
degli
assegni
per
i
figli
viene
decisa
dal
giudice,
dopo
aver
verificato
le
risorse
della
famiglia,
senza
avere
alcun
riguardo
delle
indicazioni
dei
coniugi,
contenute
nei
loro
atti,
con
riferimento
a
detta
misura.
Il
giudice
pertanto
nella
procedura
di
separazione
giudiziale
è
libero
di
disporre
assegni
di
entità
superiore
anche
a
quella
più
alta
proposta
dai
coniugi nei loro atti.
L’ASSEGNO È COMPUTATO IN BASE AI REDDITI E AI BENI DICHIARATI, ANCHE SE INFERIORI A QUELLI
REALI?
No.
Nella
separazione
consensuale
l’assegno
è
determinato
dalle
parti
che
conoscono
i
beni
e
i
redditi
reali
dell’obbligato
(cioè
di
colui
che
pagherà
l’assegno)
e
determinano
l’entità
dell’assegno
su
quella
base.
Nella
giudiziale
l’assegno
è
computato
dal
giudice
in
base
ai
beni
e
ai
redditi
reali
dell’obbligato.
Nel
caso
in
cui
questi
appaiano
in
tutto
o
in
parte
occultati
al
fisco,
(ad.
es
se
vi
è
una
evidente
divergenza
tra
il
tenore
di
vita
della
famiglia
e
i
redditi
dichiarati),
il
giudice
dispone
un
accertamento
della
polizia
tributaria
sui
redditi
e
sui
beni
dell’obbligato.
Ciò
anche
se,
sulla
base
di
una
specifica
contestazione
effettuata
dalla
controparte,
questi siano intestati fittiziamente a soggetti diversi
(art. 337 ter c.c. ultimo comma)
.
SE ABBIAMO SEMPRE SPESO POCO PER I FIGLI, NONOSTANTE LE ABBONDANTI RISORSE MIE O DI MIO
MARITO, QUESTA CIRCOSTANZA REAGISCE SUL COMPUTO DELLA MISURA DEGLI ASSEGNI PER I FIGLI
NELLA SEPARAZIONE?
No.
Gli
assegni
per
il
mantenimento
dei
figli
di
coppie
separate
devono
assicurare
alla
prole
il
tenore
di
vita
consentito
dalle
risorse
della
famiglia.
Non
quello
minore
o
maggiore
imposto
da
uno
o
entrambi
i
coniugi
durante
la
convivenza
matrimoniale.
Se
uno
o
entrambi
i
coniugi
spendevano
meno
per
i
figli
di
ciò
che
le
loro
risorse
consentivano
o
di
più,
indebitandosi,
queste
circostanze
non
reagiscono
sul
computo
degli
assegni
in
sede
di
separazione.
Come
detto,
il
computo
va
eseguito
avuto
riguardo
alle
risorse
effettive
della
coppia determinando il tenore di vita
potenziale
della famiglia.
SE MIO MARITO NON E’ IN GRADO DI PAGARE UN ASSEGNO DI MANTENIMENTO PER LA PROLE,
CHI LA MANTIENE?
Se
il
coniuge
più
abbiente
dei
due
non
è
in
grado
di
mantenere
la
prole,
gli
ascendenti
possono
essere
vincolati
dal
giudice
a
pagare
un
assegno
al
coniuge
affidatario
esclusivo
o
a
quello
presso
il
quale
i
giudici
hanno
collocato
i
figli
prevalentemente
o
ad
entrambi
i
coniugi.
Ciò
anche
in
costanza
di
matrimonio.
(art.
316 bis. c.c.).
POSSO CHIEDERE DI VERSARE L’ASSEGNO CHE PAGO PER CONCORRERE AL MANTENIMENTO DEI FIGLI,
AI FIGLI STESSI E NON ALL’ALTRO CONIUGE?
Quando
i
figli
sono
minorenni
l’assegno
per
concorrere
al
loro
mantenimento
va
pagato
al
coniuge
affidatario
o
coaffidatario
perché
questi
volga
tale
risorsa
al
sostentamento
e
alla
cura
della
prole.
Pertanto,
in
questo
periodo,
il
creditore
degli
assegni
di
mantenimento
dei
figli
è
il
coniuge
affidatario
o
coaffidatario
e
a lui vanno pagati.
Quando
il
figlio
o
i
figli
diventano
maggiorenni
è
possibile
versare
direttamente
agli
stessi
gli
assegni
per
il
loro
sostentamento
(art.lo
337
septies
c.c.)
.
Tuttavia
tale
possibilità
non
si
verifica
automaticamente
al
compimento
della
maggiore
età
della
prole.
