INDICE DEL CAPITOLO
COS’È
IL
DIVORZIO
-
DIFFERENZA
TRA
IL
DIVORZIO
E
LA
SEPARAZIONE
-
QUANDO
POSSO
DIVORZIARE
-
LIMITE
DI
EFFICACIA
DELLA
SENTENZA
DI
DIVORZIO
-
L’ASSEGNO
DIVORZILE
-
IL
PAGAMENTO
DELL’ASSEGNO
DIVORZILE
IN
UN
UNICA
SOLUZIONE
-
L’ASSEGNO
DI
MANTENIMENTO
DEI
FIGLI
NEL
DIVORZIO
-
L’AFFIDAMENTO
DELLA
PROLE
NEL
DIVORZIO
-
L’ASSEGNAZIONE
DELLA
CASA
CONIUGALE
NEL
DIVORZIO
-
IL
DIRITTO
AD
UNA
QUOTA
DEL
TRATTAMENTO
DI
FINE
RAPPORTO
PERCEPITO
DALL’ALTRO
CONIUGE
-
IL
DIRITTO
ALLA
PENSIONE
DI
REVERSIBILITÀ
-
I
DIRITTI
SUCCESSORI
NEL
DIVORZIO
-
LA
MODIFICA
DELL’ASSEGNO
E
DELL’AFFIDAMENTO
DEI
FIGLI
DOPO
LA
SENTENZA
DEFINITIVA DI DIVORZIO
-
TASSE E AGEVOLAZIONI FISCALI NEL DIVORZIO
__________________________________________
SE DIVORZIO CONTINUERÒ A RICEVERE L’ASSEGNO DI MANTENIMENTO CHE RICEVO DA SEPARATA?
Lo
status
di
“coniuge
separato”
cessa
quando
la
coppia
divorzia
e
sorge
quello
di
“ex
coniuge
divorziato”
.
Pertanto
tutti
i
diritti
che
trovavano
fonte
nel
provvedimento
che
disciplinava
la
separazione,
con
il
divorzio
si
estinguono
e
sorgono
invece
i
diritti
che
trovano
fonte
nel
diverso
provvedimento
che
dispone e regola il divorzio.
L’
assegno
di
mantenimento
per
il
coniuge
meno
abbiente
disposto
dal
provvedimento
della
separazione
(e
previsto
dalla
legge
solo
con
riferimento
alla
separazione),
pertanto,
non
è
più
dovuto
dopo il divorzio. Dopo il divorzio può essere invece dovuto il differente
assegno divorzile
.
Siccome
però
i
presupposti
per
il
riconoscimento
dell’
“assegno
di
mantenimento”
nella
separazione
(art.lo
156
c.c.)
e
quelli
per
il
riconoscimento
dell’
“assegno
divorzile”
nel
divorzio
(art.lo
5
coma
4
L.898/70)
sono
differenti
e
quelli
del
divorzio
più
stringenti,
il
coniuge
che
godeva
di
un
assegno
di
mantenimento
durante
la
separazione,
con
il
divorzio,
non
è
certo
di
sostituire
detto
assegno
con
uno
divorzile di pari entità, né di ricevere un assegno divorzile.
In
particolare,
nel
divorzio,
rispetto
alla
separazione,
è
previsto
un
criterio
in
più
da
soddisfare
per
poter
ricevere
l’assegno
e
4
criteri
in
più
per
ottenerne
uno
della
stessa
misura
di
quello
di
mantenimento
goduto nella separazione.
Naturalmente
quanto
sopra
vale
se
i
coniugi
non
si
accordano
sulla
disciplina
dei
propri
rapporti
successivi
al
divorzio
e
pertanto
uno
dei
due
inizia
una
procedura
di
divorzio
contenzioso
,
ove
l’assegno
viene
determinato
dal
giudice,
al
posto
dei
coniugi
che
non
si
sono
accordati,
in
base
ai
criteri
stabiliti
dalla legge.
Se
invece
i
coniugi
si
accordano
ed
eseguono
una
procedura
di
divorzio
di
tipo
consensuale
sono
i
coniugi
stessi
a
prevedere
la
disciplina
dei
propri
rapporti
successivi
al
divorzio,
pertanto
il
coniuge
che
era
beneficiario
di
un
assegno
di
mantenimento
durante
la
separazione
riceverà
evidentemente,
dopo
il
divorzio, l’
assegno divorzile
convenuto.
_________________________________
(nel
divorzio,
c’è
1
criterio
in
più
da
soddisfare
per
poter
ricevere
l’assegno
divorzile
rispetto
all’unico
criterio
(la
mancanza
di
adeguati
redditi
propri)
che
definisce
il
diritto
di
ricevere
l’assegno
di
mantenimento
nella
separazione
e
4
criteri
in
più
per
determinarne
la
misura,
rispetto
all’unico
criterio
(l’idoneità
a
consentire
la
conservazione
del
tenore
di
vita
goduto
in
costanza
di
matrimonio)
che
disciplina
la
misura dell’assegno nella separazione).
