INDICE DEL CAPITOLO
COS’È
LA
SEPARAZIONE
DEI
CONIUGI
-
LA
CASA
FAMILIARE
-
IL
DIRITTO
DI
ASSEGNAZIONE
-
L’AFFIDAMENTO
DEI
FIGLI
-
L’ASSEGNO
DI
MANTENIMENTO
-
L’ASSEGNO
PER
IL
CONCORSO
AL
MANTENIMENTO
DEI
FIGLI
-
LA
SEPARAZIONE
CON
ADDEBITO
-
SEPARAZIONE
DEI
BENI
E
REGIME
PATRIMONIALE
DELLA
FAMIGLIA
-
RIMBORSI
E
RESTITUZIONI
-
DIRITTI
SUCCESSORI
NELLA
SEPARAZIONE
-
LA
RICONCILIAZIONE
-
LE
TASSE
E
LE
AGEVOLAZIONI
FISCALI
-
MODIFICA
DELLE
CONDIZIONI DI SEPARAZIONE
CLICCA SUI LINK DELL’INDICE
COS’È L’AFFIDAMENTO DEI FIGLI?
È
il
provvedimento
con
il
quale
viene
stabilito
a
chi
spetti
il
potere
di
assumere
le
decisioni
relative
alla
vita
della
prole minorenne
dopo la separazione dei genitori.
Colui che è investito di detti poteri dal provvedimento di affidamento è detto
“affidatario”.
Quasi sempre gli stessi genitori sono insigniti della titolarità di questo potere.
(se
un
genitore
è
immeritevole
ad
es.
tossicodipendente
o
che
ha
pendenze
penali,
malattie
psicologiche
o
semplicemente
maltratta
o
trascura
gravemente
la
prole,
il
giudice
affida
i
figli
esclusivamente
all’altro.
Se
entrambi
sono
immeritevoli
la
prole
può
essere
affidata
dal
giudice
a
terzi,
ad
es.
agli ascendenti consenzienti o, in rari casi, ai Servizi Sociali).
Questo potere è conferito:
1
.
dal giudice nella
separazione giudiziale
,
2
.
dai
coniugi
stessi
in
quella
di
rito
consensuale
inserendo
la
qualifica
di
affidatari/o
nelle
pattuizioni
con
le
quali regolano il loro rapporti successivi alla separazione.
(
la
decisione
dei
coniugi
di
assumere
personalmente
i
poteri
che
derivano
dall’affidamento,
stabilita
nelle
loro
pattuizioni,
è
sempre
sottoposta
al
vaglio
del
giudice
che,
dopo
aver
verificato
l’idoneità
di
tale
decisione
alla
cura
degli
interessi
della
prole,
la
può
convalidare
o
meno.
Se
non
la
convalida
dispone
l’estinzione
della
procedura
(cioè
la
conclusione
infruttuosa
della
procedura
di
separazione
che
lascia
i
coniugi
non
separati
come
se
detta
procedura non fosse nemmeno iniziata).
_____________________________________
In
entrambe
le
procedure
di
separazione
(consensuale
e
giudiziale)
e
anche
durante
il
matrimonio,
il
giudice
se
notiziato
da
chiunque
vi
abbia
interesse,
qualora
rileva
che
le
condotte
o
le
qualità
di
uno
od
entrambe
i
genitori
procurino
un
grave
pregiudizio
alla
prole,
stabilisce,
anche
d’ufficio
(art.
336
c.c.;
337
ter
c.c.,
cioè
con
decisione
autonoma,
senza
che
sia
domandata
da
uno
dei
genitori)
la
decadenza
della
responsabilità
genitoriale
o
l’allontanamento
del
genitore
immeritevole
o,
se
lo
sono
entrambi,
l’allontanamento
della
prole
dalla
residenza
familiare
(art.
330
c.c.)
disponendo
l’affidamento
familiare
(agli
ascendenti,
ad
altre
famiglie
affidatarie,
ai
servizi
sociali)
e
nominando
per
essa un tutore.
______________________________________________________________
I
figli
maggiorenni
hanno
la
capacità
di
agire
a
non
devono
essere
affidati
ai
genitori.
