INDICE DEL CAPITOLO COS’È   IL   DIVORZIO             -            DIFFERENZA   TRA   IL   DIVORZIO   E   LA   SEPARAZIONE          -         QUANDO   POSSO   DIVORZIARE             -         LIMITE   DI EFFICACIA   DELLA   SENTENZA   DI   DIVORZIO       -      L’ASSEGNO   DIVORZILE       -      IL   PAGAMENTO   DELL’ASSEGNO   DIVORZILE   IN      UN     UNICA      SOLUZIONE         -         L’ASSEGNO   DI   MANTENIMENTO   DEI   FIGLI   NEL   DIVORZIO          -         L’AFFIDAMENTO   DELLA   PROLE   NEL DIVORZIO        -      L’ASSEGNAZIONE   DELLA   CASA   CONIUGALE   NEL   DIVORZIO     -      IL   DIRITTO AD   UNA   QUOTA   DEL   TRATTAMENTO   DI FINE    RAPPORTO    PERCEPITO    DALL’ALTRO    CONIUGE    -    IL        DIRITTO   ALLA        PENSIONE        DI        REVERSIBILITÀ        -            I         DIRITTI      SUCCESSORI    NEL    DIVORZIO             -        LA    MODIFICA    DELL’ASSEGNO    E    DELL’AFFIDAMENTO    DEI    FIGLI    DOPO    LA    SENTENZA DEFINITIVA DI DIVORZIO      -    TASSE E AGEVOLAZIONI FISCALI NEL DIVORZIO __________________________________________ SE DIVORZIO CONTINUERÒ A RICEVERE L’ASSEGNO DI MANTENIMENTO CHE RICEVO DA SEPARATA? Lo    status    di    “coniuge    separato”     cessa    quando    la    coppia    divorzia    e    sorge    quello    di    “ex    coniuge divorziato” .   Pertanto   tutti   i   diritti   che   trovavano   fonte   nel   provvedimento   che   disciplinava   la   separazione, con   il   divorzio   si   estinguono   e   sorgono   invece   i   diritti   che   trovano   fonte   nel   diverso   provvedimento   che dispone e regola il divorzio. L’ assegno    di    mantenimento     per    il    coniuge    meno    abbiente    disposto    dal    provvedimento    della separazione   (e   previsto   dalla   legge   solo   con   riferimento   alla   separazione),   pertanto,   non   è   più   dovuto dopo il divorzio. Dopo il divorzio può essere invece dovuto il differente assegno divorzile . Siccome   però   i   presupposti   per   il   riconoscimento   dell’ “assegno   di   mantenimento”    nella   separazione (art.lo   156   c.c.)    e   quelli   per   il   riconoscimento   dell’ “assegno   divorzile”    nel   divorzio   (art.lo   5   coma   4 L.898/70)    sono   differenti   e   quelli   del   divorzio   più   stringenti,   il   coniuge   che   godeva   di   un   assegno   di mantenimento   durante   la   separazione,   con   il   divorzio,   non   è   certo   di   sostituire   detto   assegno   con   uno divorzile di pari entità, né di ricevere un assegno divorzile. In   particolare,   nel   divorzio,   rispetto   alla   separazione,   è   previsto   un   criterio   in   più   da   soddisfare   per poter   ricevere   l’assegno   e   4   criteri   in   più   per   ottenerne   uno   della   stessa   misura   di   quello   di   mantenimento goduto nella separazione. Naturalmente   quanto   sopra   vale   se   i   coniugi   non   si   accordano   sulla   disciplina   dei   propri   rapporti successivi   al   divorzio   e   pertanto   uno   dei   due   inizia   una   procedura   di   divorzio      contenzioso ,   ove   l’assegno viene   determinato   dal   giudice,   al   posto   dei   coniugi   che   non   si   sono   accordati,   in   base   ai   criteri   stabiliti dalla legge. Se   invece   i   coniugi   si   accordano   ed   eseguono   una   procedura   di   divorzio   di   tipo   consensuale    sono   i coniugi   stessi   a   prevedere   la   disciplina   dei   propri   rapporti   successivi   al   divorzio,   pertanto   il   coniuge   che era   beneficiario   di   un   assegno   di   mantenimento   durante   la   separazione   riceverà   evidentemente,   dopo   il divorzio, l’ assegno divorzile  convenuto.  _________________________________ (nel   divorzio,   c’è   1   criterio   in   più   da   soddisfare   per   poter   ricevere   l’assegno   divorzile   rispetto   all’unico   criterio   (la   mancanza   di   adeguati redditi   propri)   che   definisce   il   diritto   di   ricevere   l’assegno   di   mantenimento   nella   separazione   e   4   criteri   in   più   per   determinarne   la   misura, rispetto   all’unico   criterio   (l’idoneità   a   consentire   la   conservazione   del   tenore   di   vita   goduto   in   costanza   di   matrimonio)   che   disciplina   la misura dell’assegno nella separazione). _________________________________ COS’È L’ASSEGNO DIVORZILE L’assegno   divorzile   è   una   corresponsione   periodica    in   denaro   (detta      “assegno   divorzile   periodico” )o una   sola    corresponsione   di   beni   (detta   “assegno   divorzile   in   un’unica   soluzione” )   che   l’ex   coniuge   più abbiente   può   essere   tenuto -in   forza   di   una   sentenza   o   altro   provvedimento   equivalente   -   a   corrispondere all’altro dopo il divorzio. Il   