I
figli
maggiorenni
possono
diventare
creditori
della
prestazione
dell’assegno
al
posto
del
genitore
affidatario
solo
per
decisione
del
Tribunale.
E’
infatti
il
giudice
a
decidere
se
i
figli
hanno
raggiunto
una
maturità
tale
(indipendentemente
dalla
maggior
età)
da
consentire
loro
una
corretta
gestione
del
denaro.
Ove
non
rinvenga
tale
maturità
(si
pensi
al
caso
che
il
figlio
abbia
dato
prova
di
non
eseguire
una
matura
amministrazione
delle
proprie
risorse
o
al
caso
estremo
che
sia
alcolizzato
o
tossicodipendente),
il
giudice
può
disporre
che
l’assegno
venga
ancora
pagato
al
genitore
collocatario
perché
lo
volga
al
sostentamento
ed
alla
cura
della
prole.
(Quando
i
figli
diventano
maggiorenni,
il
genitore
“affidatario”
assume
il
nome
di
“collocatario”
perché
essendo
maggiorenni,
i
figli
non
sono
più
“affidati”
ma
“collocati”
presso di lui).
Se
il
figlio
o
i
figli
diventano
maggiorenni
dopo
la
separazione
(o
il
divorzio)
dei
genitori,
ciascuno
dei
due
coniugi
può
chiedere
al
giudice
in
qualunque
tempo
successivo
al
compimento
degli
anni
18
da
parte
della
prole,
di
stabilire
che
l’assegno
di
mantenimento
dei
figli
debba
essere
versato
a
loro
stessi
e
non
all’altro
genitore,
ma,
come
detto,
non
è
consentito
al
genitore
che
paga
gli
assegni
di
versarli
direttamente
alla
prole
divenuta
maggiorenne,
senza
aver
chiesto
e
ottenuto
preventivamente
dal
Tribunale
il
riconoscimento
di
tale
facoltà
a
seguito
dell’esperimento
di
una
procedura
di
modifica
delle
condizioni
di
separazione
(art.lo 710 c.p.c.
per i motivi sopra descritti.
Se
i
figli
diventano
maggiorenni
prima
della
separazione
o
del
divorzio
dei
genitori
tale
richiesta
andrà
avanzata al Giudice nell’ambito delle dette procedure.
(art.lo 337 septies c.c.)
.
CHE SUCCEDE SE L’OBBLIGATO NON PAGA L’ASSEGNO DI MANTENIMENTO STABILITO?
Non
pagare
un
assegno
di
mantenimento
integra
fattispecie
di
reati
penali
e
illeciti
civili.
Per
quanto
riguarda
il
diritto
civile,
se
un
coniuge
obbligato
al
pagamento
rimane
inadempiente,
l’altro
può
pignorare
tutti
i
suoi
beni
presenti
e
futuri,
farli
vendere
alle
aste
pubbliche,
sotto
il
controllo
del
tribunale,
ricevere
dallo
stesso
le
sue
spettanze
e
soddisfare
così
il
suo
credito.
Se
l’obbligato
alla
corresponsione
dell’assegno
ha
uno
stipendio
può
essere
chiesta
la
c.d.
“distrazione
alla
fonte”
cioè
un
ordine
dato
dal
giudice
al
datore
di
lavoro dell’obbligato di pagare immediatamente al coniuge beneficiario dell’assegno la somma dovuta.
vedi più estesamente QUI
CHE SUCCEDE SE L’OBBLIGATO NON HA PAGATO L’ASSEGNO DI MANTENIMENTO PER MOLTO TEMPO?
POSSO CHIEDERLI IL PAGAMENTO DEGLI ARRETRATI OGGI?
l’assegno
di
mantenimento
per
i
figli
come
quello
per
il
coniuge
è
soggetto
a
prescrizione
come
qualunque
diritto
di
credito.
Attualmente
la
Corte
di
Cassazione
ha
stabilito
che
il
diritto
a
ricevere
tale
assegno
si
prescrive
in
5
anni,
cambiando
l’orientamento
previgente
in
base
al
quale
la
prescrizione
dell’assegno era considerata decennale.
La
legge
stabilisce
che
i
diritti
di
credito
fondati
su
sentenza
hanno
prescrizione
ordinaria
decennale
(art.lo
2946
c.c.)
e
quelli
che
comportano
un
pagamento
periodico,
prescrizione
quinquennale
(art.lo
2948
c.c.).
Il
diritto
di
credito
rappresentato
dall’assegno
di
mantenimento
presenta
entrambe
queste
caratteristiche: è fondato su sentenza ed è periodico.
