INDICE DEL CAPITOLO
COS’È
IL
DIVORZIO
-
DIFFERENZA
TRA
IL
DIVORZIO
E
LA
SEPARAZIONE
-
QUANDO
POSSO
DIVORZIARE
-
LIMITE
DI
EFFICACIA
DELLA
SENTENZA
DI
DIVORZIO
-
L’ASSEGNO
DIVORZILE
-
IL
PAGAMENTO
DELL’ASSEGNO
DIVORZILE
IN
UN
UNICA
SOLUZIONE
-
L’ASSEGNO
DI
MANTENIMENTO
DEI
FIGLI
NEL
DIVORZIO
-
L’AFFIDAMENTO
DELLA
PROLE
NEL
DIVORZIO
-
L’ASSEGNAZIONE
DELLA
CASA
CONIUGALE
NEL
DIVORZIO
-
IL
DIRITTO
AD
UNA
QUOTA
DEL
TRATTAMENTO
DI
FINE
RAPPORTO
PERCEPITO
DALL’ALTRO
CONIUGE
-
IL
DIRITTO
ALLA
PENSIONE
DI
REVERSIBILITÀ
-
I
DIRITTI
SUCCESSORI
NEL
DIVORZIO
-
LA
MODIFICA
DELL’ASSEGNO
E
DELL’AFFIDAMENTO
DEI
FIGLI
DOPO
LA
SENTENZA
DEFINITIVA DI DIVORZIO
-
TASSE E AGEVOLAZIONI FISCALI NEL DIVORZIO
__________________________________________
SE DOPO IL DIVORZIO INTERVENGONO DELLE INNOVAZIONI NEI RAPPORTI PERSONALI POSSO
CHIEDERE LA MODIFICAZIONE DELLA SENTENZA DEFINITIVA DI DIVORZIO?
Si,
è
possibile
chiedere
un
numero
illimitato
di
modificazioni
(art.lo
9
comma
1
L.898/70)
della
disciplina
dei
rapporti
personali
contenuta
nella
sentenza,
anche
se
questa
è
ormai
passata
in
giudicato
,
purché
successivamente,
intervengano
delle
innovazioni:
ad
es.
il
coniuge
con
i
quale
i
figli
erano
prevalentemente
collocati,
assegnatario
della
casa
coniugale
,
cambia
casa
o
si
trasferisce
in
un
altra
città
rendendo
più
difficile
o
impossibile
ai
figli
la
conservazione
della
abitudini
maturante
nell’ambiente
domestico.
In
questo
caso,
l’altro
coniuge
può
chiedere
l’assegnazione
a
se
della
casa
coniugale
o
una
diversa
disciplina
del
tempo
di
permanenza
dei
figli
presso
i
genitori.
Oppure
se
il
coniuge
affidatario
esclusivo
della
prole
prende
a
maltrattarla
o
manifesta
problemi
psicologici,
l’altro
può
chiedere
in
qualunque
tempo,
anche
dopo
il
passaggio
in
giudicato
della
sentenza
di
divorzio,
una
sua
modificazione
che adegui la disciplina in essa contenuta alle insorgenze dette.
Se
non
avvengono
innovazioni
nei
rapporti
personali
dopo
che
l’ultimo
provvedimento
è
passato
in
giudicato, non è possibile chiedere una modifica della disciplina che li regola.
È
possibile
domandare
una
modifica
della
sentenza
di
divorzio,
ricorrendone
gli
indicati
presupposti,
sia
che
questa
sia
stata
emessa
all’esito
di
una
procedura
di
tipo
consensuale,
sia
che
sia
stata
emessa
all’esito di una procedura di natura contenziosa.
SE DOPO IL DIVORZIO INTERVENGONO DELLE INNOVAZIONI NEI RAPPORTI PATRIMONIALI POSSO
CHIEDERE LA MODIFICAZIONE DELLA SENTENZA DEFINITIVA DI DIVORZIO?
Si,
è
possibile
chiedere
un
numero
illimitato
di
modificazioni
(art.lo
9
comma
1
L.898/70)
(ad
es.
aumenti
o
riduzioni
dell’assegno
divorzile),
purché
intervengano,
successivamente
all’ultimo
provvedimento
che
li
dispone,
anche
se
passato
in
giudicato,
delle
innovazioni
(es.
l’ex
coniuge
più
abbiente
ha
fatto
carriera
e
guadagna
di
più,
ovvero
è
stato
licenziato
o
la
sua
azienda
è
entrata
in
crisi
e
guadagna
meno)
con
i
seguenti limiti
:
1
.