motivo   è   nel   conservarsi   di   quel   vincolo   di   solidarietà    che   è   sorto   con   il   matrimonio   e   che   il legislatore   considera   affievolito   ma   non   estinto   con   il   divorzio   (c.d.   funzione   assistenziale   dell’assegno divorzile   periodico);   nella   tutela   delle   aspettative   di   benessere   economico    che   il   coniuge   divorziato   ha riposto   nel   progetto   matrimoniale   ed   ha   nutrito   durante   il   matrimonio   (riconosciuta   proporzionalmente alla   durata   del   matrimonio);   nel   riconoscimento   dei   contributi    apportati   dal   coniuge   meno   abbiente, anche   con   lavoro   casalingo,   al   manage   familiare;   nella   giusta   tutela   di   quello   dei   coniugi ,   in   genere   la moglie,   che   a   causa   della   divisione   dei   compiti   relativi   alla   necessità   di   soddisfare   le   esigenze   familiari,   ha subito   una   compromissione   delle   proprie   capacità   reddituali .   (Si   pensi   al   caso   della   moglie   che,   essendo impegnata   a   soddisfare   le   necessità   dei   figli,   accudendoli,   portandoli   al   parco   quando   sono   piccoli   etc.   e   se casalinga   anche   quelle   del   marito   -lavare   i   panni,   preparare   da   mangiare,   pulire   la   casa-   si   è   trovata   per questo nell’impossibilità o nella difficoltà di dedicarsi appieno ad una carriera lavorativa).   SE NON AVEVO UN ASSEGNO DI MANTENIMENTO DURANTE LA SEPARAZIONE POSSO AVERE UN ASSEGNO DIVORZILE DOPO IL DIVORZIO? Si.    La    legge    sul    divorzio    contiene    una    disciplina    indipendente    da    quella    della    separazione    e differente.   Il   diritto   a   ricevere   un   assegno   divorzile   va   valutato   sulla   base   della   legge   sul   divorzio,   al momento   del   divorzio   e   in   base   delle   condizioni   esistenti   al   momento   del   divorzio,   a   nulla   rilevando   le condizioni   pregresse   sussistenti   durante   la   separazione   e   il   provvedimento   emesso   in   base   alla   legge   sulla separazione.   Così   ad   es.   se   durante   la   separazione   l’assegno   non   era   previsto   perché   non   era   stato   chiesto è   evidente   che   nel   divorzio,   sussistendone   i   requisiti,   si   può   invece   avere.   Se   durante   la   separazione   non   si aveva   un   assegno   di   mantenimento   perché,   pur   avendolo   chiesto   al   giudice,   era   stato   da   questi   negato,   si può   avere   invece   nel   divorzio   un   assegno   divorzile   se   le   condizioni   reddituali   dei   coniugi   sono   cambiate   o perché   le   stesse   sono   diversamente   valutate   dal   giudice   del   divorzio   (che   non   è   vincolato   dalla   decisione del    giudice    della    separazione)    o    perché    sono    state    meglio    prospettate    dall’avvocato    incaricato    di introdurre la procedura di divorzio.   QUANDO POSSO AVERE UN ASSEGNO DIVORZILE PERIODICO?   Come    detto    nell’ apposito    capitolo ,    il    coniuge    più    debole    economicamente,    per    ottenere    nella separazione   un   assegno   di   mantenimento    deve   soddisfare   una   sola   condizione:   non   avere   redditi   propri   in misura    adeguata    allo    scopo    di    conservare    autonomamente    il    tenore    di    vita    goduto    in    costanza    di matrimonio. La   legge   sul   divorzio   detta   invece   5   criteri   (art.lo   5   coma   4   L.898/70)    in   più    da   soddisfare   per   poter   ricevere un assegno divorzile periodico  della stessa entità dell’ assegno di mantenimento . Il   giudice   del   divorzio   per   stabilire   la   sussistenza   o   meno   del   diritto   di   un   coniuge   a   ricevere   un assegno divorzile periodico deve fare due accertamenti: 1 ) determinare preliminarmente  l’ “an” debeatur  dell’assegno cioè “se” l’assegno è dovuto e se questo primo esame viene superato  dal coniuge che chiede un assegno divorzile, 2 ) determinare il “quantum debeatur”  cioè l’entità dell’assegno . 1) DETERMINAZIONE DELL’ “AN” DEBEATUR   La   legge   sul   divorzio   (art.   5   comma   4   L   898/70)    stabilisce   che   l’assegno   è   dovuto   se :   il   coniuge   più debole   economicamente   non   abbia   mezzi    adeguati    o   comunque   non   possa   procurarseli   per   ragioni   oggettive”. Esaminiamo le due frasi: ________________________________ A) l’assegno è dovuto se“il coniuge più debole economicamente non abbia mezzi adeguati”, Questa     frase,     contenuta     nella     legge,     non     spiega     a     cosa     i     “mezzi”     posseduti     dal     coniuge economicamente   più   debole   devono   essere   adeguati   perché   sia   escluso   il   diritto   a   ricevere   l’assegno   o perché sussista se invece detti mezzi non sono adeguati. La   giurisprudenza   dominante    interpreta   queste   parole   stabilendo   che   i   mezzi   devono   essere   adeguati alla   possibilità   di   conservare   il   tenore   di   vita   goduto   in   costanza   di   matrimonio.   