Nella
separazione,
con
riferimento
ai
figli
maggiorenni,
deve
essere
definito
solo
il
tempo
della
loro
permanenza
presso
ciascun
genitore.
Come
detto,
l’affidamento
determina
quindi
il
potere
di
assumere
le
decisioni
relative
alla
cura
degli
interessi
della
prole
minorenne,
non
i
tempi
di
permanenza
dei
figli
presso
ciascun
genitore
(vedi
quarto
paragrafo di questo capitolo) che devono essere separatamente stabiliti.
L’attuale disciplina prevede due soli tipi di affidamento: quello condiviso e quello esclusivo.
AFFIDO CONDIVISO E AFFIDO ESCLUSIVO
Come
abbiamo
visto,
l’affidamento
della
prole
conferisce
il
potere
di
prendere
le
decisioni
inerenti
alla
vita
della prole minorenne.
Uno
od
entrambe
i
genitori,
al
di
fuori
delle
rare
eccezioni
descritte
nel
paragrafo
precedente,
in
occasione
della separazione, conseguono, nei modi sopra indicati,
l’affidamento
della propria prole.
Quando
lo
conseguono
entrambi
,
i
genitori
sono
detti
coaffidatari
e
l’
“Affido”
o
“affidamento”
è
definito
dalla
legge
“condiviso”.
In
questo
caso
il
potere
di
prendere
dette
decisioni
(chiamato
anche
“potestà
genitoriale”
nella
previgente
disciplina
e
oggi
“responsabilità
genitoriale”
)
viene
esercitato
paritariamente
da
entrambi
i
coniugi.
Quando
lo
consegue
uno
solo
dei
due
si
ha
l’“Affido”
o
“affidamento”
esclusivo
e
il
potere
di
prendere
le
decisioni
di
seguito
descritte,
inerenti
alla
vita
della
propria
prole
minorenne,
viene
esercitato
unicamente
da
un
solo genitore detto
affidatario esclusivo
.
Il
regime
di
affido
preferito
dal
legislatore
è
dalla
riforma
del
2006
quello
condiviso,
mentre
è
ancora
prevista
la
possibilità
di
disporre
l’affidamento
esclusivo
a
favore
di
un
solo
genitore
per
motivi
particolari
(ad
es.
se
l’altro
genitore è alcolista, tossicodipendente, maltratta i figli, ha pendenze penali, problemi psicologici etc.).
In
caso
di
affido
esclusivo
ad
uno
dei
genitori
non
tutte
le
decisioni
sono
rimesse
a
lui.
In
particolare,
le
decisioni inerenti alla vita della prole sono distinte dalla legge
(art. 337 ter c.c.)
in
ordinarie
e
straordinarie.
le decisioni ordinarie
cosa sono
Le
decisioni
“ordinarie”
sono
individuate
secondo
un
criterio
residuale:
esse
sono
tutte
le
decisioni
non
definite
espressamente
dalla
legge
come
“straordinarie”
.
(Sono
considerate
ordinarie
ad
es.
le
decisioni
che
si
riferiscono
alla
determinazione
del
momento
in
cui
i
figli
devono
rientrare
a
casa
la
sera,
se
possono
fare
un
viaggio o no, andare ad una specifica manifestazione o meno, il regime alimentare),
chi le prende
Con
l’affido
condiviso
,
le
decisioni
ordinarie
devono
essere
perse
dai
genitori
di
comune
accordo.
Se
manca
l’accordo
dei
genitori,
queste
vengono
prese
dal
giudice
(art.lo
337
ter
c.c.,
comma
terzo)
.
Per
limitare
il
ricorso
al
tribunale
in
caso
di
disaccordo,
l’
art.
n.
337
ter
c.c.,
comma
terzo
prevede
che:
“limitatamente
alle
decisioni
su
questioni
di
ordinaria
amministrazione,
il
giudice
può
stabilire
che
i
genitori
esercitino
la
responsabilità
genitoriale
separatamente”
.