_________________________________
COS’È L’ASSEGNO DIVORZILE
L’assegno
divorzile
è
una
corresponsione
periodica
in
denaro
(detta
“assegno
divorzile
periodico”
)o
una
sola
corresponsione
di
beni
(detta
“assegno
divorzile
in
un’unica
soluzione”
)
che
l’ex
coniuge
più
abbiente
può
essere
tenuto
-in
forza
di
una
sentenza
o
altro
provvedimento
equivalente
-
a
corrispondere
all’altro dopo il divorzio.
Il
motivo
è
nel
conservarsi
di
quel
vincolo
di
solidarietà
che
è
sorto
con
il
matrimonio
e
che
il
legislatore
considera
affievolito
ma
non
estinto
con
il
divorzio
(c.d.
funzione
assistenziale
dell’assegno
divorzile
periodico);
nella
tutela
delle
aspettative
di
benessere
economico
che
il
coniuge
divorziato
ha
riposto
nel
progetto
matrimoniale
ed
ha
nutrito
durante
il
matrimonio
(riconosciuta
proporzionalmente
alla
durata
del
matrimonio);
nel
riconoscimento
dei
contributi
apportati
dal
coniuge
meno
abbiente,
anche
con
lavoro
casalingo,
al
manage
familiare;
nella
giusta
tutela
di
quello
dei
coniugi
,
in
genere
la
moglie,
che
a
causa
della
divisione
dei
compiti
relativi
alla
necessità
di
soddisfare
le
esigenze
familiari,
ha
subito
una
compromissione
delle
proprie
capacità
reddituali
.
(Si
pensi
al
caso
della
moglie
che,
essendo
impegnata
a
soddisfare
le
necessità
dei
figli,
accudendoli,
portandoli
al
parco
quando
sono
piccoli
etc.
e
se
casalinga
anche
quelle
del
marito
-lavare
i
panni,
preparare
da
mangiare,
pulire
la
casa-
si
è
trovata
per
questo nell’impossibilità o nella difficoltà di dedicarsi appieno ad una carriera lavorativa).
SE NON AVEVO UN ASSEGNO DI MANTENIMENTO DURANTE LA SEPARAZIONE POSSO AVERE UN
ASSEGNO DIVORZILE DOPO IL DIVORZIO?
Si.
La
legge
sul
divorzio
contiene
una
disciplina
indipendente
da
quella
della
separazione
e
differente.
Il
diritto
a
ricevere
un
assegno
divorzile
va
valutato
sulla
base
della
legge
sul
divorzio,
al
momento
del
divorzio
e
in
base
delle
condizioni
esistenti
al
momento
del
divorzio,
a
nulla
rilevando
le
condizioni
pregresse
sussistenti
durante
la
separazione
e
il
provvedimento
emesso
in
base
alla
legge
sulla
separazione.
Così
ad
es.
se
durante
la
separazione
l’assegno
non
era
previsto
perché
non
era
stato
chiesto
è
evidente
che
nel
divorzio,
sussistendone
i
requisiti,
si
può
invece
avere.
Se
durante
la
separazione
non
si
aveva
un
assegno
di
mantenimento
perché,
pur
avendolo
chiesto
al
giudice,
era
stato
da
questi
negato,
si
può
avere
invece
nel
divorzio
un
assegno
divorzile
se
le
condizioni
reddituali
dei
coniugi
sono
cambiate
o
perché
le
stesse
sono
diversamente
valutate
dal
giudice
del
divorzio
(che
non
è
vincolato
dalla
decisione
del
giudice
della
separazione)
o
perché
sono
state
meglio
prospettate
dall’avvocato
incaricato
di
introdurre la procedura di divorzio.
QUANDO POSSO AVERE UN ASSEGNO DIVORZILE PERIODICO?
Come
detto
nell’
apposito
capitolo
,
il
coniuge
più
debole
economicamente,
per
ottenere
nella
separazione
un
assegno
di
mantenimento
deve
soddisfare
una
sola
condizione:
non
avere
redditi
propri
in
misura
adeguata
allo
scopo
di
conservare
autonomamente
il
tenore
di
vita
goduto
in
costanza
di
matrimonio.
La
legge
sul
divorzio
detta
invece
5
criteri
(art.lo
5
coma
4
L.898/70)
in
più
da
soddisfare
per
poter
ricevere
un
assegno divorzile periodico
della stessa entità dell’
assegno di mantenimento
.
Il
giudice
del
divorzio
per
stabilire
la
sussistenza
o
meno
del
diritto
di
un
coniuge
a
ricevere
un
assegno divorzile periodico deve fare due accertamenti:
1
) determinare preliminarmente l’
“an” debeatur
dell’assegno
cioè “se” l’assegno è dovuto
e
se questo primo esame viene superato
dal coniuge che chiede un assegno divorzile,
2
) determinare il
“quantum debeatur”
cioè l’entità dell’assegno
.
1) DETERMINAZIONE DELL’ “AN” DEBEATUR
La
legge
sul
divorzio
(art.
5
comma
4
L
898/70)
stabilisce
che
l’assegno
è
dovuto
se
:
“
il
coniuge
più
debole
economicamente
non
abbia
mezzi
adeguati
o
comunque
non
possa
procurarseli
per
ragioni
oggettive”.