Onde   se   il   coniuge economicamente   più   debole   non   ha   mezzi   adeguati   allo   scopo   di   mantenere   autonomamente    il   tenore   di vita    goduto    in    costanza    di    matrimonio    ha    diritto    ad    un    assegno    che    per    l’appunto    gli    consenta    di conservarlo.   Questo   criterio   è   identico   a   quello   previsto   per   il   riconoscimento   del   diritto   all’ assegno   di mantenimento  nella separazione. __________________________________ (La    frase    contenuta    nell’ l’ art.lo    5    coma    4    L.898/70     della    legge    sul    divorzio    pone    una    prima    condizione    al    riconoscimento    di    un    assegno divorzile: “se   il   coniuge   più   debole   economicamente   non   abbia   mezzi    adeguati”,   simile   a   quella   contenuta   nell’ art.   n.   156   del   Codice   Civile    “qualora   egli   non abbia   adeguati   redditi    propri”   che   pone   una   condizione   al   riconoscimento   di   un    assegno   di   mantenimento    nella   separazione.   Nella   legge   sul   divorzio   c’è   la parola “mezzi”  e in quella sulla separazione la parola “redditi” . Sembrerebbe   che   nella   separazione   il   giudice   per   determinare   l’ “an”    dell’assegno   deve   solo   verificare   se   il   coniuge   più   debole   economicamente non   abbia   redditi    propri   di   tal   misura   da   consentirgli   di   mantenere   autonomamente   il   tenore   di   vita   goduto   durante   la   convivenza   matrimoniale,   mentre nel   divorzio   il   giudice   dovrebbe   aver   riguardo   ai    mezzi    cioè,   oltre   ai   redditi,   anche   alla   c.d.    ricchezza   potenziale .   In   realtà,   nella   pratica,   la   ricchezza potenziatale   viene   sempre   presa   in   considerazione   dai   tribunali   di   merito   anche   per   il   verificare   il   sussistere   della   condizione   alla   quale   è   subordinato   il riconoscimento dell’assegno di mantenimento nella separazione). ___________________________________ Un   recente   pronunciamento   della   Suprema   Corte   (Cass.   Civ.,   sez.   I,   10/05/2017   n°   11504)    che   ha   avuto anche   la   ribalta   della   cronaca   televisiva   e   che   appartiene   ancora   ad   una   giurisprudenza   minoritaria ,   ha affermato,   contrariamente   alla   giurisprudenza   dominante,   che   per   adeguatezza   dei   “mezzi” ,   della   parte più   debole   economicamente,   (il   cui   possesso   esclude   il   diritto   all’assegno   divorzile),   si   deve   intendere l’idoneità   degli   stessi   a   consentirgli   una   semplice   “indipendenza   economica”,   non   la   conservazione   del tenore di vita goduto in costanza di matrimonio. Se   i   “mezzi”   del   coniuge   più   debole   assicurano   a   questo   la   semplice   “indipendenza   economica”, secondo   la   sentenza   citata,   il   giudice   gli   deve   negare   l’assegno   divorzile,   anche   se   lo   stesso   coniuge   non    è in grado di conservare autonomamente il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio. Detta    recente    sentenza    è    stata    molto    criticata     ed    alcuni    tribunali    l’hanno    de    facto    totalmente disattesa. Il   motivo   di   questa   divergenza   nell’interpretazione   della   legge ,   come   detto,   è   nel   fatto   che   l’ art.lo   5 coma   4   L.898/70    stabilisce   che   è   dovuto   un   assegno   a   carico   dell’ex   coniuge   più   abbiente   e   a   favore   dell’altro se   quest’ultimo   “non   abbia   mezzi   adeguati”.    Siccome   la   legge   non   specifica   adeguati   a   cosa,   ogni   giudice   è libero di interpretarla in modo differente. Leggi Qui  il perché e la natura di questo fenomeno. __________________________________ È   da   rilevare   che   la   divergenza   giurisprudenziale   sull’interpretazione   delle   parole “mezzi   adeguati”   è   presente   solo   nel   divorzio .   