In
precedenza
la
Corte
aveva
stabilito
la
prevalenza
del
fatto
che
tale
credito
trovava
fonte
in
una
sentenza
e
che
pertanto
i
termini
prescrizionali
dello
stesso
erano
quelli
ordinari
pari
a
10
anni
ex
art.lo
2946
c.c.,
applicati
a
tutti
i
diritti
di
credito
fondati
su
sentenza.
La
Corte
riteneva
irrilevanti
le
specifiche
modalità
di pagamento stabilite dalla sentenza stessa.
In
pronunciamenti
successivi,
mutando
il
proprio
orientamento,
la
stessa
Corte
ha
ritenuto
invece
prevalente
la
caratteristica
della
periodicità
del
pagamento
che
interessa
gli
assegni
di
mantenimento,
con
conseguente
applicazione
della
prescrizione
quinquennale
ex
art.lo
2948
c.c..
Attualmente
pertanto
la
maggior
parte
dei
giudici
di
merito
che
sposano
l’orientamento
della
Suprema
Corte
riconoscono
la
prescrizione
quinquennale
dell’assegno.
Pertanto
si
può
ottenere
il
pagamento
coattivo
di
tutti
gli
assegni
non
corrisposti
solo
se
risalenti
a
non
più
di
5
anni.
(Si
può
anche
chiedere
il
pagamento
di
un
assegno
risalente
ad
es.
a
9
anni
e
si
può
anche
ottenere
una
condanna
al
pagamento
di
tale
assegno,
ma
solo
se
la
parte
contro
la
quale
questa
domanda
viene
avanzata
non
eccepisce
la
prescrizione
di
tale
credito
in
prima
udienza,
oppure
il
giudice
di
merito
adito
non
sposa
l’attuale
orientamento
della
Suprema
Corte.
Leggi
Qui
il
perché di questo fenomeno
).
L’ASSEGNO DI MANTENIMENTO PER I FIGLI È SOGGETTO ALL’AUMENTO ISTAT?
In
assenza
di
espresse
indicazioni
presenti
nella
sentenza
o
nelle
pattuizioni
dei
coniugi,
gli
assegni
di
mantenimento
per
i
figli
sono
soggetti
all’aumento
ISTAT
nella
misura
del
100%
di
tale
parametro,
per
essere
adeguati al mutante costo della vita
(art. 337 ter c.c. penultimo comma)
.
È
consentito
alle
parti
o
al
giudice
prevedere
un
altro
parametro
(si
pensi
all’ipotesi
che
i
redditi
dell’obbligato
ad
es.
un
pensionato
non
sono
aumentati
secondo
gli
indici
ISTAT
al
100%,
ma
al
70%.
Se
l’assegno
fosse
indicizzato
al
100%,
anno
dopo
anno,
si
creerebbe
uno
squilibrio
tra
i
redditi
dell’obbligato
e
la misura degli assegni che è tenuto a pagare. In questo caso si può prevedere un adeguamento del 70%.
Come
sopra
detto,
se
nessuna
deroga
è
prevista
nel
provvedimento
di
separazione,
l’assegno
è
aumentato annualmente secondo i parametri ISTAT applicati nella misura del 100%.
SE NON HO CHIESTO L’AUMENTO ISTAT DELL’ASSEGNO, L’AUMENTO NON MI È DOVUTO?
L’aumento ISTAT dell’assegno è sempre dovuto anche se non richiesto.
È
l’obbligato
alla
corresponsione
dell’assegno
che
deve
autonomamente
provvedere
ad
aggiornarlo.
Se
non
viene
richiesto
l’aggiornamento
ISTAT
dal
coniuge
beneficiario
e
l’assegno
non
viene
aggiornato
da
anni, egli può sempre chiedere gli arretrati, con il limite della prescrizione quinquennale (vedi sopra).
POSSO SCOMPUTARE DALL’IMPONIBILE L’ASSEGNO CHE PAGO ALL’ALTRO CONIUGE PER CONCORRERE
AL MANTENIMENTO DEI FIGLI, ALLO SCOPO DI OTTENERE UN RISPARMIO FISCALE?
No.
A
differenza
dell’
assegno
di
mantenimento
per
il
coniuge
più
debole
economicamente
che
chi
lo
eroga
può
scomputare
dall’imponibile
per
pagare
meno
tasse,
(mentre
il
coniuge
che
lo
riceve
è
obbligato
a
dichiararlo
al
fisco
ed
a
versare
allo
stato
le
relative
tasse,
come
se
l’assegno
fosse
un
reddito
da
lavoro),
l’assegno
o
gli
assegni
per
il
mantenimento
della
prole
non
possono
essere
scomputatati
all’imponibile
di
chi
li
versa
all’altro
coniuge
e
non
vanno
dichiarati
da
chi
li
riceve
essendo
risorse
che
devono
essere
volte
interamente
e
obbligatoriamente
al
mantenimento
della
prole
e
pertanto
non
sono
considerate
assimilabili
ad uno stipendio del coniuge che li riceve.