Esaminiamo le due frasi:
________________________________
A) l’assegno è dovuto se“il coniuge più debole economicamente non abbia mezzi adeguati”,
Questa
frase,
contenuta
nella
legge,
non
spiega
a
cosa
i
“mezzi”
posseduti
dal
coniuge
economicamente
più
debole
devono
essere
adeguati
perché
sia
escluso
il
diritto
a
ricevere
l’assegno
o
perché sussista se invece detti mezzi non sono adeguati.
La
giurisprudenza
dominante
interpreta
queste
parole
stabilendo
che
i
mezzi
devono
essere
adeguati
alla
possibilità
di
conservare
il
tenore
di
vita
goduto
in
costanza
di
matrimonio.
Onde
se
il
coniuge
economicamente
più
debole
non
ha
mezzi
adeguati
allo
scopo
di
mantenere
autonomamente
il
tenore
di
vita
goduto
in
costanza
di
matrimonio
ha
diritto
ad
un
assegno
che
per
l’appunto
gli
consenta
di
conservarlo.
Questo
criterio
è
identico
a
quello
previsto
per
il
riconoscimento
del
diritto
all’
assegno
di
mantenimento
nella separazione.
__________________________________
(La
frase
contenuta
nell’
l’
art.lo
5
coma
4
L.898/70
della
legge
sul
divorzio
pone
una
prima
condizione
al
riconoscimento
di
un
assegno
divorzile:
“se
il
coniuge
più
debole
economicamente
non
abbia
mezzi
adeguati”,
simile
a
quella
contenuta
nell’
art.
n.
156
del
Codice
Civile
“qualora
egli
non
abbia
adeguati
redditi
propri”
che
pone
una
condizione
al
riconoscimento
di
un
assegno
di
mantenimento
nella
separazione.
Nella
legge
sul
divorzio
c’è
la
parola
“mezzi”
e in quella sulla separazione la parola
“redditi”
.
Sembrerebbe
che
nella
separazione
il
giudice
per
determinare
l’
“an”
dell’assegno
deve
solo
verificare
se
il
coniuge
più
debole
economicamente
non
abbia
redditi
propri
di
tal
misura
da
consentirgli
di
mantenere
autonomamente
il
tenore
di
vita
goduto
durante
la
convivenza
matrimoniale,
mentre
nel
divorzio
il
giudice
dovrebbe
aver
riguardo
ai
mezzi
cioè,
oltre
ai
redditi,
anche
alla
c.d.
ricchezza
potenziale
.
In
realtà,
nella
pratica,
la
ricchezza
potenziatale
viene
sempre
presa
in
considerazione
dai
tribunali
di
merito
anche
per
il
verificare
il
sussistere
della
condizione
alla
quale
è
subordinato
il
riconoscimento dell’assegno di mantenimento nella separazione).
___________________________________
Un
recente
pronunciamento
della
Suprema
Corte
(Cass.
Civ.,
sez.
I,
10/05/2017
n°
11504)
che
ha
avuto
anche
la
ribalta
della
cronaca
televisiva
e
che
appartiene
ancora
ad
una
giurisprudenza
minoritaria
,
ha
affermato,
contrariamente
alla
giurisprudenza
dominante,
che
per
adeguatezza
dei
“mezzi”
,
della
parte
più
debole
economicamente,
(il
cui
possesso
esclude
il
diritto
all’assegno
divorzile),
si
deve
intendere
l’idoneità
degli
stessi
a
consentirgli
una
semplice
“indipendenza
economica”,
non
la
conservazione
del
tenore di vita goduto in costanza di matrimonio.
Se
i
“mezzi”
del
coniuge
più
debole
assicurano
a
questo
la
semplice
“indipendenza
economica”,
secondo
la
sentenza
citata,
il
giudice
gli
deve
negare
l’assegno
divorzile,
anche
se
lo
stesso
coniuge
non
è
in grado di conservare autonomamente il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio.
Detta
recente
sentenza
è
stata
molto
criticata
ed
alcuni
tribunali
l’hanno
de
facto
totalmente
disattesa.
Il
motivo
di
questa
divergenza
nell’interpretazione
della
legge
,
come
detto,
è
nel
fatto
che
l’
art.lo
5
coma
4
L.898/70
stabilisce
che
è
dovuto
un
assegno
a
carico
dell’ex
coniuge
più
abbiente
e
a
favore
dell’altro
se
quest’ultimo
“non
abbia
mezzi
adeguati”.
Siccome
la
legge
non
specifica
adeguati
a
cosa,
ogni
giudice
è
libero di interpretarla in modo differente. Leggi
Qui
il perché e la natura di questo fenomeno.
__________________________________
È
da
rilevare
che
la
divergenza
giurisprudenziale
sull’interpretazione
delle
parole
“mezzi
adeguati”
è
presente
solo
nel
divorzio
.
La
giurisprudenza
della
S.C.,
con
riferimento
alla
separazione
è
invece
costante:
l’adeguatezza
dei
redditi
del
coniuge
più
debole
-mancando
la
quale
è
dovuto
l’assegno-
è
sempre da riferire alla capacità di questi di conservare autonomamente il tenore di vita goduto durante la convivenza matrimoniale.