La   giurisprudenza della   S.C.,   con   riferimento   alla   separazione    è   invece   costante:   l’adeguatezza   dei   redditi   del   coniuge   più   debole   -mancando   la   quale   è   dovuto   l’assegno-   è sempre da riferire alla capacità di questi di conservare autonomamente il tenore di vita goduto durante la convivenza matrimoniale. _________________________________ B) “o comunque non possa procurarseli per ragioni oggettive” Il   secondo   criterio   da   soddisfare   per   superare   l’esame   sull’ “an”    da   parte   di   chi   chiede   un   assegno divorzile    è   stabilito   dalla   frase   “o   comunque   non   possa   procurarseli   per   ragioni   oggettive”   che   compare   nella legge sul divorzio (art.lo 5 coma 4 L.898/70) , subito dopo quella sopra esaminata. Tale   frase   è   assente   invece   nella   disciplina   delle   condizioni   (art.lo   156   c.c.)    che   consentono   di   ottenere un   assegno   di   mantenimento    nella   separazione   e   rappresenta   quindi   un   requisito   ulteriore   da   soddisfare per   poter   avere   un   assegno   divorzile    rispetto   al   solo   requisito   -la   mancanza   di   adeguati   redditi   propri- richiesto per ottenere un assegno di mantenimento  nella separazione. Questa   differenza   con   la   disciplina   della   separazione   fa   sì   che   se    il   separato   che   riceve   un   assegno   di mantenimento    non    ha   adeguati   redditi   propri   ma   può   procurarseli   per   ragioni   oggettive    (pensiamo   al   caso che   abbia   una   buona   scolarizzazione   e   sia   giovane),   con   il   divorzio   potrebbe   non    vedersi   riconosciuto   un assegno   divorzile    e   perderebbe   quello   di   mantenimento   perché,   come   detto   all’inizio   del   presente   capitolo, con    il    divorzio,    tutti    i    diritti    che    trovano    fonte    nel    provvedimento    che    disciplina    la    separazione    si estinguono,    incluso    evidentemente    il    diritto    di    credito    rappresentato    dall’assegno    di    mantenimento goduto durante la separazione che pertanto non può essere più preteso dopo il divorzio.  In   una   recente   sentenza      (n.   11870/2015)   la   Suprema   Corte   ha   stabilito   che   “è   onere   di   chi   chiede   un assegno   divorzile   offrire   elementi   probatori   inerenti   all’impossibilità   oggettiva   <…>   di   procurar si    (dunque autonomamente)   mezzi   adeguati   per   conseguire   un   tenore   di   vita   analogo   a   quello   mantenuto   in   costanza   di matrimonio” . Quindi   chi   non    è   in   grado   di   provare   l’impossibilità   di   procurarsi   da   solo   adeguati   redditi   propri (perché   ad   es.   ha   una   buona   scolarizzazione,   gode   di   ottima   salute,   è   giovane   e   pertanto   può   trovare   un lavoro   idoneo   a   consentirgli   di   eguagliare   i   redditi   dell’altro   coniuge   e   così   di   conservare   autonomamente il   tenore   di   vita   goduto   in   costanza   di   matrimonio),   secondo   questo   recente   orientamento   della   S.C.      non ha diritto ad un assegno divorzile. In   genere   una   bassa   scolarizzazione   e   un   avanzata   età   sono   condizioni   che   consentono   sempre   di superare   l’esame   dell’ “an ”,    essendo   da   se   sole   probanti   della   quasi   impossibilità   di   procurarsi   adeguati redditi propri. I criteri sopra elencati determinano l’ “an” dell’assegno cioè se l’assegno divorzile è dovuto o meno. ____________________________ La   recentissima   giurisprudenza   (11/16/2017   Corte   di   appello   di   Milano),   che   ha   visto   negare   del   tutto   l’assegno   divorzile   alla moglie   di   Berlusconi   o   la   precedente   della   Corte   di   Cassazione   (sez.   I,   10/05/2017   n°   11504)    che   ha   visto   negare   del   tutto   l’assegno alla   moglie   dell’ex   ministro   Grilli,   sono   sentenze   che   hanno   interpretato   innovativamente   l’an   debeatur   dell’assegno,   cioè   la sussistenza   dei   primi    requisiti   previsti   dalla   legge   per   ottenere   un   assegno   divorzile   esposti   nel   presente   capitolo .   Se   l’esame dell’“an   debeatur”   viene   superato,   nulla   è   cambiato   sulla   determinazione   della   misura   dell’assegno:   il   c.d.   “quantum   debeatur” esposta nel  prossimo capitolo, sul quale dette sentenze non hanno stabilito alcuna innovazione interpretativa.      ____________________________ A QUANTO AMMONTA L’ASSEGNO DIVORZILE? 2) DETERMINAZIONE DEL “QUANTUM  DEBEATUR” Come   spiegato   nel   precedente   capitolo,   nel   divorzio,   il   giudice   deve   prima   verificare   l’ ”an”    cioè   “se” l’assegno è dovuto  sulla base delle regole sopra esposte. Se   l’assegno   è   dovuto   deve   poi   quantificarlo,   determinare   cioè   il   c.d.   “quantum”   debeatur :   l’entità dell’assegno. Per   determinare   il   quantum   dell’assegno   divorzile   si   esegue   preliminarmente   un   calcolo   astratto sulla   misura   delle   risorse   che   occorrono   per   conservare   il   tenore   di   vita   goduto   in   costanza   di   matrimonio, con   i   limiti   che   derivano   dal   fatto   del   divorzio.   