Cioè
è
possibile
stabilire
(dai
coniugi
nella
separazione
consensuale
omologata
dal
giudice,
o
dal
giudice
stesso
nella
giudiziale),
che
ogni
genitore
prende
le
decisioni
di
ordinaria
amministrazione
autonomamente quando i figli stanno con lui.
(L’art.
337
ter
c.c.
comma
terzo
stabilisce
che
con
l’affido
condiviso
la
responsabilità
genitoriale
è
esercitata
da
entrambe
i
genitori.
Tale
articolo
prevede
anche
che
“Limitatamente
alle
decisioni
su
questioni
di
ordinaria
amministrazione,
il
giudice
può
stabilire
che
i
genitori
esercitino
la
responsabilità
genitoriale
separatamente”
,
cioè
che
prendano
in
modo
disgiunto
le
decisioni
relative
all’ordinaria
amministrazione.
A
contrario
,
si
ricava
che,
salva
diversa
disposizione
del
giudice, con l’affido condiviso, le decisioni
ordinarie
devono essere perse dai genitori di comune accordo).
Con
l’affido
esclusivo
invece,
le
decisioni
ordinarie
vengono
sempre
prese
in
piena
autonomia
dal
solo
genitore affidatario esclusivo
(art. 337 quater c.c.)
.
(Tale
previsione
ricalca
la
previgente
disciplina
[1975-2006]
che
prevedeva
che
“il
coniuge
a
cui
sono
affidati
i
figli
(affido
esclusivo)
ha
la
potestà
esclusiva
su
di
essi”
[art. lo 155 co. 3 c.c. previgente normativa] e dunque prendeva da solo, in assoluta autonomia, le decisioni inerenti l’ordinaria amministrazione).
decisioni straordinarie
cosa sono
Le decisioni c.d.
“straordinarie”
sono quelle elencate tassativamente dalla legge
(art.lo 337 ter c.c., comma terzo)
.
Sono straordinarie le decisioni
“di maggiore interesse”
relative a:
1. l’istruzione (ad es. quale scuola i figli devono frequentare),
2. l’educazione, (es. il modus educandi, le frequentazioni),
3. la salute (ad es. se dovranno sottoporsi ad una specifica operazione chirurgica o meno),
4. la scelta della residenza abituale del minore,
(Alcuni tribunali considerano le decisioni inerenti al regime alimentare come di tipo straordinario poiché possono reagire sulla salute della prole).
chi le prende
Le
decisioni
“straordinarie”
devono
essere
prese,
salvo
diversa
disposizione
del
giudice,
sia
in
caso
di
affido
condiviso
(art.lo
337
ter
c.c.,
comma
terzo)
,
sia
in
caso
di
affido
esclusivo
(art.
337
quater
c.c.
terzo
comma)
,
di
comune
accordo
tra i genitori. Se manca l’accordo, dal giudice.
A CHI VIENE AFFIDATA LA PROLE IN CASO DI SEPARAZIONE DEI CONIUGI?
Dal
1975
al
2006
La
prole
dei
separati
veniva
affidata
esclusivamente
al
genitore
più
meritevole,
che
il
giudice
individuava
-questo
è
il
dato
statistico-
nella
misura
del
93%
dei
casi
nella
persona
della
madre.
Ciò,
fondamentalmente,
perché
esiste
una
letteratura
scientifica,
nota
ai
giudici,
che
afferma
che
la
madre
è
il
genitore
più
naturalmente
disposto
alla
cura
dei
figli
e
perché
era
frequente
il
caso
della
madre
casalinga
che
aveva
più
tempo
da
dedicare
ai
figli
onde
sarebbe
stato
inopportuno,
perché
foriero
di
ulteriori
liti,
conferire
i
poteri
decisionali
sui
figli
all’altro
coniuge
con
il
quale
i
figli
stessi
passavano
in
realtà
poco
tempo.
Esisteva
anche
l’istituto dell’affido congiunto che, per i motivi detti, era poco utilizzato.
La
legge
di
riforma
del
2006,
ha
stabilito
invece
che
il
regime
di
affido
ordinario
è
l’affido
condiviso.
Detto
regime,
come
descritto
nel
paragrafo
precedente,
conferisce
pari
poteri
ai
coniugi
in
ordine
alle
decisioni
ordinarie
(e straordinarie) inerenti alla vita dei figli.