Se
nella
procedura
di
divorzio
a
domanda
congiunta
è
stata
scelta
la
soluzione
del
pagamento
dell’assegno
divorzile
in
un
unica
soluzione
,
non
è
possibile
per
il
beneficiario
di
detta
prestazione
avanzare
alcuna
successiva
richiesta
avente
contenuto
patrimoniale
e
pertanto
non
gli
è
possibile
chiedere
un
assegno
divorzile
periodico.
In
questo
caso,
al
beneficiario
del
pagamento
dell’assegno
divorzile
in
un
unica
soluzione
è
consentito
chiedere,
ricorrendone
i
presupposti
di
cui
sopra,
(oltre
alla
modifica
della
disciplina
dei
rapporti
personali
come
indicato
nel
paragrafo
precedente),
la
sola
modifica degli assegni per il mantenimento della prole.
2
.
La
Legge
riconosce
il
diritto
ad
un
assegno
divorzile
periodico
all’ex
coniuge
meno
abbiente
perché
considera
il
vincolo
di
solidarietà
tra
i
coniugi
sorto
con
il
matrimonio,
affievolito
ma
non
estinto
con
il
divorzio
(c.d.
funzione
assistenziale
dell’assegno
divorzile
periodico)
e
per
tutelare
le
giuste
aspettative
di
benessere
nutrite
dal
coniuge
meno
abbiente
che,
anche
per
esse,
ha
profuso
nel
matrimonio
il
proprio
lavoro
casalingo
(equiparato
dall’
art
143
c.c
.
al
lavoro
professionale)
spesso
rinunciando per questo ad un lavoro professionale.
Dette
aspettative
tutelate,
nel
significato
proprio
del
temine,
sono
quelle
che
derivano
da
una
previsione
che
il
coniuge
meno
abbiente
ha
effettuato
circa
il
benessere
del
quale
avrebbe
goduto
se
il
matrimonio
si
fosse
conservato.
Pertanto,
per
poter
chiedere
un
aumento
dell’assegno
divorzile
è
necessario
che
il
coniuge
obbligato
(colui
che
paga
l’assegno)
abbia
fatto
una
“
carriera
prevedibile
”
sulla
quale
l’altro
coniuge
aveva
proiettato
le
proprie
aspettative
in
costanza
di
matrimonio.
Così
ad
es.
se
un
coniuge
impiegato
diventa
dirigente
e
raddoppia
i
propri
redditi,
è
possibile
per
l’altro
chiedere
un
adeguamento
dell’assegno
divorzile
periodico
che
riceve,
perché
tale
carriera
lavorativa
era
prevedibile
e
pertanto
idonea
a
fondare
aspettative
in
capo
al
coniuge
beneficiario
(colui
che
riceve
l’assegno).
Se
invece
l’ex
coniuge
che
sta
pagando
l’assegno
faceva
il
portiere
di
un
condominio
e
poi
vince
al
totocalcio
una
somma
ingente,
non
è
possibile
chiedere
un
aumento
dell’assegno
divorzile
per
questo
motivo,
perché
l’altro
coniuge,
durante
il
matrimonio,
non
aveva
maturato
alcuna
aspettativa
di
migliorare
il
proprio
benessere
economico
sulla
base
della
previsione
del
verificarsi di una simile eventualità.
3
.
Nel
caso
in
cui
i
redditi
dell’obbligato
abbiano
subito
un
detrimento,
perché
questi
possa
chiedere
una
riduzione
degli
assegni
che
è
tenuto
a
pagare,
il
peggioramento
delle
proprie
condizioni
economiche
deve
essere
avvenuto
per
cause
non
imputabili
alla
propria
volontà
.
Ad
es.
se
l’obbligato
alla
corresponsione
dell’assegno
si
licenzia
volontariamente
non
può
per
questo
motivo
chiedere
di
essere
sollevato
dall’obbligo
di
pagare.
Se
invece
viene
licenziato
non
per
sua
colpa
può
chiedere di essere sollevato da tale obbligo o di ridurre l’entità dell’assegno che è tenuto a versare.
4
.