_________________________________
B) “o comunque non possa procurarseli per ragioni oggettive”
Il
secondo
criterio
da
soddisfare
per
superare
l’esame
sull’
“an”
da
parte
di
chi
chiede
un
assegno
divorzile
è
stabilito
dalla
frase
“o
comunque
non
possa
procurarseli
per
ragioni
oggettive”
che
compare
nella
legge sul divorzio
(art.lo 5 coma 4 L.898/70)
, subito dopo quella sopra esaminata.
Tale
frase
è
assente
invece
nella
disciplina
delle
condizioni
(art.lo
156
c.c.)
che
consentono
di
ottenere
un
assegno
di
mantenimento
nella
separazione
e
rappresenta
quindi
un
requisito
ulteriore
da
soddisfare
per
poter
avere
un
assegno
divorzile
rispetto
al
solo
requisito
-la
mancanza
di
adeguati
redditi
propri-
richiesto per ottenere un
assegno di mantenimento
nella separazione.
Questa
differenza
con
la
disciplina
della
separazione
fa
sì
che
se
il
separato
che
riceve
un
assegno
di
mantenimento
non
ha
adeguati
redditi
propri
ma
può
procurarseli
per
ragioni
oggettive
(pensiamo
al
caso
che
abbia
una
buona
scolarizzazione
e
sia
giovane),
con
il
divorzio
potrebbe
non
vedersi
riconosciuto
un
assegno
divorzile
e
perderebbe
quello
di
mantenimento
perché,
come
detto
all’inizio
del
presente
capitolo,
con
il
divorzio,
tutti
i
diritti
che
trovano
fonte
nel
provvedimento
che
disciplina
la
separazione
si
estinguono,
incluso
evidentemente
il
diritto
di
credito
rappresentato
dall’assegno
di
mantenimento
goduto durante la separazione che pertanto non può essere più preteso dopo il divorzio.
In
una
recente
sentenza
(n.
11870/2015)
la
Suprema
Corte
ha
stabilito
che
“è
onere
di
chi
chiede
un
assegno
divorzile
offrire
elementi
probatori
inerenti
all’impossibilità
oggettiva
<…>
di
procurar
si
(dunque
autonomamente)
mezzi
adeguati
per
conseguire
un
tenore
di
vita
analogo
a
quello
mantenuto
in
costanza
di
matrimonio”
.
Quindi
chi
non
è
in
grado
di
provare
l’impossibilità
di
procurarsi
da
solo
adeguati
redditi
propri
(perché
ad
es.
ha
una
buona
scolarizzazione,
gode
di
ottima
salute,
è
giovane
e
pertanto
può
trovare
un
lavoro
idoneo
a
consentirgli
di
eguagliare
i
redditi
dell’altro
coniuge
e
così
di
conservare
autonomamente
il
tenore
di
vita
goduto
in
costanza
di
matrimonio),
secondo
questo
recente
orientamento
della
S.C.
non
ha diritto ad un assegno divorzile.
In
genere
una
bassa
scolarizzazione
e
un
avanzata
età
sono
condizioni
che
consentono
sempre
di
superare
l’esame
dell’
“an
”,
essendo
da
se
sole
probanti
della
quasi
impossibilità
di
procurarsi
adeguati
redditi propri.
I criteri sopra elencati determinano l’
“an”
dell’assegno cioè se l’assegno divorzile è dovuto o meno.
____________________________
La
recentissima
giurisprudenza
(11/16/2017
Corte
di
appello
di
Milano),
che
ha
visto
negare
del
tutto
l’assegno
divorzile
alla
moglie
di
Berlusconi
o
la
precedente
della
Corte
di
Cassazione
(sez.
I,
10/05/2017
n°
11504)
che
ha
visto
negare
del
tutto
l’assegno
alla
moglie
dell’ex
ministro
Grilli,
sono
sentenze
che
hanno
interpretato
innovativamente
l’an
debeatur
dell’assegno,
cioè
la
sussistenza
dei
primi
requisiti
previsti
dalla
legge
per
ottenere
un
assegno
divorzile
esposti
nel
presente
capitolo
.
Se
l’esame
dell’“an
debeatur”
viene
superato,
nulla
è
cambiato
sulla
determinazione
della
misura
dell’assegno:
il
c.d.
“quantum
debeatur”
esposta nel prossimo capitolo, sul quale dette sentenze non hanno stabilito alcuna innovazione interpretativa.
____________________________
A QUANTO AMMONTA L’ASSEGNO DIVORZILE?
2) DETERMINAZIONE DEL “QUANTUM DEBEATUR”
Come
spiegato
nel
precedente
capitolo,
nel
divorzio,
il
giudice
deve
prima
verificare
l’
”an”
cioè
“se”
l’assegno è dovuto
sulla base delle regole sopra esposte.
Se
l’assegno
è
dovuto
deve
poi
quantificarlo,
determinare
cioè
il
c.d.
“quantum”
debeatur
:
l’entità
dell’assegno.
Per
determinare
il
quantum
dell’assegno
divorzile
si
esegue
preliminarmente
un
calcolo
astratto
sulla
misura
delle
risorse
che
occorrono
per
conservare
il
tenore
di
vita
goduto
in
costanza
di
matrimonio,
con
i
limiti
che
derivano
dal
fatto
del
divorzio.