È
rimasta
nella
nuova
disciplina
la
previsione
dell’affido
esclusivo
(art.
337
quater
c.c.)
che
il
giudice
dispone
quando
rileva
che
uno
dei
due
coniugi
presenta
caratteristiche
che
sconsiglierebbero
la
disposizione
dell’affido
condiviso.
Si
pensi
ad
es.
al
caso
in
cui
uno
dei
due
genitori
è
tossicodipendente
o
alcolista,
con
pendenze
penali
o
problemi psicologici. In questi casi la prole, anche oggi, viene affidata
esclusivamente
all’altro.
L’affidamento non determina la collocazione temporale dei figli presso ciascun genitore
.
COLLOCAZIONE TEMPORALE DELLA PROLE PRESSO I GENITORI SEPARATI
Tra
il
1975
e
il
2006
la
prole
veniva
collocata
presso
il
coniuge
affidatario
esclusivo.
All’altro
coniuge
veniva
riconosciuto
il
cosiddetto
“diritto
di
visita”
,
cioè
la
facoltà
di
vedere
e
tenere
con
se
la
prole
per
un
periodo
di
tempo
determinato,
che
in
genere
corrispondeva
a
poche
ore
durante
la
settimana.
Tra
il
‘75
ed
il
2006
si
è
notato
che
la
prole
di
una
coppia
separata
tendeva
a
formare
un
carattere
che
appariva
essere
una
clonazione
di
quello
del
coniuge
affidatario
esclusivo
con
il
quale
la
prole
esclusivamente
conviveva.
In
sostanza
se
la
prole
osservava
le
reazioni
ai
casi
della
vita
del
solo
genitore
con
il
quale
passava
la
quasi
totalità
del
tempo,
finiva
per
riprodurre
le
stesse
reazioni,
duplicando
la
personalità
di
quel
genitore
con
conseguenze
potenzialmente
pregiudizievoli
per
la prole che ne assorbiva anche gli eventuali difetti caratteriali.
Pertanto
il
legislatore
nel
2006
ha
riformato
il
diritto
di
famiglia
stabilendo
che
la
prole
stessa
ha
il
diritto
di
“
mantenere
un
rapporto
equilibrato
e
continuativo
con
ciascuno
dei
genitori”
(art.lo
337
ter
c.c.)
e
addirittura
“di
conservare
rapporti
significativi
con
gli
ascendenti
e
con
i
parenti
di
ciascun
ramo
genitoriale”
in
modo
da
mostrare
alla
prole
le
reazioni
non
solo
di
entrambe
i
genitori
ai
casi
della
vita,
ma
di
più
persone
ed
evitarle
il
problema
sopra descritto.
Con
la
riforma
la
prole
viene
collocata
non
presso
un
solo
genitore
ma
presso
entrambi
i
genitori
per
un
tempo
che
dovrebbe
essere
tendenzialmente
di
pari
entità.
(Nella
prassi,
per
evitare
al
minore
un’interruzione
drastica
delle
proprie
abitudini,
il
tempo
di
permanenza
della
prole
presso
ciascun
genitore
non
viene
mai
diviso
in
periodi
di
entità
esattamente
uguale
ma
viene
ancora
individuato
il
c.d.
genitore
collocatario
prevalente
,
cioè
un
genitore
che
passa
più
tempo
dell’altro
con
la
prole,
anche
se
la
divergenza
tra
il
tempo
che
la
prole
passa
con
l’uno e l’altro dei genitori è drasticamente ridotta rispetto al periodo precedente la riforma).
L’individuazione del collocatario prevalente ha rilievo per determinare
l’assegnazione della casa coniugale.
COLLOCAZIONE TEMPORALE DELLA PROLE NEI PRIMI ANNI DI VITA
Per
il
fatto
che
esiste
una
letteratura
scientifica
che
afferma
che
le
donne
sono
più
naturalmente
disposte
alla
cura
dei
figli
rispetto
agli
uomini,
per
evitare
loro
un’interruzione
drastica
dell’intenso
rapporto
biologico
con
la
madre
che
ha
la
prole
neonata
e
delle
relative
abitudini
maturate
con
la
figura
materna
nei
primi
anni
di
vita,
se
i
figli
sono
ancora
molto
piccoli
,
la
collocazione
prevalente
della
prole
viene
riconosciuta
in
genere
ancora
oggi
alla madre.