PER QUANTO TEMPO L’ASSEGNO DI MANTENIMENTO PER I FIGLI DEVE ESSERE PAGATO?
Non è più dovuto l’assegno di mantenimento per i figli quando questi:
1
.
conseguano
adeguati
redditi
propri
(ad
es.
un
quindicenne
si
mette
a
fare
il
cantante
e
guadagna
1
milione al mese: perde il diritto di essere mantenuto dai genitori) o
2
.
raggiungano
un
età
tale
(la
legge
non
la
definisce
con
una
cifra,
la
giurisprudenza
la
individua
attorno
ai
32
anni),
da
far
sorgere
condizioni
oggettive
che
anche
solo
in
astratto
permettono
alla
prole
di
procurarsi
adeguati
redditi
propri.
Anche
solo
in
astratto
significa
che
perdono
il
diritto
a
ricevere
un
assegno
di
mantenimento
anche
se
nel
concreto
i
figli
non
hanno
ancora
adeguati
redditi
propri
ma
sono
sorte
condizioni
oggettive
che
gli
consentono
di
procurarseli.
Alla
prole
non
è
consentito
dunque
di scegliere di farsi mantenere dai genitori dopo i 32 anni.
POSSO CHIEDERE LA MODIFICA DELL’ASSEGNO DI MANTENIMENTO PER I FIGLI DOPO LA
CONCLUSIONE DELLA PROCEDURA DI SEPARAZIONE ?
Bisogna distinguere a seconda che:
1
.
l’assegno di mantenimento sia stato disposto da una sentenza in un giudizio di
separazione giudiziale
o
2
.
l’assegno
di
mantenimento
sia
stato
disposto
da
un
decreto
di
omologa
o
altro
provvedimento
equivalente all’esito di una procedura di
separazione consensuale
.
1)
Se
l’assegno
di
mantenimento
è
stato
disposto
da
un
giudice
in
un
giudizio
contenzioso
(cioè
di
separazione
giudiziale)
di
primo
grado
e
dunque
in
Tribunale,
si
può
chiedere
alla
Corte
di
Appello
(giudizio
di
secondo
grado)
di
modificarlo,
entro
i
termini
previsti
dalla
legge
(30
gg.
se
la
sentenza
viene
notificata
dalla
controparte
o
6
mesi
se
non
viene
notificata),
dimostrando
che
i
giudici
del
primo
grado
ne
hanno erroneamente determinato l’entità.
Se
non
si
è
soddisfatti
della
decisione
della
Corte
di
Appello,
si
può
chiedere,
rincorrendone
i
presupposti,
nei
termini
di
legge
(venti
giorni
dalla
notificazione),
alla
Corte
di
Cassazione
di
cassare
cioè
annullare la decisione della Corte di Appello e di disporre un nuovo giudizio.
Quando
tutte
queste
procedure
sono
state
esperite,
oppure
sono
decorsi
i
termini
per
impugnare
la
sentenza
(del
Tribunale
o
della
Corte
di
Appello)
senza
che
questa
sia
stata
impugnata,
non
si
può
più
chiedere
ad
alcun
organo
giurisdizionale
di
modificare
tale
decisione.
Si
dice
allora
che
la
sentenza
(l’ultima)
è
passata
in
giudicato
.
L’ordinamento
prevede
questo
limite
per
evitare
la
cosiddetta
“incertezza
del
diritto”,
cioè
una
condizione
nella
quale
pendono
per
un
tempo
infinito
giudizi
per
la
determinazione
dell’assegno
senza che questo sia mai definitivamente determinato.
Se
però,
successivamente
al
passaggio
in
giudicato
della
sentenza,
cambiano
i
presupposti
sulla
base
dei
quali
la
decisione
sulla
disciplina
della
separazione
è
stata
presa
(ad
es.
l’obbligato
al
pagamento
dell’assegno
di
mantenimento
perde
il
lavoro,
o
l’affidataria
si
mette
a
maltrattare
i
figli
e
pertanto
vanno
rivisti
i
tempi
di
permanenza
degli
stessi
presso
di
lei
e
di
conseguenza
la
misura
delle
risorse
occorrenti
per
mantenerla),
è
possibile
chiedere
nuovamente
al
Tribunale
che
l’assegno
sia
modificato.