I
limiti
dovuti
al
fatto
del
divorzio
sono
quelli
che
derivano
dal lievitare fisiologico delle
spese
rispetto alla condizione che la coppia ha conosciuto nel matrimonio.
Come
già
spiegato
nel
capitolo
sull’assegno
di
mantenimento
,
sia
la
separazione
che
il
divorzio
non
aumentano
i
redditi
ma
aumentano
le
spese:
durante
il
matrimonio
è
sufficiente
un
appartamento
per
entrambi
i
coniugi
poi
ne
servono
due,
prima
basta
una
linea
telefonica
poi
2,
un
allaccio
alla
rete
elettrica
poi
2
etc.,
onde
la
redistribuzione
delle
risorse
fatta
con
l’assegno
divorzile
(così
come
con
l’assegno
di
mantenimento
dopo
la
separazione)
non
potrà
mantenere
esattamente
il
tenore
di
vita
della
coppia
goduto
in
costanza
di
matrimonio,
che
sarà
invece
“limitato
dal
fatto
del
divorzio”
nel
senso
appena detto.
Tale
calcolo,
che
nella
separazione
(art.lo
156
c.c.)
è
l’unico
che
il
giudice
esegue
per
determinare
l’entità
dell’assegno
di
mantenimento
da
corrispondere
al
coniuge
meno
abbiente
(a
cui
non
sia
stata
addebitata
la
separazione),
nel
divorzio
viene
usato,
come
detto,
per
realizzare
un
calcolo
preliminare
da
porre
a
fondamento
della
determinazione
finale
dell’assegno
che
viene
realizzata
attraverso
l’applicazione
di
altri
5
criteri.
(I
criteri
indicati
dalla
legge
sono
5
ma
il
n.
4
è
identico
a
quello
previsto
nella
separazione
per
determinare
l’assegno
di
mantenimento
pertanto
non
è
da
considerarsi
ulteriore.
I
criteri
effettivi
ulteriori
da
soddisfare
per
determinare
il
quantum
dell’assegno
di
divorzio
rispetto
a
quello della separazione sono dunque 4).
Nella
legge
sul
divorzio
infatti
l’
art.lo
5
coma
4
L.898/70
,
stabilisce
che
il
giudice,
per
quantificare
l’assegno, deve avere anche riguardo:
1)
alle
condizioni
dei
coniugi,
(cioè
all’età,
alle
necessità
di
ciascuno,
si
pensi
al
caso
del
coniuge
meno abbiente bisognoso di cure mediche).
2)
alle
ragioni
della
decisione
,
(cioè
al
motivo
per
cui
uno
dei
coniugi
ha
chiesto
il
divorzio:
si
pensi
al
caso
in
cui
le
domande
di
separazione
e
di
divorzio
siano
state
proposte
dal
coniuge
che
ha
intrattenuto
una
relazione
extraconiugale
durante
il
matrimonio,
allo
scopo
di
proseguirla.
Il
giudice
valuta
queste
circostanze nella determinazione della misura dell’assegno).
3)
al contributo personale ed economico dato da ciascuno:
a) alla conduzione familiare ed
b) alla formazione del patrimonio di ciascuno o
c) di quello comune,
(si
pensi
al
caso
a)
della
casalinga
che
si
è
adoperata
occupandosi
integralmente
delle
attività
domestiche
e
della
prole
per
permettere
al
marito
(che
invece
se
ne
è
disinteressato)
di
fare
carriera;
al
caso
b)
che
il
coniuge
più
abbiente
abbia
fatto
durante
il
matrimonio
delle
donazioni
importanti
all’altro,
oppure
al
caso
c)
in
cui
il
denaro
che
ha
finanziato
gli
acquisti
di
una
coppia
in
comunione
dei
beni
provenga
sostanzialmente
da
uno
solo
dei
coniugi,
o
al
differente
caso
esposto
nelle
informazioni
basiche
sul
divorzio
(4
a
colonna
pagina
“info
basilari”)
.
Queste
circostanze
reagiscono
sulla
determinazione
della
misura dell’assegno.
4)
al
reddito
di
entrambi
,
che
include
anche
la
c.d.
ricchezza
potenziale
.
(
Questo
criterio
è
sostanzialmente
identico
a
quello
che
disciplina
la
determinazione
della
misura
dell’assegno
di
mantenimento
nella
separazione
e
non
è
da
considerarsi come criterio ulteriore nel divorzio
).
5)
alla
durata
del
matrimonio
(questo
criterio
è
presente
solo
nel
divorzio
poiché
durante
la
separazione
il
matrimonio
si
conserva
e
può
proseguire
sine
die
con
la
riconciliazione
.
La
ratio
della
previsione
di
questo
criterio
è
nel
fatto
che
in
un
matrimonio
breve,
la
profusione
di
risorse
della
coppia
nel
progetto
matrimoniale
è
stata
limitata
e
la
ridotta
durata
non
ha
permesso
di
consolidare
importanti
aspettative. Pertanto l’assegno, se dovuto, sarà proporzionalmente ridotto).
Questi
5
criteri
possono
conservare,
ridurre
o
anche
annullare
la
misura
dell’assegno
divorzile
come
preliminarmente computata
.
I
criteri
sopra
elencati,
complessivamente
considerati,
determinano
il
“quantum”
dell’assegno
divorzile cioè l’entità dello stesso.