(Ciò,
come
sopra
detto
sui
criteri
per
determinare
l’affidamento
della
prole,
in
assenza
di
circostanze,
individuate
dalla
giurisprudenza,
che
sconsiglino
tale
soluzione:
madre
tossicodipendente
/
alcolizzata
/
pregiudicata / afflitta da problemi psicologici / condannata per maltrattamenti a carico della prole).
COLLOCAZIONE TEMPORALE DELLA PROLE SUPERATI I (CIRCA) 6 ANNI DI ETÀ
Se
i
figli
non
sono
più
molto
piccoli,
per
determinare
il
tempo
di
permanenza
della
prole
presso
i
genitori,
si
ha
riguardo
alla
cura
dimostrata
dai
genitori
nei
loro
confronti:
Se
è
dimostrato
che
un
genitore
tende
a
trascurare la prole o è meno portato ad averne cura, la prole viene collocata prevalentemente presso l’altro.
Se
entrambe
i
genitori
hanno
la
stessa
cura
si
ha
riguardo
alla
disponibilità
di
tempo
dei
genitori
stessi.
Uno
dei
due
potrebbe
avere
orari
di
lavoro
che
lo
impegnano
per
un
tempo
maggiore
dell’altro
e
conseguentemente
meno tempo da dedicare alla prole.
In
genere
viene
conservato
lo
status
quo
se
già
sussiste
una
divergenza
tra
il
tempo
che
la
prole
passa
con
un
genitore e con l’altro.
Se
entrambi
i
genitori
sono
meritevoli
e
hanno
a
stessa
disponibilità
di
tempo,
può
essere
prevista
una
permanenza della prole di pari entità presso ciascuno.
Una
dettagliata
disciplina
del
tempo
di
permanenza
dei
figli
presso
i
genitori
(che
indichi
i
giorni
e
le
ore)
è
lo
strumento
previsto
dal
legislatore
per
sollevare
i
coniugi
dall’onere
di
trovare
quotidianamente
un
accordo
su
tale
disciplina,
nel
momento
in
cui,
per
il
fatto
delle
liti
che
li
hanno
indotti
a
separarsi,
non
sono
più
in
grado
di
farlo.
Detta
disciplina,
in
quanto
strumento
essenziale
volto
a
risolvere
il
problema
delle
liti
sorte
durante
il
coniugio
è
pertanto
obbligatoria:
la
coppia
nella
separazione
consensuale
ha
l’obbligo
di
prevederla
nelle
proprie
pattuizioni e viene sempre disposta dal giudice nella separazione di rito giudiziale.
Il coniuge che non rispetta detta disciplina è soggetto a
severe sanzioni
.
POSSO AVERE LA COLLOCAZIONE PREVALENTE DEI FIGLI PRESSO DI ME SE NON HO RISORSE PER
MANTENERLI?
Si.
Per
il
fatto
che
il
giudice
può
spostare
le
risorse
familiari
da
un
coniuge
all’altro
con
lo
strumento
degli
assegni
di
mantenimento
e
dell’
assegnazione
della
casa
coniugale
,
il
patrimonio
e
le
facoltà
reddituali
di
un
coniuge
non
reagiscono
in
alcun
modo
sulla
individuazione
operata
dal
giudice
della
persona
meritevole
della
collocazione prevalente della prole.
Addirittura,
sotto
la
previgente
disciplina,
la
prole
veniva
quasi
sempre
affidata
e
collocata
prevalentemente
presso
il
coniuge
(la
madre)
che
in
genere
aveva
meno
risorse
proprie
per
mantenerla.
Anche
oggi
la
redditualità
dei
coniugi
non
ha
rilievo
né
nella
determinazione
del
tempo
di
permanenza
della
prole
preso
i
genitori,
né
nella
determinazione
dell’affidamento.