I   limiti   dovuti   al   fatto   del   divorzio   sono   quelli   che   derivano dal lievitare fisiologico delle spese  rispetto alla condizione che la coppia ha conosciuto nel matrimonio. Come   già   spiegato   nel   capitolo   sull’assegno   di   mantenimento ,   sia   la   separazione   che   il   divorzio   non aumentano   i   redditi   ma   aumentano   le   spese:   durante   il   matrimonio   è   sufficiente   un   appartamento   per entrambi   i   coniugi   poi   ne   servono   due,   prima   basta   una   linea   telefonica   poi   2,   un   allaccio   alla   rete elettrica   poi   2   etc.,   onde   la   redistribuzione   delle   risorse   fatta   con   l’assegno   divorzile   (così   come   con l’assegno   di   mantenimento   dopo   la   separazione)   non   potrà   mantenere   esattamente   il   tenore   di   vita   della coppia   goduto   in   costanza   di   matrimonio,   che   sarà   invece   “limitato   dal   fatto   del   divorzio”   nel   senso appena detto.  Tale   calcolo,   che   nella   separazione   (art.lo   156   c.c.)    è   l’unico   che   il   giudice   esegue   per   determinare l’entità   dell’assegno   di   mantenimento   da   corrispondere   al   coniuge   meno   abbiente   (a   cui   non    sia   stata addebitata    la   separazione),   nel   divorzio   viene   usato,   come   detto,   per   realizzare   un   calcolo   preliminare   da porre     a     fondamento     della     determinazione     finale     dell’assegno     che     viene     realizzata     attraverso l’applicazione   di   altri   5   criteri.   (I   criteri   indicati   dalla   legge   sono   5   ma   il   n.   4   è   identico   a   quello   previsto nella   separazione   per   determinare   l’assegno   di   mantenimento   pertanto   non   è   da   considerarsi   ulteriore.   I criteri   effettivi   ulteriori    da   soddisfare   per   determinare   il   quantum    dell’assegno   di   divorzio   rispetto   a quello della separazione sono dunque 4). Nella    legge    sul    divorzio    infatti    l’ art.lo    5    coma    4    L.898/70 ,    stabilisce    che    il    giudice,    per    quantificare l’assegno, deve avere anche riguardo:  1)      alle   condizioni   dei   coniugi,    (cioè   all’età,   alle   necessità   di   ciascuno,   si   pensi   al   caso   del   coniuge meno abbiente bisognoso di cure mediche). 2)      alle   ragioni   della   decisione ,   (cioè   al   motivo   per   cui   uno   dei   coniugi   ha   chiesto   il   divorzio:   si   pensi   al caso   in   cui   le   domande   di   separazione   e   di   divorzio   siano   state   proposte   dal   coniuge   che   ha   intrattenuto una   relazione   extraconiugale   durante   il   matrimonio,   allo   scopo   di   proseguirla.   Il   giudice   valuta   queste circostanze nella determinazione della misura dell’assegno). 3) al contributo personale ed economico dato da ciascuno: a) alla conduzione familiare ed b) alla formazione del patrimonio di ciascuno o c) di quello comune,   (si    pensi    al    caso    a)    della    casalinga    che    si    è    adoperata    occupandosi    integralmente    delle    attività domestiche   e   della   prole   per   permettere   al   marito   (che   invece   se   ne   è   disinteressato)   di   fare   carriera;   al caso   b)   che   il   coniuge   più   abbiente   abbia   fatto   durante   il   matrimonio   delle   donazioni   importanti   all’altro, oppure   al   caso   c)   in   cui   il   denaro   che   ha   finanziato   gli   acquisti   di   una   coppia   in   comunione   dei   beni provenga   sostanzialmente   da   uno   solo   dei   coniugi,   o   al   differente   caso   esposto   nelle   informazioni   basiche sul   divorzio   (4 a    colonna    pagina   “info   basilari”) .   Queste   circostanze   reagiscono   sulla   determinazione   della misura dell’assegno. 4)      al   reddito   di   entrambi ,   che   include   anche   la   c.d.   ricchezza   potenziale .   ( Questo   criterio   è   sostanzialmente identico   a   quello   che   disciplina   la   determinazione   della   misura   dell’assegno   di   mantenimento   nella   separazione    e   non   è   da considerarsi come criterio ulteriore nel divorzio ).   5)    alla    durata    del    matrimonio     (questo    criterio    è    presente    solo    nel    divorzio    poiché    durante    la separazione   il   matrimonio   si   conserva    e   può   proseguire   sine   die   con   la   riconciliazione .   