Come
detto,
non
è
possibile
farlo
se
nessuna
modificazione
è
intervenuta
successivamente
al
passaggio
in
giudicato
della
sentenza.
Abbiamo
visto
nell’ultimo
paragrafo
del
capitolo
precedente
le
condizioni
che
determinano
la
possibilità
di
domandare
una
modificazione
dell’assegno
per
il
mantenimento
del
coniuge
.
Esse
possono
mutare
o
conservarsi
determinando
il
sorgere
o
meno
del
diritto
a
chiedere
una
modificazione
della
misura
dell’assegno di mantenimento.
A
differenza
di
quanto
avviene
per
i
coniugi,
i
figli
vanno
sempre
incontro
ad
un
aumento
fisiologico
delle
proprie
esigenze:
quando
erano
piccoli
bisognava
solo
portarli
al
parco,
quando
diventano
grandi
hanno
necessità
maggiori:
devono
comperare
il
ciclomotore,
pagare
la
discoteca,
il
telefonino,
l’abbigliamento
più
ricercato,
poi
le
tasse
universitarie
etc..
Per
contro
i
genitori
con
l’avanzare
dell’età,
in
genere,
fanno
carriera
e
aumentano
i
propri
guadagni,
pertanto,
le
condizioni
poste
a
base
della
determinazione
dell’assegno
per
il
mantenimento dei figli vanno sempre incontro ad una fisiologica modificazione.
Si
potrà
pertanto
chiedere
l’aumento
degli
assegni
per
il
mantenimento
dei
figli
per
i
motivi
detti,
a
meno
che
tali
modificazioni,
se
complessivamente
considerate,
non
modifichino
l’equilibrio
dei
rapporti
patrimoniali
disposto
con
il
precedente
provvedimento.
A
meno
che
cioè,
all’aumentare
delle
esigenze
dei
figli, sia corrisposta una diminuzione delle risorse dei genitori. Vedi amplius
Qui
.
2)
Se
l’assegno
di
mantenimento
è
stato
determinato
dalla
coppia
stessa
in
una
procedura
di
separazione
consensuale
ormai
conclusa,
ed
è
stato
ritenuto
congruo
dal
giudice
che
ha
emesso
l’omologa
o
l’autorizzazione,
non
può
essere
impugnato
in
corte
di
Appello
il
provvedimento
che
lo
dispone,
né
in
Corte
di
Cassazione,
né
può
essere
chiesto
da
uno
dei
coniugi
successivamente
al
giudice
di
disporre
d’imperio,
contro
la
volontà
dell’altro
coniuge,
una
modificazione
dell’assegno
semplicemente
perché
ci
ha
ripensato
o
lamenta
un’inadeguatezza
dell’assegno
deciso
di
comune
accordo.
Ciò
per
“mancanza
di
interesse
ad
agire”
:
l’ordinamento
stabilisce
che
se
un
coniuge
chiede
in
accordo
con
l’altro,
nell’ambito
di
una
procedura
di
separazione
consensuale,
uno
specifico
provvedimento,
(ad.
es.
di
pagare
un
assegno
di
mantenimento
pari
ad
€
x),
poi
non
può
agire
in
giudizio
contro
se
stesso
lamentando
che
è
stato
recepito,
nel provvedimento del tribunale, proprio ciò che egli aveva chiesto.
E’
sempre
possibile
invece
per
un
coniuge
chiedere
una
modificazione
dell’assegno
anche
contro
la
volontà
dell’altro,
introducendo
un
giudizio
di
modifica
delle
condizioni
di
separazione
contenzioso
,
se
,
successivamente
alla
conclusione
della
procedura
di
separazione,
sono
intervenute
modificazioni
dei
rapporti patrimoniali.
Se
la
coppia
si
accorda
per
modificare
l’assegno,
è
possibile
introdurre
una
procedura
consensuale
a
domanda
congiunta
di
modificazione
delle
condizioni
di
separazione,
domandando
entrambi
i
coniugi
al
giudice
di
emettere
un
provvedimento
avente
ad
oggetto
le
modificazioni
dagli
stessi
convenute.
Il
giudice
accoglierà
la
domanda
di
modifica,
qualunque
essa
sia,
se
riguarda
l’assegno
per
il
coniuge,
mentre
se
la
domanda
riguarda
l’assegno
per
i
figli
la
accoglierà
solo
se
ritiene
tale
modificazione
necessaria
e
congrua
rispetto alle risorse della famiglia. Vedi amplius
Qui
.
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