Se
il
coniuge
meritevole
della
collocazione
prevalente
della
prole
è
il
meno
abbiente,
come
detto,
il
giudice
gli
assicura
adeguate
risorse,
ponendo
a
carico
dell’altro
genitore
un
assegno
di
mantenimento e ove ne ricorrano i presupposti, assegnando allo stesso la casa coniugale.
POSSONO DECIDERE I FIGLI CON QUALE GENITORE VOGLIONO VIVERE?
I
figli
minorenni
non
hanno
la
c.d.
“capacità
di
agire”
e
non
possono
vincolare
il
giudice
ad
emettere
un
provvedimento
che
rispetti
i
loro
desideri.
Si
pensi
al
caso
di
una
madre
casalinga
onesta
ed
integerrima
e
di
un
padre
ricco
narcotrafficante
che
compra
ai
figli
il
motorino,
il
telefonino
top
di
gamma
e
costosi
regali
di
ogni
tipo.
Se
i
figli
fossero
interrogati
dal
giudice
circa
il
genitore
con
il
quale
volessero
vivere,
probabilmente
chiederebbero
di
essere
collocati
presso
il
padre,
per
assicurarsi
i
costosi
regali
che
offre
loro.
In
questo
caso
ovviamente
il
giudice
affiderebbe
e
collocherebbe
invece
i
figli
esclusivamente
presso
la
madre,
cioè
disporrebbe
–nel
loro
interesse-
esattamente
il
contrario
della
volontà
espressa
dai
figli
al
giudice.
Quantunque
la
prole
minorenne
non
abbia
la
possibilità
di
decidere
sul
proprio
affidamento
viene
ascoltata
dal
giudice
se
maggiore
di
anni
12
ed
anche
i
figli
infra-dodicenni
possono
essere
ascoltati
dal
giudice
se
“capaci
di
discernimento”
(art.
337
octies
c.c.)
.
Lo
scopo
di
questa
audizione
è
l’assunzione
di
informazioni
per
determinare
l’affido,
non
essendo
vincolanti, come appena detto, per il giudice i desideri della prole minorenne.
Con
la
maggiore
età
i
figli
possono
decidere
autonomamente
cosa
fare,
anche
abbandonare
la
casa
di
entrambi
i
genitori.
Se
entrambi
i
genitori
separati
vogliono
accoglierli
nella
propria
abitazione
la
prole
stessa
maggiorenne
può
decidere
con
quale
dei
due
genitori
vivere.
Se
i
genitori
separati
non
vogliono
avere
i
figli
maggiorenni
presso
la
propria
abitazione,
sono
obbligati
a
procurargliene
un
altra,
fino
al
termine
del
diritto
al
mantenimento
.
POSSO DISATTENDERE IL PROVVEDIMENTO DEL TRIBUNALE SULL’AFFIDO DEI FIGLI ?
Il
provvedimento
del
tribunale
o
quello
che
conclude
la
separazione
con
negoziazione
assistita
detta
anche
regole, che i coniugi sono obbligati a rispettare, sulla gestione dei figli.
Come
detto,
la
funzione
di
tale
provvedimento
è
infatti
anche
quella
di
sollevare
i
coniugi
dalla
necessità
di
accordarsi
quotidianamente
sulla
gestione
dei
figli
in
un
momento
in
cui,
per
il
fatto
delle
liti
che
li
hanno
indotti
a separarsi, non sono più in grado di farlo.
Il
provvedimento
si
sostituisce
ai
coniugi
nel
determinare
chi
prende
i
figli,
quando,
la
misura
del
contributo
economico
al
loro
mantenimento
etc.,
per
evitare
che
i
coniugi
possano
continuare
le
liti
a
causa
del
disaccordo
su
tali
punti.
Evidentemente,
se
il
rispetto
del
contenuto
del
provvedimento
potesse
essere
disatteso
da
uno
dei
coniugi, perderebbe del tutto lo scopo per cui è previsto dall’ordinamento.