La   ratio   della previsione   di   questo   criterio   è   nel   fatto   che   in   un   matrimonio   breve,   la   profusione   di   risorse   della   coppia nel   progetto   matrimoniale   è   stata   limitata   e   la   ridotta   durata   non   ha   permesso   di   consolidare   importanti aspettative. Pertanto l’assegno, se dovuto, sarà proporzionalmente ridotto). Questi   5   criteri   possono   conservare,   ridurre   o   anche   annullare   la   misura   dell’assegno   divorzile   come preliminarmente computata . I    criteri    sopra    elencati,    complessivamente    considerati,    determinano    il    “quantum”     dell’assegno divorzile cioè l’entità dello stesso. _______________________________ Come   sull’interpretazione   della   legge   sull’”AN”   dell’assegno   divorzile   esiste   una   giurisprudenza   minoritaria   che   abbiamo esaminato   nel   paragrafo   precedente,   anche   sulle   regole   per   la   definizione   del   “QUANTUM”   dell’assegno   divorzile   esistono   delle divergenze interpretative. In    particolare    vi    è    un    orientamento    giurisprudenziale    minoritario    secondo    il    quale    il    calcolo    preliminare    della    misura dell’assegno    divorzile    (vedi    sopra)    deve    individuare    un    assegno    idoneo    a    consentire    un    “tenore    di    vita    dignitoso”    ma    non necessariamente uguale a quello goduto in costanza di matrimonio, (sempre con i limiti che derivano dal fatto del divorzio). Secondo   l’ orientamento   dominante   della   giurisprudenza ,   invece,   il   calcolo   preliminare   va   compiuto   individuando   la   misura   di un    assegno    idoneo    ad    assicurare    all’ex    coniuge    meno    abbiente    la    conservazione    del    tenore    di    vita    goduto    in    costanza    di matrimonio. In   via   generale   dunque,   sulla   base   dell’attuale      della   Suprema   Corte,   l’assegno   divorzile,   se   dovuto ,   se   cioè   super   l’esame sull’AN    descritto    nel    paragrafo    precedente,    dovrebbe    essere    preliminarmente    quantificato    -esattamente    come    quello    di mantenimento nella separazione- con lo scopo di conservare il tenore di vita matrimoniale sia pur con i limiti detti. _________________________________   SE AVEVAMO AMPIE RISORSE PER PERMETTERCI UN TENORE DI VITA AGIATO MA DURANTE IL MATRIMONIO SPENDEVAMO POCHISSIMO, QUESTO INCIDE SULLA QUANTIFICAZIONE DELL’ASSEGNO DIVORZILE? No.   Come   appena   detto,   l’assegno   divorzile   è   quantificato   dal   giudice   con   lo   scopo   di   conservare   il tenore   di   vita   goduto   in   costanza   di   matrimonio.   Se   tale   tenore   era   effettivamente   basso,   (perché   il coniuge   più   abbiente   era   tirchio   o   egoista   o   erano   entrambi   parsimoniosi)   nonostante   la   disponibilità delle   risorse,   questa   circostanza   non    incide   sulla   determinazione   dell’assegno.   La   Suprema   Corte   ha stabilito   che il   tenore   di   vita,   da   considerare   come   termine   di   riferimento,   è   <…>   quello   che   avrebbero   potuto mantenere   (i   coniugi)    in   base   alle   loro   potenzialità   economiche”    (Cass.,   26.11.1996,   n.   10465).   Non   quello che hanno effettivamente scelto di avere o quello che il coniuge più abbiente ha imposto all’altro. Il   giudice,   per   determinare   l’entità   dell’assegno,   ricostruisce   il   tenore   di   vita   potenziale,   cioè   quello che la coppia avrebbe potuto avere e non quello effettivo. La   giurisprudenza   usa   definire,   per   distinguerli,   “tenore   di   vita”   il   tenore   di   vita   potenziale,   che   è quello   che   reagisce   sulla   determinazione   della   misura   dell’assegno   e   “stile   di   vita”    il   manage   economico effettivo,    che,    se    è    basso    (per    scelta    o    forzatamente    per    volontà    dell’altro    coniuge),    non     comporta comunque una diversa determinazione dell’entità dell’assegno.  Ovviamente,   per   converso,   se   la   coppia   viveva   al   di   sopra   della   proprie   possibilità   contraendo   debiti, non per questo, in caso di divorzio, il coniuge meno abbiente ha diritto ad un assegno maggiore. SE L’OBBLIGATO NON PAGA L’ASSEGNO PERIODICO COSA SUCCEDE? L’articolo   8,   legge   898   del   1970    prevede   dei   rimedi   nel   caso   che   l’obbligato   non   paghi   l’assegno   divorzile periodico. 1) il   giudice   può'   imporre   all’obbligato   di   prestare   idonea   garanzia   reale   o   personale    se   esiste   il   pericolo che   egli   possa   sottrarsi   all'adempimento   degli   obblighi   di   cui   agli   articoli   5   e   6   (pagamento   dell’assegno divorzile e di mantenimento per la prole). 2) la   sentenza   di   divorzio   è   immediatamente   esecutiva   e   costituisce   titolo   per   iscrivere   una   ipoteca giudiziale  (art.lo 2818 codice civile); 3) in   caso   di   inadempimento   per   un   periodo   di   almeno   trenta   giorni,   il   coniuge   beneficiario,   dopo   la costituzione    in    mora    dell’obbligato,    può'    notificare    il    provvedimento     in    cui    e'    stabilita    la    misura dell'assegno   ai   terzi   tenuti   a   corrispondere   periodicamente   somme   di   denaro   al   coniuge   obbligato    (datore di   lavoro,   ente   erogatore   della   pensione,   locatari   di   immobili   di   proprietà   dell’obbligato,   ecc.)   facendo sorgere   con   questa   procedura   l’obbligo   in   capo   a   tali   soggetti   di   versargli   direttamente   le   somme   dovute, ed   il   residuo   ovviamente   all’obbligato.    (Lo   Stato   e   gli   altri   enti   indicati   nell'articolo   1   del   testo   unico   delle   leggi   concernenti   il sequestro,   il   pignoramento   e   la   cessione   degli   stipendi,   salari   e   pensioni   dei   dipendenti   delle   pubbliche   amministrazioni,   approvato   con   decreto   del Presidente   della   Repubblica   5   gennaio   1950,   n.   180,   nonché   gli   altri   enti   datori   di   lavoro   cui   sia   stato   notificato   il   provvedimento   in   cui   e'   stabilita   la misura   dell'assegno   e   l'invito   a   pagare   direttamente   al   coniuge   cui   spetta   la   corresponsione   periodica,   non   possono   versare   a   quest'ultimo   oltre   la meta' delle somme dovute al coniuge obbligato, comprensive anche degli assegni e degli emolumenti accessori); 4) l’obbligato    che    si    sottrae    al    pagamento    può    inoltre    essere    perseguito    penalmente     ai    sensi dell’articolo 570 del codice penale per violazione degli obblighi di assistenza familiare. 5) l’obbligato    che    si    sottrae    al    pagamento    può    inoltre    essere    perseguito    penalmente     ai    sensi dell’articolo 388 del codice penale per mancata ottemperanza ad un sentenza del giudice civile . 6) su   richiesta   dell'avente   diritto,   il   giudice   può'   disporre   il   sequestro    dei   beni   del   coniuge   obbligato   a somministrare l'assegno SE DOPO IL DIVORZIO IL MIO EX CONIUGE FA CARRIERA E GUADAGNA DI PIÙ O AUMENTANO LE MIE ESIGENZE NON PER MIA COLPA AD. ES. PER CURARE GLI ACCIACCHI DELL’ETÀ, POSSO OTTENERE UN AUMENTO DELL’ASSEGNO? Si.    L’assegno    divorzile    periodico     può    essere    sempre    modificato    art.lo    9    comma    1    L.    898/70     (quindi aumentato   o   diminuito)   su   domanda   dell’obbligato   o   del   beneficiario   e   in   assenza   di   un   accordo   anche d’imperio   dal   giudice,   in   qualunque   tempo   e   un   numero   illimitato   di   volte,   purché    si   siano   verificate   delle modificazioni   dei   rapporti   patrimoniali   successive   all’ultimo   provvedimento   che   li   regola,   in   modo   da adeguare la misura dell’assegno alle mutate condizioni degli ex coniugi. Se     le     modificazioni     delle     condizioni     patrimoniali     di     un     coniuge     sono     peggiorate,     questo peggioramento    non     deve    derivare    dal    fatto    proprio.    (Cioè    non    è    consentito    ad.    es.    licenziarsi volontariamente   allo   scopo   di   non   pagare   l’assegno   divorzile.   In   questo   caso   il   giudice   respingerebbe   la domanda    di    riduzione    od    eliminazione    dell’assegno,    mentre    se    si    viene    licenziati    o    si    subisce    una riduzione   dello   stipendio   non   per   propria   colpa,   si   può   chiedere   la   riduzione   dell’assegno   da   pagare all’altro   ex   coniuge   o   la   sua   totale   eliminazione   in   dipendenza   delle   condizioni   della   coppia   a   seguito delle modificazioni). In   assenza   di   modificazioni   dei   rapporti   patrimoniali   successive   al   divorzio,   non   è   possibile   chiedere una   modifica,   cioè   un   aumento   o   una   diminuzione   dell’assegno   divorzile   periodico   una   volta   che   la sentenza che lo dispone passa in giudicato . Se   si   è   optato   per   l’ assegno   divorzile   pagato   in   un   unica   soluzione ,   non   è   possibile   domandare   una modificazione    di    questo    successivamente    né    chiedere    un    assegno    periodico    nè    la    modificazione    di quest’ultimo   perché   l’assegno   periodico   pagato   in   un   unica   soluzione   non   consente   a   chi   lo   ricever   di avanzare ulteriori rivendicazioni patrimoniali.    QUANDO SI PERDE L’ASSEGNO DIVORZILE PERIODICO ? L’assegno divorzile (periodico) non  deve essere più pagato: 1 . se   l’ex   coniuge   si   risposa,   (il   fatto   delle   nuove   nozze   del   coniuge   meno   abbiente   solleva   l’altro   dall’obbligo   (art.lo   5 penultimo comma L. 898/70)    di continuare a pagare l’assegno divorzile) 2 . se   il   coniuge   beneficiario   consegue   adeguati   redditi   propri   o   sorgono   le   condizioni   per   cui   possa procurarseli per ragioni oggettive (es. riceve una proposta di lavoro adeguatamente retribuita, anche se la rifiuta). 