Se
non
avvengono
innovazioni
dopo
l’ultimo
provvedimento,
non
è
possibile
chiedere
una
modifica
delle
condizioni
di
divorzio
per
un
semplice
ripensamento,
perché
ad
es.
si
ritiene
di
aver
chiesto
in
una procedura consensuale un assegno troppo basso o di averne offerto uno troppo alto.
È
possibile
domandare
una
modifica
della
sentenza
di
divorzio
sia
che
questa
sia
stata
emessa
all’esito
di
una
procedura
di
tipo
consensuale,
sia
che
sia
stata
emessa
all’esito
di
una
procedura
di
natura
contenziosa.
É
prevista
dalla
normativa
la
possibilità
di
ottenere
la
modificazione
dell’ultimo
provvedimento
anche
nella separazione
.
PERCHÉ É POSSIBILE OTTENERE LA MODIFICA DELL’ASSEGNO E DELLE ALTRE CONDIZIONI DELLA
SEPARAZIONE E DEL DIVORZIO DOPO CHE LE RELATIVE PROCEDURE SONO TERMINATE ED É STATO
EMESSO IL PROVVEDIMENTO FINALE
La disciplina speciale del divorzio differisce sostanzialmente da quella della cause ordinarie.
Nelle
cause
ordinarie
,
l’interesse
del
legislatore
è
quello
di
assicurare
la
c.d.
certezza
del
diritto,
pertanto
è
previsto
che
una
sentenza
“passata
in
giudicato”
(cioè
che
ha
subito
anche
il
vaglio
della
Corte
di
Appello
e
della
Corte
di
Cassazione,
oppure
non
è
stata
impugnata
entro
i
termini
stabiliti
dalla
legge),
non
possa
mai
essere
modificata.
É
una
soluzione
che
deriva
dall’antico
diritto
romano.
I
giuristi
latini
dicevano
che
una
sentenza
passata
in
giudicato
fa
“de
albo
nigro”,
cioè
se
una
cosa
è
bianca
ma
passa
in
giudicato
una
sentenza
che
afferma
che
quella
cosa
è
nera,
quella
cosa
sarà
giuridicamente
nera
per
sempre, anche se appare ed è bianca.
Facciamo
un
esempio:
immaginiamo
che
un
condòmino
abbia
avuto
il
possesso
continuato
e
ininterrotto
di
una
soffitta
per
20
anni
e
pertanto
ritenga
di
averla
usucapita
e
che
un
altro
condomino
ritenga
di
aver
fatto
la
stessa
cosa.
Sorge
una
lite,
il
primo
vince
la
causa
e
il
secondo
non
appella,
oppure
la
sentenza
di
primo
grado
viene
confermata
sia
in
Corte
di
Appello,
sia
in
Corte
di
Cassazione.
In
questo
caso
la
sentenza
“passa
in
giudicato”
e
non
potrà
mai
essere
modificata,
nemmeno
se
è
frutto
di
un
errore.
(Con la sola eccezione dell’ipotesi del rinvenimento di prove che la sentenza fu frutto di corruzione).
Perché l’ordinamento ha previsto questa soluzione?
Perché
se
così
non
fosse,
cioè
se
si
potesse
mettere
in
discussione
le
sentenze
passate
in
giudicato,
nell’esempio,
il
condòmino
che
ha
vinto
la
causa
non
potrebbe
vendere
a
terzi
la
soffitta
della
quale
gli
è
stata
riconosciuta
la
proprietà,
perché
il
terzo
acquirente
non
la
compererebbe
sapendo
che
potrebbe
perderla
solo
che
la
sentenza
che
ha
riconosciuto
il
diritto
di
proprietà
in
capo
al
suo
dante
causa
(chi
gli
vende la soffitta) potesse essere messa di nuovo in discussione.
Se
le
sentenze
delle
cause
ordinarie
non
fossero
destinate
a
passare
in
giudicato
e
a
fare
“de
albo
nigro”,
ad
es.
ogni
diritto
di
proprietà
riconosciuto
da
una
sentenza
sarebbe
solo
virtuale
e
a
rischio,
non
ci
sarebbe
certezza
del
diritto
e
questo
renderebbe
impossibili
gli
scambi
commerciali
e
la
stessa
creazione
di
ricchezza nel paese. Nessuno comprerebbe un diritto di proprietà accertato da un sentenza.