Proprio
perché
il
provvedimento
serve,
inter
alia,
a
risolvere
il
problema
del
disaccordo
sulla
gestione
dei
figli,
la
Legge
prevede
che
ove
invece
i
coniugi
riescano
ad
accordarsi
su
tale
gestione,
gli
stessi
possano
derogare
al
contenuto
del
provvedimento
(limitatamente
alla
disciplina
dei
rapporti
personali,
non
a
quella
dei
rapporti
patrimoniali).
Ad
es.,
se
il
provvedimento
prevede
che
il
padre
debba
vedere
e
tenere
con
se
i
figli
il
giovedì,
è
ammesso
che
i
coniugi
di
comune
accordo
stabiliscano
che
invece
li
prenda
il
venerdì.
Se
manca
o
viene
meno
l’accordo
dei
coniugi,
deve
invece
essere
rispettato
il
dettato
del
provvedimento
perché
questo
possa
esplicare
la
sua funzione sopra descritta.
COSA SUCCEDE SE UN CONIUGE NON RISPETTA IL PROVVEDIMENTO DEL TRIBUNALE ?
Come
sopra
detto,
è
possibile
derogare
per
accordo
tra
i
coniugi
alla
disciplina
dei
rapporti
personali
(con
chi
stanno i figli, quando, etc.) stabilita dal provvedimento che definisce la separazione consensuale o giudiziale.
Se
un
coniuge
non
rispetta
la
disciplina
dei
rapporti
personali
in
assenza
del
consenso
dell’altro
,
può
essere
denunciato
penalmente
e
può
essere
condannato
ad
una
multa
da
75
a
5000
€,
salvo
il
risarcimento
del
danno
all’altro
coniuge.
Così
ad
es.
se
il
provvedimento
prevede
che
i
figli
debbano
essere
presi
e
tenuti
dal
padre
il
giovedì,
la
madre
per
quel
giorno
può
evidentemente
organizzare
il
proprio
lavoro
o
il
proprio
tempo
libero.
Se
il
padre
non
si
reca
a
prendere
la
prole,
la
madre
sarà
costretta
a
rimanere
con
figli
minorenni
perdendo
un’opportunità lavorativa o ricreativa e subendo un danno che il marito è tenuto risarcire.
La
disciplina
dei
rapporti
patrimoniali
(determinazione
della
misura
degli
assegni
e
del
tempo
del
pagamento)
con
cui
il
giudice
ha
assicurato
sufficienti
risorse
economiche
alla
prole
-a
differenza
di
quella
dei
rapporti personali- non può essere derogata per accordo tra i coniugi e deve essere sempre rispettata.
Vedi
qui
i
rimedi
previsti
dall’ordinamento
nel
caso
in
cui
un
coniuge
si
renda
inadempiente
agli
obblighi
che
trovano
fonte
nel
provvedimento
di
separazione
consensuale
(ottenuta
in
tribunale
o
per
il
tramite
della
negoziazione assistita o eseguita davanti al sindaco) o giudiziale.
POSSO CHIEDERE, DOPO LA CONCLUSIONE DELLA SEPARAZIONE, LA MODIFICA DELLE CONDIZIONI DI
AFFIDO DEI FIGLI O DEI TEMPI DI PERMANENZA DEGLI STESSI PRESSO I GENITORI?
Si
è
sempre
possibile
chiedere
al
tribunale
di
modificare
d’imperio
i
tempi
di
permanenza
dei
figli
presso
i
genitori
e
le
condizioni
di
affido
dei
figli
(o
domandare
da
parte
dei
coniugi
consenzienti,
congiuntamente
che
sia
disposta
tale
modifica)
sia
che
queste
siano
state
stabilite
per
accordo
dei
coniugi
nella
separazione
consensuale
sia che siano state decise dal giudice nella separazione giudiziale e ciò un numero illimitato di volte.
Se
manca
l’accordo
delle
parti
sulla
modificazione
del
regime
di
affido
e
tale
modificazione
viene
chiesta
contro
la
volontà
dell’altro
genitore
in
un
giudizio
contenzioso,
la
domanda
di
modifica
delle
condizioni
di
affido
è
consentita
solo
se
,
successivamente
all’emissione
dell’ultimo
provvedimento,
siano
intervenute
delle
novità,
ad
es. un genitore maltratta i figli o li trascura.
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