_______________________________
Come
sull’interpretazione
della
legge
sull’”AN”
dell’assegno
divorzile
esiste
una
giurisprudenza
minoritaria
che
abbiamo
esaminato
nel
paragrafo
precedente,
anche
sulle
regole
per
la
definizione
del
“QUANTUM”
dell’assegno
divorzile
esistono
delle
divergenze interpretative.
In
particolare
vi
è
un
orientamento
giurisprudenziale
minoritario
secondo
il
quale
il
calcolo
preliminare
della
misura
dell’assegno
divorzile
(vedi
sopra)
deve
individuare
un
assegno
idoneo
a
consentire
un
“tenore
di
vita
dignitoso”
ma
non
necessariamente uguale a quello goduto in costanza di matrimonio, (sempre con i limiti che derivano dal fatto del divorzio).
Secondo
l’
orientamento
dominante
della
giurisprudenza
,
invece,
il
calcolo
preliminare
va
compiuto
individuando
la
misura
di
un
assegno
idoneo
ad
assicurare
all’ex
coniuge
meno
abbiente
la
conservazione
del
tenore
di
vita
goduto
in
costanza
di
matrimonio.
In
via
generale
dunque,
sulla
base
dell’attuale
della
Suprema
Corte,
l’assegno
divorzile,
se
dovuto
,
se
cioè
super
l’esame
sull’AN
descritto
nel
paragrafo
precedente,
dovrebbe
essere
preliminarmente
quantificato
-esattamente
come
quello
di
mantenimento nella separazione- con lo scopo di conservare il tenore di vita matrimoniale sia pur con i limiti detti.
_________________________________
SE AVEVAMO AMPIE RISORSE PER PERMETTERCI UN TENORE DI VITA AGIATO MA DURANTE IL
MATRIMONIO SPENDEVAMO POCHISSIMO, QUESTO INCIDE SULLA QUANTIFICAZIONE
DELL’ASSEGNO DIVORZILE?
No.
Come
appena
detto,
l’assegno
divorzile
è
quantificato
dal
giudice
con
lo
scopo
di
conservare
il
tenore
di
vita
goduto
in
costanza
di
matrimonio.
Se
tale
tenore
era
effettivamente
basso,
(perché
il
coniuge
più
abbiente
era
tirchio
o
egoista
o
erano
entrambi
parsimoniosi)
nonostante
la
disponibilità
delle
risorse,
questa
circostanza
non
incide
sulla
determinazione
dell’assegno.
La
Suprema
Corte
ha
stabilito
che
“
il
tenore
di
vita,
da
considerare
come
termine
di
riferimento,
è
<…>
quello
che
avrebbero
potuto
mantenere
(i
coniugi)
in
base
alle
loro
potenzialità
economiche”
(Cass.,
26.11.1996,
n.
10465).
Non
quello
che hanno effettivamente scelto di avere o quello che il coniuge più abbiente ha imposto all’altro.
Il
giudice,
per
determinare
l’entità
dell’assegno,
ricostruisce
il
tenore
di
vita
potenziale,
cioè
quello
che la coppia avrebbe potuto avere e non quello effettivo.
La
giurisprudenza
usa
definire,
per
distinguerli,
“tenore
di
vita”
il
tenore
di
vita
potenziale,
che
è
quello
che
reagisce
sulla
determinazione
della
misura
dell’assegno
e
“stile
di
vita”
il
manage
economico
effettivo,
che,
se
è
basso
(per
scelta
o
forzatamente
per
volontà
dell’altro
coniuge),
non
comporta
comunque una diversa determinazione dell’entità dell’assegno.
Ovviamente,
per
converso,
se
la
coppia
viveva
al
di
sopra
della
proprie
possibilità
contraendo
debiti,
non per questo, in caso di divorzio, il coniuge meno abbiente ha diritto ad un assegno maggiore.
SE L’OBBLIGATO NON PAGA L’ASSEGNO PERIODICO COSA SUCCEDE?
L’articolo
8,
legge
898
del
1970
prevede
dei
rimedi
nel
caso
che
l’obbligato
non
paghi
l’assegno
divorzile
periodico.
1)
il
giudice
può'
imporre
all’obbligato
di
prestare
idonea
garanzia
reale
o
personale
se
esiste
il
pericolo
che
egli
possa
sottrarsi
all'adempimento
degli
obblighi
di
cui
agli
articoli
5
e
6
(pagamento
dell’assegno
divorzile e di mantenimento per la prole).
2)
la
sentenza
di
divorzio
è
immediatamente
esecutiva
e
costituisce
titolo
per
iscrivere
una
ipoteca
giudiziale
(art.lo 2818 codice civile);
3)
in
caso
di
inadempimento
per
un
periodo
di
almeno
trenta
giorni,
il
coniuge
beneficiario,
dopo
la
costituzione
in
mora
dell’obbligato,
può'
notificare
il
provvedimento
in
cui
e'
stabilita
la
misura
dell'assegno
ai
terzi
tenuti
a
corrispondere
periodicamente
somme
di
denaro
al
coniuge
obbligato
(datore
di
lavoro,
ente
erogatore
della
pensione,
locatari
di
immobili
di
proprietà
dell’obbligato,
ecc.)
facendo
sorgere
con
questa
procedura
l’obbligo
in
capo
a
tali
soggetti
di
versargli
direttamente
le
somme
dovute,
ed
il
residuo
ovviamente
all’obbligato.