Per
evitare
questo
problema
l’ordinamento
prevede
che,
come
detto,
nelle
cause
ordinarie
le
sentenze
passate
in
giudicato
non
possono
più
essere
messe
in
discussione
da
alcuno,
nemmeno
se
sono
frutto
di
un
errore.
Se
sono
sbagliate,
prima
del
passaggio
in
giudicato
possono
essere
riesaminate
dalla
Corte
di
Appello
ma
solo
se
impugnate
entro
stretti
termini
(1
mese
se
la
sentenza
viene
notificata,
oppure
6
mesi
da
quando
sono
state
emesse
dal
Tribunale).
Se
si
ritiene
che
sia
sbagliata
la
sentenza
della
Corte
di
Appello,
si
può
chiedere
entro
stretti
termini
(60
gg.
se
notificata
o
6
mesi
se
non
notificata),
che
tale
sentenza
sia
cassata
dalla
Corte
di
Cassazione.
Una
volta
che
la
Corte
di
Cassazione
ha
deciso,
oppure
una
volta
che
sono
decorsi
i
termini
per
impugnare
senza
che
impugnazione
sia
stata
fatta,
tale
sentenza
passa
in
giudicato
e
non
può
essere,
come
detto,
messa
in
discussione
nemmeno
se
è
evidentemente
erronea.
In
questo
modo
i
cittadini
hanno
la
c.d.
certezza
del
diritto
e
possono
-per
rimanere
nell’esempio-
comperare
la soffitta avendo la certezza di conseguire certamente e definitivamente la proprietà della stessa.
Tale
soluzione
invece
è
del
tutto
inadatta
a
disciplinare
gli
eventi
in
continuo
divenire
della
vita
di
una
famiglia.
I
figli
crescono
e
se
quando
erano
piccoli
si
dovevano
portare
solo
al
parco
e
nutrirli,
quando
diventano
adolescenti
hanno
la
necessità
di
comperare
il
ciclomotore,
pagare
le
bollette
del
telefonino,
le
discoteche,
i
pub,
le
tasse
universitarie
etc..
È
fisiologico
che
i
figli,
crescendo,
aumentino
le
proprie
necessità.
Per
contro,
anche
i
genitori
in
genere,
col
passare
degli
anni,
fanno
carriera
e
pertanto
conseguono
redditi
maggiori.
Se
nelle
procedure
speciali
di
separazione
e
di
divorzio
si
applicasse
la
regola
delle
cause
ordinarie,
secondo
la
quale
le
sentenze
passate
in
giudicato
diventano
immodificabili,
avremmo
degli
assegni
di
mantenimento
determinati
sulla
base
dei
redditi
che
l’obbligato
aveva
all’inizio
della
carriera
anche
dopo
20
anni
quando
l’obbligato
ha
ad.
es.
raddoppiato
i
propri
redditi
e
i
suoi
figli
hanno
raddoppiato
le
proprie
esigenze.
Tale
sentenza
sarebbe
del
tutto
inadeguata
a
disciplinare
una
situazione di fatto completamente mutata.
Per
questo
motivo
l’ordinamento
affida
la
disciplina
delle
procedure
di
separazione
e
di
divorzio
non
alla
normativa
ordinaria
ma
ad
una
normativa
detta
speciale
che
prevede
che
sia
sempre
possibile
chiedere
la
modifica
ad
es.
degli
assegni
e
un
numero
illimitato
di
volte
a
condizione
che
effettivamente,
in
un
tempo
successivo
al
passaggio
in
giudicato
della
sentenza,
si
siano
verificate
delle
innovazioni
nelle
condizioni personali e patrimoniali della famiglia che giustifichino una modificazione della sentenza.
QUANDO É POSSIBILE CHIEDERE UNA MODIFICA DELLE CONDIZIONI DI DIVORZIO DOPO CHE LA
SENTENZA È PASSATA IN GIUDICATO?
In
qualunque
momento,
quindi
anche
un
minuto
dopo
l’emissione
dell’ultimo
provvedimento.
Non
c’è
un
tempo
minimo
stabilito
dalla
legge
da
attendere
prima
di
chiedere
la
modifica
di
una
sentenza
definitiva
di
divorzio.