3 . se l’obbligato perde, non per sua colpa, i propri redditi. ( Cioè se viene licenziato senza propria colpa, mentre si conserva l’obbligo di corresponsione dell’assegno se l’obbligato si licenzia volontariamente). 4 . se   l’ex   coniuge   beneficiario   della   prestazione   dell’assegno   comincia   una   stabile   convivenza   more uxorio  con altra persona abbiente. 5 . se   con   procedura   di   modifica   delle   condizioni   di   divorzio   la   coppia   si   accorda   per   il   pagamento dell’ assegno   divorzile   in   un   unica   soluzione    (la   possibilità   di   ottenere   una   sentenza   che   recepisca   l’accordo   sul pagamento   dell’assegno   divorzile   in   un   unica   soluzione   non   nella   procedura   di   divorzio   ma   in   quella   successiva   di   modifica delle   condizioni   di   divorzio   stabilite   da   una   precedente   sentenza   è   stata   riconosciuta   da   alcuni   tribunali:   es.   -Trib.   Firenze, sez. - sep. 25.01.1998-). 6 . dopo   la   morte   del   coniuge   beneficiario,   non   essendo   ereditabile   dai   suoi   congiunti   il   diritto   a   ricevere l’assegno divorzile. 7 . con   la   morte   dell’obbligato   (Se   muore   l’obbligato   al   pagamento   dell’assegno,   può   essere   dovuto   un   assegno   non divorzile   ma   “alimentare”    a   carico   dell’eredità   detto   assegno   successorio .   Esso   è   di   bassa   entità   e   serve   a   consentire   la   sola sussistenza   in   vita   del   coniuge   caduto   in   stato   di   indigenza.   Le   principali   condizioni   che   consentono   di   riceverlo   sono   le seguenti:    1)    il    beneficiario    della    prestazione    dell’assegno    alla    morte    dell’obbligato    doveva    avere    un    assegno    divorzile periodico, 2) non deve essersi risposato e 3) versi in stato di bisogno. Per le altre condizioni leggi l’ art.9-bis l. 898/70) . 8 . Se   l’obbligato   chiede   ed   ottiene   una   sentenza   che   statuisce   l’invalidità   del   matrimonio   secondo   il diritto   italiano ,   ricorrendone   i   presupposti:   per   impedimenti   (cioè   il   matrimonio   è   stato   celebrato   in   mancanza   dei requisiti   richiesti   dalla   Legge   per   la   sua   celebrazione   (artt.li   84-89   c.c.);   consenso   estorto   con   violenza   (art.   122   c.c.);   errore sulla   persona   o   sulla   qualità   della   persona   (art.   122   c.c.);   matrimonio   simulato   (art.   123   c.c.).   In   questo   caso   se   la   sentenza accerta   l’invalidità   del   matrimonio,   il   matrimonio   si   considera   “tamquam   non   esset”    cioè   come   mai   celebrato.   Non   essendoci mai   stato   un   matrimonio   valido   non   ci   sono   nemmeno   i   presupposti   per   la   conservazione   dell’obbligo   di   pagare   un   assegno divorzile   in   quanto   tale   obbligo   può   sorgere   solo   a   seguito   di   un   matrimonio   valido.   La   disciplina   della   separazione   e   quella del   divorzio   poggiano   infatti   entrambe   sul   presupposto   che   ci   sia   o   ci   sia   stato   un   matrimonio.   Una   volta   dichiarato   invalido   il matrimonio,   l’obbligato   viene   per   l’effetto   immediatamente   sollevato   da   qualunque   obbligo   di   pagare   un   assegno   divorzile.   E’ salvo,   ovviamente,   anche   in   questo   caso,   l’obbligo   di   pagare   assegni   per   concorrere   al   mantenimento   dei   figli.   Tale   obbligo infatti non trova fonte nel fatto del matrimonio ma nel fatto della genitorialità. Art.li 337 bis e seguenti . 9 . Se   l’obbligato   chiede   ed   ottiene   una   sentenza   che   statuisce   l’invalidità   del   matrimonio   secondo   il diritto   canonico    presso   il   Tribunale   della   Sacra   Rota   e   tale   sentenza   viene   delibata   in   Italia   (cioè recepita   da   una   sentenza   emessa   all’esito   di   uno   specifico   procedimento   da   un   Tribunale   italiano).    (In questo   caso   se   la   sentenza   dichiara   la   nullità   ab   origine   del   matrimonio,   il   matrimonio   si   considera   come   mai   celebrato. Essendo    un    matrimonio    valido    il    presupposto    necessario    per    il    pagamento    dell’assegno    divorzile,    una    volta    dichiarato invalido   il   matrimonio,   (da   una   sentenza   di   un   tribunale   ecclesiastico   che   viene   delibata   da   un   tribunale   italiano)   colui   che   è tenuto   a   pagare   un   assegno,   viene   per   l’effetto   immediatamente   sollevato   da   tale   obbligo.   E’   salvo,   ovviamente,   anche   in questo   caso   l’obbligo   di   pagare   assegni   per   concorrere   al   mantenimento   dei   figli.   Tale   obbligo   infatti      non   trova   fonte   nel fatto del matrimonio ma nel fatto della genitorialità. Art.li 337 bis e seguenti .   
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