(Lo
Stato
e
gli
altri
enti
indicati
nell'articolo
1
del
testo
unico
delle
leggi
concernenti
il
sequestro,
il
pignoramento
e
la
cessione
degli
stipendi,
salari
e
pensioni
dei
dipendenti
delle
pubbliche
amministrazioni,
approvato
con
decreto
del
Presidente
della
Repubblica
5
gennaio
1950,
n.
180,
nonché
gli
altri
enti
datori
di
lavoro
cui
sia
stato
notificato
il
provvedimento
in
cui
e'
stabilita
la
misura
dell'assegno
e
l'invito
a
pagare
direttamente
al
coniuge
cui
spetta
la
corresponsione
periodica,
non
possono
versare
a
quest'ultimo
oltre
la
meta' delle somme dovute al coniuge obbligato, comprensive anche degli assegni e degli emolumenti accessori);
4)
l’obbligato
che
si
sottrae
al
pagamento
può
inoltre
essere
perseguito
penalmente
ai
sensi
dell’articolo 570 del codice penale per violazione degli obblighi di assistenza familiare.
5)
l’obbligato
che
si
sottrae
al
pagamento
può
inoltre
essere
perseguito
penalmente
ai
sensi
dell’articolo 388 del codice penale per mancata ottemperanza ad un sentenza del giudice civile .
6)
su
richiesta
dell'avente
diritto,
il
giudice
può'
disporre
il
sequestro
dei
beni
del
coniuge
obbligato
a
somministrare l'assegno
SE DOPO IL DIVORZIO IL MIO EX CONIUGE FA CARRIERA E GUADAGNA DI PIÙ O AUMENTANO LE MIE
ESIGENZE NON PER MIA COLPA AD. ES. PER CURARE GLI ACCIACCHI DELL’ETÀ, POSSO OTTENERE UN
AUMENTO DELL’ASSEGNO?
Si.
L’assegno
divorzile
periodico
può
essere
sempre
modificato
art.lo
9
comma
1
L.
898/70
(quindi
aumentato
o
diminuito)
su
domanda
dell’obbligato
o
del
beneficiario
e
in
assenza
di
un
accordo
anche
d’imperio
dal
giudice,
in
qualunque
tempo
e
un
numero
illimitato
di
volte,
purché
si
siano
verificate
delle
modificazioni
dei
rapporti
patrimoniali
successive
all’ultimo
provvedimento
che
li
regola,
in
modo
da
adeguare la misura dell’assegno alle mutate condizioni degli ex coniugi.
Se
le
modificazioni
delle
condizioni
patrimoniali
di
un
coniuge
sono
peggiorate,
questo
peggioramento
non
deve
derivare
dal
fatto
proprio.
(Cioè
non
è
consentito
ad.
es.
licenziarsi
volontariamente
allo
scopo
di
non
pagare
l’assegno
divorzile.
In
questo
caso
il
giudice
respingerebbe
la
domanda
di
riduzione
od
eliminazione
dell’assegno,
mentre
se
si
viene
licenziati
o
si
subisce
una
riduzione
dello
stipendio
non
per
propria
colpa,
si
può
chiedere
la
riduzione
dell’assegno
da
pagare
all’altro
ex
coniuge
o
la
sua
totale
eliminazione
in
dipendenza
delle
condizioni
della
coppia
a
seguito
delle modificazioni).
In
assenza
di
modificazioni
dei
rapporti
patrimoniali
successive
al
divorzio,
non
è
possibile
chiedere
una
modifica,
cioè
un
aumento
o
una
diminuzione
dell’assegno
divorzile
periodico
una
volta
che
la
sentenza che lo dispone
passa in giudicato
.
Se
si
è
optato
per
l’
assegno
divorzile
pagato
in
un
unica
soluzione
,
non
è
possibile
domandare
una
modificazione
di
questo
successivamente
né
chiedere
un
assegno
periodico
nè
la
modificazione
di
quest’ultimo
perché
l’assegno
periodico
pagato
in
un
unica
soluzione
non
consente
a
chi
lo
ricever
di
avanzare ulteriori rivendicazioni patrimoniali.
QUANDO SI PERDE L’ASSEGNO DIVORZILE PERIODICO ?
L’assegno divorzile (periodico)
non
deve essere più pagato:
1
.
se
l’ex
coniuge
si
risposa,
(il
fatto
delle
nuove
nozze
del
coniuge
meno
abbiente
solleva
l’altro
dall’obbligo
(art.lo
5
penultimo comma L. 898/70)
di continuare a pagare l’assegno divorzile)
2
.
se
il
coniuge
beneficiario
consegue
adeguati
redditi
propri
o
sorgono
le
condizioni
per
cui
possa
procurarseli per ragioni oggettive
(es. riceve una proposta di lavoro adeguatamente retribuita, anche se la rifiuta).
3
.
se l’obbligato perde, non per sua colpa, i propri redditi. (
Cioè se viene licenziato senza propria colpa, mentre
si conserva l’obbligo di corresponsione dell’assegno se l’obbligato si licenzia volontariamente).