Come
sopra
detto
però,
si
può
domandare
detta
modifica
solo
se
siano
mutati
i
rapporti
personali
della
coppia
(ad
es.
se
un
genitore
trascura
o
maltratta
i
figli),
oppure
quelli
patrimoniali
(es.
un
ex
coniuge
ha
fatto
carriera
e
guadagna
molto
più
del
momento
in
cui
venne
determinato
l’attuale
assegno
divorzile
o
quelli
di
mantenimento
dei
figli),
con
le
esclusioni
sopra
indicate.
Una
modificazione
fisiologica
delle
condizioni
patrimoniali
della
coppia
che
consente
di
ottenere
la
modificazione
degli
assegni
si
verifica
in
genere
quando
sia
passato
un
tempo
notevole
dopo
il
divorzio
e
i
genitori,
come
in
genere
avviene,
hanno
fatto
carriera
aumentando
i
propri
redditi,
mentre
i
figli
crescendo
hanno
visto
aumentare
le
proprie
esigenze.
(I
figli
finché
sono
piccoli
vanno
solo
nutriti
e
portati
al
parco.
Quando
diventano
grandi
hanno
bisogno
di
comperare
il
ciclomotore,
di
pagare
il
pub,
la
discoteca,
di
comperare
il
telefonino,
di
pagare
le
bollate
del
gestore
telefonico
per
parlare
con
la
fidanzatina/il fidanzatino etc).
Un
recente
sentenza
della
Suprema
Corte
la
n.
11504/17
ha
modificato
l’interpretazione
della
legge
sulla
determinazione
della
misura
dell’assegno
divorzile.
In
alcuni
casi
è
pertanto
possibile
chiedere
di
rivedere le condizioni di divorzio stabilite da una precedente sentenza.
vedi amplius Qui.
COME POSSO OTTENERE UNA MODIFICAZIONE DELLA SENTENZA DI DIVORZIO?
Vi sono 3 tipi di procedure:
due
sono
procedibili
solo
se
sorge
preventivamente
l’accordo
degli
ex
coniugi
sul
fatto
di
modificare
le
condizioni
di
divorzio
e
sulla
nuova
disciplina
sostitutiva.
Una
prescinde
dall’accordo
degli
ex
coniugi
e
prevede
che
la
modifica
della
corrente
disciplina
dei
rapporti
della
(ex)
coppia
possa
essere
disposta
dal
giudice
(che
accerti
l’effettiva
mutazione
dello
stato
di
fatto
e
dei
rapporti
personali
e/o
patrimoniali
degli
ex
coniugi
rispetto
al
momento
dell’emissione
dell’ultimo
provvedimento),
su
istanza
di
parte,
anche
contro la volontà dell’altro coniuge.
In particolare sono previste:
1
.
La
procedura
di
modifica
delle
condizioni
di
divorzio
a
domanda
congiunta
,
(art.
9
L.
898/70)
da
svolgersi
in
tribunale,
nella
quale
viene
proposta
dalla
coppia
di
ex
coniugi
un’
unica
“
domanda
”
(cioè
una
richiesta
al
tribunale
di
disporre
uno
specifico
provvedimento)
che
contiene
le
modifiche
alla
precedente
sentenza,
richieste
congiuntamente
dalle
parti,
il
cui
contenuto
pertanto
è
stato
precedentemente negoziato e
sul quale è sorto un accordo
.
È possibile eseguire la procedura con l’assistenza di un solo avvocato per entrambi gli ex coniugi.
questa procedura dura circa 4-8 mesi.
Il
giudice
può
respingere
detta
domanda
congiunta
se
l’interesse
della
prole
non
è
adeguatamente
curato
dalla
disciplina
in
essa
contenuta.
(Se
la
respinge
si
conserva
per
l’effetto
la
validità
della
disciplina
dell’ultimo
provvedimento,
come
se
la
procedura
non
fosse
stata
nemmeno
iniziata).
(Nell’art.
9
L.
898/70
v’è
scritto
“su
istanza
di
parte”,
ma
detto
articolo
è
interpretato
estensivamente consentendo alle parti di avanzare una domanda congiunta).
______________________
2
.
La
procedura
di
modifica
delle
condizioni
di
divorzio
con
negoziazione
assistita
,
(L.
162/14)
che
si
svolge
senza
che
la
coppia
debba
mai
andare
in
tribunale
,
nella
quale
viene
proposta
un’
unica
domanda,
contenente
le
modifiche
alla
precedente
sentenza
che
la
coppia
di
ex
coniugi
chiede
al
tribunale,
per
il
solo
tramite
dei
propri
legali,
di
disporre
recependole
in
un
nuovo
provvedimento.
Il
contenuto
della
(unica)
domanda
comune
per
i
due
coniugi
sul
quale
è
sorto
un
accordo
,
in
questo
caso, è frutto di negoziazioni eseguite con l’assistenza dei difensori.
È necessaria la presenza di (almeno) un avvocato per ciascun ex coniuge.
questa procedura dura circa 2 mesi.
Il
giudice
può
respingere
detta
domanda
congiunta
se
l’interesse
della
prole
non
è
adeguatamente
curato
dalla
disciplina
in
essa
contenuta.
(Se
la
respinge
si
conserva
per
l’effetto
la
validità
della
disciplina
dell’ultimo
provvedimento
essendo,
in
questo
caso,
considerata
tamquam
non esse la procedura di modifica).
______________________
3
.
La
procedura
contenziosa
di
modifica
delle
condizioni
di
divorzio
,
(art.
9
L.
898/70)
da
svolgersi
in
tribunale,
che
viene
promossa
da
un
coniuge
contro
la
volontà
dell’altro,
in
assenza
di
un
accordo
.
In
questa
procedura
giudiziale,
se
l’altro
coniuge
non
si
presenta
o
non
dà
mandato
ad
un
avvocato,
la
procedura
prosegue
in
sua
assenza,
fino
all’emissione
di
una
sentenza
al
cui
rispetto
entrambi
i
coniugi,
quindi
anche
il
coniuge
che
è
stato
assente
durante
la
procedura,
saranno
giuridicamente obbligati.
In
essa
vengono
proposte
dagli
ex
coniugi
domande
differenti
ed
incompatibili
tra
loro.
(ad
es.
un
coniuge
chiede
l’aumento
dell’assegno
divorzile
periodico
e
l’altro
di
non
concedere
detto
aumento
o
di
diminuire
l’entità
dell’assegno).
Sarà
il
giudice
d’imperio
a
decidere,
al
posto
dei
coniugi
che
non
si
sono
accordati,
se
modificare
l’ultima
sentenza
in
modo
conforme
alla
domanda
di
un
coniuge,
a
quella
dell’altro,
ovvero
difformemente
da
entrambe,
scegliendo
ad
es.,
con
riferimento
ad
una
domanda
di
modifica
dei
rapporti
patrimoniali,
di
modificare
l’entità
degli
assegni
in
una
misura mediana rispetto a quelle richieste dai coniugi.
Se
si
chiede
di
modificare
l’assegno
periodico
dell’ex
coniuge,
trattandosi
di
un
diritto
disponibile,
soggetto
al
principio
della
domanda,
il
giudice
non
potrà
disporre
un
assegno
che
esuberi
la
misura
domandata
dalle
parti.
Cioè
non
potrà
aumentare
l’assegno
più
di
quanto
richiesto
del
coniuge
che
ne
invoca
una
maggiorazione
né
diminuirlo
più
di
quanto
richiesto
dal
coniuge
che
ne
chiede una riduzione.
Se
si
chiede
di
modificare
l’assegno
per
il
mantenimento
dei
figli,
trattandosi
di
un
diritto
indisponibile,
non
soggetto
ai
limiti
della
domanda,
il
giudice
può
disporre
anche
un
assegno
maggiore della misura massima domandata dalle parti.
È necessario il ministero di un avvocato per ciascun coniuge.
questa
procedura
può
durare
anche
4-5
anni
per
il
fatto
della
lunga
fase
istruttoria
durante
la
quale
il
giudice,
che
non
conosce
gli
ex
coniugi,
acquisisce
i
dati
che
gli
consentiranno
di
decidere
in
modo ponderato.
Il
giudice
può
respingere
entrambe
le
domande
di
modifica
delle
condizioni
di
divorzio
se
la
disciplina
in
esse
contenuta,
con
riferimento
all’affido
della
prole
o
ai
tempi
di
permanenza
della
stessa
presso
i
genitori,
è
inidonea
a
curare
adeguatamente
gli
interessi
dei
figli
o
se,
con
riferimento
ad
una
domanda
di
modifica
degli
assegni,
non
rinviene
un’innovazione
dei
rapporti
patrimoniali
degli ex coniugi rispetto a quelli indicati nell’ultimo provvedimento.
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