4
.
se
l’ex
coniuge
beneficiario
della
prestazione
dell’assegno
comincia
una
stabile
convivenza
more
uxorio
con altra persona abbiente.
5
.
se
con
procedura
di
modifica
delle
condizioni
di
divorzio
la
coppia
si
accorda
per
il
pagamento
dell’
assegno
divorzile
in
un
unica
soluzione
(la
possibilità
di
ottenere
una
sentenza
che
recepisca
l’accordo
sul
pagamento
dell’assegno
divorzile
in
un
unica
soluzione
non
nella
procedura
di
divorzio
ma
in
quella
successiva
di
modifica
delle
condizioni
di
divorzio
stabilite
da
una
precedente
sentenza
è
stata
riconosciuta
da
alcuni
tribunali:
es.
-Trib.
Firenze,
sez. - sep. 25.01.1998-).
6
.
dopo
la
morte
del
coniuge
beneficiario,
non
essendo
ereditabile
dai
suoi
congiunti
il
diritto
a
ricevere
l’assegno divorzile.
7
.
con
la
morte
dell’obbligato
(Se
muore
l’obbligato
al
pagamento
dell’assegno,
può
essere
dovuto
un
assegno
non
divorzile
ma
“alimentare”
a
carico
dell’eredità
detto
assegno
successorio
.
Esso
è
di
bassa
entità
e
serve
a
consentire
la
sola
sussistenza
in
vita
del
coniuge
caduto
in
stato
di
indigenza.
Le
principali
condizioni
che
consentono
di
riceverlo
sono
le
seguenti:
1)
il
beneficiario
della
prestazione
dell’assegno
alla
morte
dell’obbligato
doveva
avere
un
assegno
divorzile
periodico, 2) non deve essersi risposato e 3) versi in stato di bisogno. Per le altre condizioni leggi l’
art.9-bis l. 898/70)
.
8
.
Se
l’obbligato
chiede
ed
ottiene
una
sentenza
che
statuisce
l’invalidità
del
matrimonio
secondo
il
diritto
italiano
,
ricorrendone
i
presupposti:
per
impedimenti
(cioè
il
matrimonio
è
stato
celebrato
in
mancanza
dei
requisiti
richiesti
dalla
Legge
per
la
sua
celebrazione
(artt.li
84-89
c.c.);
consenso
estorto
con
violenza
(art.
122
c.c.);
errore
sulla
persona
o
sulla
qualità
della
persona
(art.
122
c.c.);
matrimonio
simulato
(art.
123
c.c.).
In
questo
caso
se
la
sentenza
accerta
l’invalidità
del
matrimonio,
il
matrimonio
si
considera
“tamquam
non
esset”
cioè
come
mai
celebrato.
Non
essendoci
mai
stato
un
matrimonio
valido
non
ci
sono
nemmeno
i
presupposti
per
la
conservazione
dell’obbligo
di
pagare
un
assegno
divorzile
in
quanto
tale
obbligo
può
sorgere
solo
a
seguito
di
un
matrimonio
valido.
La
disciplina
della
separazione
e
quella
del
divorzio
poggiano
infatti
entrambe
sul
presupposto
che
ci
sia
o
ci
sia
stato
un
matrimonio.
Una
volta
dichiarato
invalido
il
matrimonio,
l’obbligato
viene
per
l’effetto
immediatamente
sollevato
da
qualunque
obbligo
di
pagare
un
assegno
divorzile.
E’
salvo,
ovviamente,
anche
in
questo
caso,
l’obbligo
di
pagare
assegni
per
concorrere
al
mantenimento
dei
figli.
Tale
obbligo
infatti non trova fonte nel fatto del matrimonio ma nel fatto della genitorialità.
Art.li 337 bis e seguenti
.
9
.
Se
l’obbligato
chiede
ed
ottiene
una
sentenza
che
statuisce
l’invalidità
del
matrimonio
secondo
il
diritto
canonico
presso
il
Tribunale
della
Sacra
Rota
e
tale
sentenza
viene
delibata
in
Italia
(cioè
recepita
da
una
sentenza
emessa
all’esito
di
uno
specifico
procedimento
da
un
Tribunale
italiano).
(In
questo
caso
se
la
sentenza
dichiara
la
nullità
ab
origine
del
matrimonio,
il
matrimonio
si
considera
come
mai
celebrato.
Essendo
un
matrimonio
valido
il
presupposto
necessario
per
il
pagamento
dell’assegno
divorzile,
una
volta
dichiarato
invalido
il
matrimonio,
(da
una
sentenza
di
un
tribunale
ecclesiastico
che
viene
delibata
da
un
tribunale
italiano)
colui
che
è
tenuto
a
pagare
un
assegno,
viene
per
l’effetto
immediatamente
sollevato
da
tale
obbligo.
E’
salvo,
ovviamente,
anche
in
questo
caso
l’obbligo
di
pagare
assegni
per
concorrere
al
mantenimento
dei
figli.
Tale
obbligo
infatti
non
trova
fonte
nel
fatto del matrimonio ma nel fatto della genitorialità.
Art.li 337 bis e seguenti
.
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